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I padroni della notte

Regia di James Gray vedi scheda film

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Paul Hackett

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La recensione su I padroni della notte

di Paul Hackett
6 stelle

Figlio e fratello di integerrimi e monolitici poliziotti, Bobby Green ha rinnegato la tradizione familiare per darsi alla bella vita in compagnia di una splendida fidanzata portoricana (con le fattezze di Eva Mendes... come si fa a biasimarlo?) e alla gestione di un locale che, non del tutto a sua insaputa, serve da paravento per gli affari illeciti della mafia russa. Quando questa colpirà proprio i suoi congiunti, Bobby sarà costretto a fare scelte radicali che gli cambieranno la vita. Friedkin, Siegel, addirittura Scorsese... per favore FilmTv, non scherziamo: "I padroni della notte" è un appena passabile noir di un regista esageratamente incensato, fin dai lontani tempi del celebratissimo e parecchio sopravvalutato "Little Odessa" (imperniato anch'esso sul tema della malavita russa in America), ma che, in buona sostanza e per quanti sforzi facciano i suoi estimatori per lodare il suo lavoro, non ha mai prodotto in vent'anni di carriera il capolavoro che molti si aspettavano o la pellicola della definitiva consacrazione. Peccato, perché il film di James Gray parte benissimo, con quelle foto di Leonard Freed che sfumano in una sensuale scena con una languida e discinta Eva Mendes (compare anche un seno ma, se non ho visto male, in un momento in cui il volto dell'attrice non è visibile: controfigura?) e la "Heart of glass" di Blondie in sottofondo. Purtroppo la magia si interrompe a pochi minuti dai titoli di testa e, per tutto il resto del tempo, "I padroni della notte" resta in ostaggio di una sceneggiatura (dello stesso regista) a dir poco ridicola, piena di buchi e con svolte narrative che giudicherebbe improbabili anche un bambino delle elementari. Ancora una volta è un peccato, perché Gray, ben coadiuvato dalla fotografia di Joaquin Baca-Asay, dimostra di avere un certo talento visivo  che poteva essere messo al servizio di uno script meno dilettantesco (bellissima la scena finale, quasi metafisica, del "duello" nella selva di canne che, non so perché, mi ha ricordato lo Zhang Ymou di "Hero" o della "Foresta dei Pugnali Volanti"). Anche gli attori non entusiasmano: Joaquin Phoenix (attore feticcio di Gray) è, per quanto mi riguarda, uno dei volti meno sopportabili del cinema americano, Mark Wahlberg (un altro che non brilla per simpatia) non ha molto spazio e dipinge un poliziotto tetragono e senza grandi sfumature, Eva Mendes è una delle donne più belle del mondo ma, disgraziatamente, anche un'attrice abbastanza mediocre, alla fine Robert Duvall è il solo impeccabile del cast. Nell'insieme una risicata sufficienza.

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