Regia di Alain Cavalier vedi scheda film
La chamade (in francese sta a significare "la resa", nel senso dell'arrendersi, del desistere) rappresenta nel contempo la consapevolezza di adattarsi quando si arriva secondi dopo un inarrivabile capolavoro, ma pure l'interesse sincero e piacevole nel rivedere riproposta una vicenda affine a quella che pochi anni prima rese celebre la sua protagonista. Costei e' Catherine Deneuve, bellezza algida e sofisticata, pure qui impegnata ad interpretare una stupenda giovane donna contesa tra passione e calcolo sociale che ti assicuri una vita di agiatezza e benessere.
L'originale inarrivabile e' senz'altro "Bella di giorno" di Bunuel, di soli due anni precedente, mentre La Chamade e' tratto da un romanzo omonimo di Francoise Sagan del '65 (dunque in un certo senso precedente rispetto al capolavoro bunueliano, ma adattato al cinema un po' fuori tempo).
La Deneuve, con la sua bellezza quasi artistica e delicata incarna alla perfezione (cosi' bene da convincere due grandi e raffinati artisti a sceglierla per ruoli molto affini) la giovane Lucille, che conquista l'agiatezza della vita alto-borghese, ma che si abbandona dopo un po' a fantasie che le richiedono, nel caso del film di Bunuel, di organizzarsi una doppia vita, mentre in questo film di Cavalier di effettuare una scelta: tenersi il ricco fidanzato Michel Piccoli, uomo d'affari che la rispetta, la vizia, le da' del lei (nella versione francese dunque del "voi") e che quasi per scherzo durante una festa la lancia tra le braccia del giovane impiegato Antoine; oppure proprio quest'ultimo, bello, giovane e sessualmente piu' in sintonia con la sua giovane eta' e il suo istinto primario, epidermico e naturalmente piu' gistificato e giustificabile. La donna dunque fugge col giovane, ma si ritrova a condividere con lui i problemi e la mediocrita' di una vita qualunque, senza gli agi, i bei vestiti, le brillanti frequentazioni dell'alta societa'. E sara' il ritrovarsi inaspettatamente incinta che fara' accendere la scintilla che spingera' tornare la donna sui suoi passi, visto che il ricco ex amante si dichiara prontamente d'accordo a riprendersela, come se il bel gioco piccante fosse finito. La ricchezza compra qualsiasi cosa, pure lo spirito, l'anima, i sentimenti.
Impeccabile nel racconto, nella definizione di personaggi che sono piu' che altro il simbolo di due diverse classi sociali che stenta(va)no ad amalgamarsi, fin quando almeno anche la borghesia piu' facoltosa non ha iniziato un inesorabile processo di disgregazione dopo l'euforia del dopoguerra anni '60, che e' arrivato ai nostri devastati giorni, in cui la soglia di povertà si e' elevata a ceti un tempo ritenuti privilegiati, con meno ricchi ma sempre piu' ricchi, e molti piu' poveri sempre piu' in difficoltà.
Un buon film, come di consueto per Cavalier, autore arguto, raffinato e dall'ottima scrittura, che come detto sopra ha la sola pecca di arrivare un po' in ritardo sul pezzo, specie se a trattarlo in modo cosi' esauriente e per primo e' stato un grande, forse inarrivabile come Bunuel.
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