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Miami Vice

Regia di Michael Mann vedi scheda film

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La recensione su Miami Vice

di FilmTv Rivista
8 stelle

Non inizia Miami Vice. Prosegue. Parte senza soluzione di continuità da un punto indefinito nel tempo, all’interno di una discoteca. Ed è subito un rincorrersi di sensazioni, con l’adrenalina che pompa tra i singulti di un montaggio preciso come il quattro quarti di una batteria rock. Non inizia Miami Vice perché al regista, Michael Mann, interessa il flusso dell’azione, lo scorrere delle cose, la velocità non telecomandata: quella della morte contro la quale ci si sfracella in tangenziale, oppure quella degli off-shore sul mare che sfida gli occhi. Ci sono i suoni duri come il cemento, iperreali come il grido sordo del percussore di un fucile d’assalto. Ci sono i lampi di visione nella notte, un digitale ad alta definizione che non si lascia sfuggire nulla, dal nero del cielo al grigio dell’anima. E ci sono, come sempre in Mann, i personaggi, uomini e donne. Due sbirri, Crockett e Tubbs, cool e piuttosto odiosi, infiltrati in un imponente giro di droga. Il boss di un male metafisico dal nome non casuale, Arcangél de Jésus Montoya, misteriosamente bello come solo i profeti (anche quelli dell’inferno) sanno essere. Una donna cinese fatale quanto basta, all’apparenza gelida fino al primo «Hola chico» sussurrato con un tremito all’amante-poliziotto, traditore per definizione. Lei è Gong Li, immortalata in una prova impressionante, da vera attrice. Altro che gli esercizi di mimesi fisiognomica di regine e reginette del (piccolo) grande schermo. Intorno a loro superiori disillusi, killer ariani senza scrupoli, narcos latini infidi come Jago, vittime e carnefici. Tutti - uomini e donne, buoni e cattivi - resistono come possono alla disumanità che li travolge. Una giungla di sembianze dove la violenza è un linguaggio comune, fragoroso, inevitabile; e la passione ancora trasfigura i connotati di chi ha un cuore che batte. Immenso Michael Mann. Tesse la tela di un racconto che scorre inarrestabile come sa fare solo lui, senza artifici, lasciandolo deflagrare con la solita potenza. Certo il suo non è cinema di adesso. Forse del futuro. Comunque oltre.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 41 del 2006

Autore: Mauro Gervasini

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