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Fast Food Nation

Regia di Richard Linklater vedi scheda film

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La recensione su Fast Food Nation

di maurizio73
6 stelle

Dirigente del marketing di una (immaginaria) catena di fast food viene incaricato di verificare qualità e rispetto delle norme igieniche nella filiera di lavorazione della carne da parte del loro principale fornitore. Il suo viaggio dalla California al Colorado, sede della società di produzione, lo aiuterà a scoperchiare una realtà che ,sotto le apparenze di legalità e rispetto delle regole, cela uno sconvolgente intreccio di contaminazioni alimentari e sfruttamento della manodopera messicana, ma anche le oscure trame di una politica aziendale con cui è meglio non fare i conti.
Dal best seller di Eric Schlosser e da quest'ultimo sceneggiato insieme all'autore, Richard Linklater si misura con un racconto corale che ha il sapore (sintetico?) della docu-fiction senza esserlo veramente, cercando di mettere molta carne al fuoco nella rappresentazione romanzata di una realtà sociale ed economica dove si intrecciano e intersecano le vicende di personaggi (dagli allevatori ai produttori, dai venditori agli esperti di marketing, dai mercanti di schiavi tex-mex alla manodopera 'low price') che ruotano attorno al fiorente mercato di una 'colazione dei campioni' che fa degli Stati Uniti la patria indiscussa di quello stile alimentare che dallo 'junk food' transita insensibilmente verso lo 'shit food'. A metà tra denuncia civile e dramma sociale, il regista americano evita gli abusati clichè da turgore oratorio del cinema indipendente per la messa in scena di una molteplicità di vicende che, tra ironia e tragedia, si apprezzano per la freschezza del linguaggio e l'efficacia del montaggio facendo viaggiare in parallelo le trasferte 'on the road' tanto di una manodopera poverissima e sfruttata (dai mercanti di carne umana prima e da quelli di carne bovina poi) quanto dei facoltosi manager di una industria dell'alimentazione di massa che dovrebbero garantire qualità del prodotto e rispetto dell'etica lavorativa.
Forse eccessivamente didascalico nell'intreccio di vicende esemplari che restituiscano il quadro di una diffusa illegalità e di tematiche precipue (il traffico umano,lo sfruttamento del lavoro, le frodi alimentari, le strategie di marketing, le politiche ambientali, i compromessi politici e chi più ne ha più ne metta) convince più sul versante narrativo, riuscendo a calare personaggi e situazioni sulla breccia di un convincente realismo psicologico e riportando la questione generale nel dominio indiscusso di una inesorabile strategia della mistificazione quale sconsolata e cinica presa d'atto di un sistema consumistico che risponde al famoso detto che 'se occhio non vede, cuore non duole' e passando allegramente dal 'Big one' al 'Barbecue Big One' che, sebbene contengano merda oltre i valori consentiti, almeno sono cotti a puntino.
Buoni protagonisti (Greg Kinnear e Avril Lavigne su tutti) il film inanella una serie di camei eccellenti da Patricia Arquette a Ethan Hawke, da Bruce Willis a Kris Kristofferson per un film forse sottovalutato e presentato in concorso al Festival di Cannes 2006 insieme al notevole 'A Scanner Darkly - Un oscuro scrutare', trasposizione fumettistica del capolavoro di P.K.Dick.


 

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