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Transamerica

Regia di Duncan Tucker vedi scheda film

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La recensione su Transamerica

di pazuzu
8 stelle

Sabrina Claire Osbourne, per gli amici Bree, è nata donna in un corpo d'uomo con il nome di Stanley Shupack. I nativi americani dicevano che quelle come lei sono persone dai due spiriti, alcuni psichiatri le considerano invece affette da un disturbo mentale molto grave e indagano sui precedenti in famiglia e/o su eventuali tendenze suicide. Lei, più semplicemente, si definisce una donna transessuale, sta modellando gradualmente il proprio corpo grazie a bisturi ed ormoni, e prova disgusto per il proprio pene, che non riesce neanche più a guardare: ha quindi fretta di sottoporsi ad un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale che glielo toglierà finalmente dalla vista. Ma all'ostracismo di chi dovrebbe darle il lasciapassare per essere sé stessa a tutti gli effetti si somma un altro grosso problema, del tutto inatteso: si chiama Toby, ha 17 anni e due begli occhi azzurri, e risale a quando Bree era ancora uno Stanley confuso; allevato dalla madre, poi morta suicida, e da un patrigno poco raccomandabile, ora è in gattabuia per una strana storia di droga rane e marchette, e cerca il padre, che non ha mai visto se non in una vecchia foto, perché gli paghi la cauzione e lo prenda con sé. Obbligata dalla propria analista a scortarlo da New York a Los Angeles per presentarsi a lui, chiudere i conti col proprio passato ed essere così veramente pronta al grande passo, Bree si troverà ad attraversare gli Stati Uniti con questo ragazzo solitario ribelle e, nonostante le apparenze, estremamente sensibile.
Transamerica è un road movie decisamente singolare che ha il merito di concentrare l'attenzione su un tema scottante quanto trascurato, e lo fa attraverso un'ironia sottile e mai volgare che schiva sistematicamente ogni richiamo a scontati e abusati doppi sensi, preferendo concentrarsi su dialoghi credibili ed equilibrati e sulla costruzione per gradi di un rapporto padre-figlio reso ancor più problematico dai segreti e le bugie dietro cui il primo si nasconde per evitare il rifiuto, e dal caratteraccio del secondo, ragazzo scontroso e ingovernabile, incapace di dare e ricevere affetto. Il regista Duncan Tucker riesce senza apparenti sforzi a raccontare con garbo e stile una storia in cui era alto il rischio di sforare nel patetico, e, soprattutto, a dare spessore e peso ad una tematica troppo spesso trattata con sufficienza, scegliendo di adottare fin da subito il punto di vista della protagonista, mettendo lo spettatore con le spalle al muro, ma senza ricatti. Lungi dall'esprimere giudizi di sorta, al regista preme accompagnare Bree nel suo percorso doloroso e crudele, ricordandoci ad ogni inquadratura che ogni scelta è legittima se fatta nel rispetto degli altri. Sorretto dalla notevole prova di Felicity Huffman, che dà vita ad un fragile e complesso essere umano in transizione, Transamerica diverte e fa pensare, accompagnando i due protagonisti con personaggi di contorno altrettanto interessanti: da Calvin, il pellerossa col cappello da cowboy attratto da Bree, alla madre Elisabeth, bigotta ottusa ed accentratrice, che non riesce e non vuole accettarne le scelte fuori dal comune.
Scevro da ogni retorica e ammiccamento, Transamerica è un inno alla tolleranza, un apologo sincero contro ogni gabbia mentale, un viaggio necessario in un mondo (interiore) alieno ai più, descritto con sincerità ed affetto volti ad annullare ogni distanza per mostrare da vicino che a popolarlo non sono mostri provenienti da altre galassie ma semplici individui con una loro personalissima sensibilità.

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