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Transamerica

Regia di Duncan Tucker vedi scheda film

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La recensione su Transamerica

di degoffro
6 stelle

Bree è un transessuale in attesa di diventare definitivamente donna: di lei infatti dice "il mio corpo è in corso d'opera". Una settimana prima dell'intervento chirurgico di "riassegnazione sessuale" una notizia inattesa sconvolge la sua esistenza. Bree, quando ancora era Stanley, ha messo incinta una ragazza. Oggi è padre del diciassettenne Toby, adolescente sbandato che per vivere si prostituisce a New York (la madre nel frattempo si è suicidata) ed abita in uno squallido e sudicio monolocale, quando non è in galera. Proprio dalla prigione lo tira fuori Bree, su consiglio della sua psichiatra che le dice che se non è in grado di affrontare questa delicata situazione piombatale dal suo passato, farà ancora più fatica a superare il trauma dell'operazione: "La vita di Stanley è la tua vita!". Bree si spaccia per una missionaria laica e nasconde a Toby la sua vera identità. Inizia così un lungo viaggio in cui i due scoprono un insolito rapporto padre/madre - figlio. On the road curioso e accattivante "Transamerica" (il titolo che gioca sul duplice significato della parola trans è una delle cose migliori) a detta del suo regista, l'esordiente Duncan Trucker, è una sorta di versione povera de "Il signore degli anelli" di cui Toby fornisce peraltro anche un'interpretazione gustosa in chiave gay (l'autore ha citato tra i suoi riferimenti anche "Le avventure di Huckleberry Finn", "Il mago di Oz" e "Alice nel paese delle meraviglie", tutti testi da lui amati da piccolo). Non un film su un transessuale, dunque, ma, attraverso l'espediente a dire il vero un po’ abusato del viaggio, un'avventura sospesa tra riso e lacrima che porta ad una riflessione sulla maturazione di due persone ed in particolare sulla paternità con cui la protagonista Bree si trova, inizialmente suo malgrado, a dovere fare i conti. In realtà l'elemento più autentico e riuscito è proprio costituito dall'umanità e dalla fragilità, dal pudore e dalla sobrietà (non è un paradosso ma un gran merito, visto che di solito al cinema i trans sono presentati come fenomeni da baraccone) del personaggio di Bree, cui la bravissima Felicity Huffman con estrema naturalezza e spontaneità conferisce corpo, voce, movenze, gestualità, intense espressioni del viso. Tutto quanto ruota intorno a Bree invece non è altrettanto convincente ed illuminante, come se Trucker, anche sceneggiatore, si fosse concentrato solo sulla sua protagonista tralasciando il resto. Dal personaggio di Toby ribelle senza causa, cocainomane con l'ambizione di farsi strada nel cinema (ci riuscirà sia pure nel settore porno) ai genitori di Bree incapaci di accettare le scelte del figlio tanto da preoccuparsi principalmente di quello che possono pensare i vicini (Burt Young e Fionnula Flanagan danno vita ad interpretazioni volutamente caricaturali con il rischio di banalizzare oltremodo il problema ottenendo un risultato bizzarro, tragicomico ma a conti fatti infelice, e poi sarebbe ora di finirla con questi nonni allupati che scherzano con i nipoti sul sesso). Anche gli altri personaggi non brillano per originalità: penso al giovane autostoppista yuppie che frega auto e soldi ai due protagonisti, al generoso e comprensivo indiano Calvin (bella partecipazione di Graham Greene) con cui Bree stabilisce un sincero rapporto di affetto e complicità (episodio certo garbato nella sua credibilità e discrezione, ma anche piuttosto semplicistico, a forte rischio manicheismo, in fondo l'unica persona che sembra accogliere Bree è un indiano navajo, a sua volta un emarginato dunque), alla sorella alcolista di Bree o ancora al patrigno di Toby che ha sempre abusato di lui (momento sgradevole per fortuna risolto molto fugacemente). Certe parentesi poi suonano piuttosto goffe (quella a casa di Mary Ellen, con diversi amici trans di Bree, era evitabile, anche perché non aggiunge nulla di significativo alla storia, risultando un bozzetto incolore e sguaiato) ed anche il tentativo di seduzione di Bree da parte di Toby nel prefinale appare superfluo e posticcio. Continuo a credere che la sensibilità, la profondità e la delicatezza di un film come "Amici, complici, amanti" a sua volta magicamente impostato su toni agrodolci ma capace di farti vivere sulla pelle in modo struggente le sofferenze, i soprusi e le paure di persone come Bree siano ancora ben lontani (si confronti per esempio solo il diverso modo in cui nei due film viene affrontato il problema del rapporto del protagonista con i genitori). "Transamerica" è un film corretto, gentile, onesto, scritto diligentemente, classico nella messa in scena, apprezzabile nell'affrontare un argomento ancora scomodo con i toni garbati e leggeri della commedia di formazione (l'autore tra i suoi riferimenti cinematografici cita anche Preston Sturges), evitando facili scabrosità o banali scandali, soprattutto arricchito da un magnifico e toccante personaggio principale, carico di rara e preziosa dignità ("Cerco di non confondermi, di non dare nell'occhio. Credo che in gergo si dica vivere da non dichiarata!"), ma anche superficiale, risaputo e persino un pochino ruffiano tanto nei contenuti (un invito sempre doveroso alla tolleranza e all'accettazione del diverso abbattendo ogni ipocrisia e ogni pregiudizio, soprattutto morale e religioso) quanto nei caratteri (a parte Bree, ovvio), capace di colpirti al cuore solo nella notevole sequenza del pianto disperato di Bree, all'ospedale dopo l'operazione, sulle spalle della sua amica/psichiatra: se prima confessava amaramente "Non credo di essere tagliata a fare la madre", ora finalmente sente in lei una più matura consapevolezza per affrontare anche quel temuto ruolo, come del resto fa intuire il bel finale aperto. Premi a go go ma l'entusiasmo di gran parte della critica (per Fittante è addirittura un capolavoro) mi pare quanto meno esagerato. La netta impressione è che negli ultimi anni, dato il livello medio-basso dei film, si tendano ad esaltare operine dignitose ma convenzionali e piatte, per nulla incisive o sorprendenti, solo all'apparenza veramente coraggiose e audaci (un analogo discorso si può fare per esempio anche con "Boys don't cry"). Nomination agli Oscar e ai Golden Globes sia per Felicity Huffman (ha vinto il Golden Globe) sia per la canzone "Travelin'Thru" di Dolly Parton. Il bravo attore William H. Macy, marito della Huffman, è produttore esecutivo.

Voto: 6

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