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Passione

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Passione

di hallorann
7 stelle

Tra le opere più nere e disperate del maestro svedese. No future

“…ma non nel senso di quei film dove c’è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un’isola deserta perché il regista non crede nelle persone”. Così Nanni Moretti in CARO DIARIO apostrofava i film di certi autori, non c’è dubbio che il riferimento fosse rivolto anche a Bergman e PASSIONE.

 

 

L’isola di Faro in Svezia è il teatro di una umanità disperata e pessimista in cui alberga il silenzio di dio e la solitudine degli uomini. Quattro intervalli e quattro personaggi: Andreas, Anna, Eva, Elis più il bonus Johan. Andreas è reduce da un matrimonio fallito e qualche piccolo guaio giudiziario. Nulla di che in una vita ordinaria e votata alla solitudine. Incontra Anna una donna reduce da un incidente d’auto e in rotta col marito. I due cominciano un legame, mentre agli occhi di lui appare un’altra donna ancora. Eva è una donna sbandata e confusa, sposata ma annoiata con l’egoista e sicuro di sé Elis. Andreas nega il flirt con Eva e continua la relazione con Anna. Intanto nell’isola in modo sistematico vengono uccisi brutalmente una serie di animali. L’amico Johan è ingiustamente incolpato da un gruppo di villici locali (a noi invisibili) delle uccisioni e queste accuse lo porteranno al suicidio. Anna e Andreas arrivano al capolinea di una storia tormentata.

 

La fase finale di PASSIONE è bellissima e tesa, resa ancora più tale dal suono secco di un tamburo, dal montaggio nervoso e dai due interpreti principali: Max Von Sydow e Liv Ullmann. L’ultima scena ricorda la sequenza conclusiva di KARHOZAT di Bela Tarr, in cui il protagonista si getta a terra contorcendosi per il dolore interiore. Andreas, invece, sta in piedi e passeggia freneticamente avanti e indietro con una inquadratura che stringe l’obiettivo fino a sgranare l’immagine. Egli è ancora vivo ma rimane sconfitto, per l’ennesima volta. Soprattutto resta solo, come all’inizio. Un Bergman leggermente datato, cerebrale in alcuni passaggi e cupo che però fa ancora discutere sui sentimenti umani, sul nostro arrabattarci nei tormenti interiori. Ai personaggi bergmaniani manca, quella che in psicologia viene definita, la Resilienza cioè la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, a circostanze avverse. Nessun personaggio qui la possiede. Nessuna speranza, nessuna luce in fondo al tunnel dell’esistenza.

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