Espandi menu
cerca
Dark Water

Regia di Walter Salles vedi scheda film

Recensioni

L'autore

degoffro

degoffro

Iscritto dal 10 gennaio 2003 Vai al suo profilo
  • Seguaci 99
  • Post 165
  • Recensioni 929
  • Playlist 23
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Dark Water

di degoffro
6 stelle

"Che cos'è?"
"Sembra un'infiltrazione."

Rifacimento fedelissimo, sostanzialmente identico, quasi calligrafico, dell'omonimo, sopravvalutato, cult horror giapponese che Hideo Nakata ha tratto nel 2002 da un racconto breve di Kôji Suzuki. "Si assomigliano come due gocce d'acqua" ha ironicamente affermato Marco Gentili sulle pagine di "Nocturno". Le principali differenze sono infatti impercettibili. Il finale, più romantico ed addolcito rispetto all'originale, in cui sull'ultimo incontro tra madre e figlia incombeva sempre la presenza lugubre e minacciosa della bimba fantasma. Il rapporto tra i due genitori della bambina, burrascoso e ad alta tensione in entrambi i film, ma, nell'opera di Salles, aperto in modo esplicito ad una possibile riappacificazione e ad un futuro rasserenamento, soprattutto per il bene della piccola Ceci (la figura del padre, interpretato da Dougray Scott è inoltre resa più umana rispetto al prototipo giapponese dove il padre sembrava un uomo spietato, subdolo e senza cuore). L'incubo della protagonista Dahlia in cui rivede sua madre, isterica e incattivita, che la caccia via manifestandole tutto il suo odio e disprezzo, in un parallelismo, forse fin troppo facile, con la vicenda di Natasha, la ragazzina scomparsa del piano di sopra. Anche nell'originale c'è un incubo della protagonista, incentrato però sulla figura della bimba fantasma, immaginata nel suo percorso solitario, sotto la pioggia, in impermeabile giallo e con l'immancabile borsetta rossa, dall'asilo al fatiscente condominio dove abita. L'arresto del portiere del condominio, dopo la scoperta del cadavere di Natasha nella cisterna. La presenza di un paio di ragazzi scapestrati e sbandati, che rivolgono apprezzamenti volgari a Dalhia e vengono accusati del fatto di entrare nell'appartamento abbandonato al piano di sopra facendo disastri. La sequenza alla lavanderia, inutile. La occidentalizzazione e migliore definizione dei personaggi tra cui spiccano il sensibile avvocato che finge di essere al cinema con la famiglia mentre in realtà è solo come un cane e dal curioso studio legale mobile tanto che riceve la protagonista in auto (eccellente Tim Roth); il laido, disonesto e furbo agente immobiliare John C. Reilly (impagabile ed incisivo - la sequenza in cui mostra, tra ripetute gaffes, l'appartamento alle due perplesse protagoniste, cercando di convincerle della bontà e della qualità dei locali, vale da sola il prezzo del biglietto, una irresistibile e tagliente presa in giro dei tanti truffaldini mediatori in circolazione); lo scontroso, enigmatico ed irascibile portiere del condominio Pete Postlethwaite. Peccato che al di là di una confezione elegante e dell'ottima prova di una sempre più matura, vibrante ed intensa Jennifer Connelly, peraltro bellissima, eterea in un look naturale, casalingo, e di nuovo alle prese con un horror, vent'anni dopo gli incubi brutali di "Phenomena" di Dario Argento, "Dark Water" in salsa americana sia il trionfo del dejà vu. Salles, reduce dal successo del bel "I diari della motocicletta" e alla sua prima prova hollywoodiana, ripete pedissequamente non solo intere scene dell'originale, ma anche le scelte stilistiche di Nakata, soprattutto nella fotografia dai colori lividi ed uggiosi e nella valorizzazione di un ambiente che evidenzi l'isolamento, lo smarrimento e l'alienazione della protagonista. In questo senso perfetta, originale ed assai funzionale l'ambientazione in Roosevelt Island e ottimo anche il lavoro scenografico di Thérèse De Prez, capace di ricreare un condominio lugubre, sporco, sinistro. Lo stesso regista, al riguardo, ha dichiarato: "Le scelte architettoniche hanno la ripetitività degli spazi industriali. E questo si collega al senso di perdita di identità, di solitudine e di claustrofobia." Il montaggio è serrato per un ritmo decisamente più sostenuto e meno riflessivo che nell'originale, ma ben attento ad evitare derive fracassone ed urlate, inutili esplosioni di violenza o un...dilagare di effettistica speciale fastidiosa, e questo è certamente un pregio considerevole ed un merito da attribuire tutto al regista, il cui sguardo è ancora vergine e non travolto dalle logiche produttive imperanti negli States. Ottima la sequenza in cui Natasha compare in accappatoio azzurro e si rivela a Dahlia. La sequenza alla scuola in cui Natasha si manifesta a Ceci era invece più terrorizzante ed inquietante nel film di Nakata (il gioco a nascondino ed il fantasma della bambina che si avvicina a Ikuko, inquadrato solo nelle sue terribili scarpette bianche, mentre l'acqua incomincia a scorrere lungo i corridoi della scuola materna). E se è vero che il rapporto madre/figlia viene sviluppato in modo più articolato e completo da Salles, è altrettanto vero che la deriva psicologica della protagonista, ai limiti della follia e dell'ossessione, risultava ben più palpitante e disperata nel film di Nakata. Sulla resa dei conti con il fantasma della bimba poi, Nakata batte Salles 10 a zero, anche perché l'autore giapponese raggiunge vette di toccante ed inatteso melodramma nella descrizione del sacrificio inevitabile di Yoshimi, di fronte agli occhi increduli e piangenti della figlia Ikuko, mentre nel film americano tutto appare piuttosto freddo, anonimo ed affrettato. Strano davvero, infine, che in fase di montaggio sia stata tagliata la sequenza più suggestiva e visivamente più potente: l'immagine dell'appartamento della protagonista i cui muri, pareti e soffitti si impregnano d'acqua scura e sporca che inonda tutti i locali. Le musiche di Angelo Badalamenti sono ben lontane dal (ri)creare un incubo dal sapore lynchiano, anche perché qui, a differenza di Lynch, si cerca di dare una spiegazione razionale a tutto quello che, nell'originale di Nakata, veniva solo suggerito. Non banale comunque la sceneggiatura firmata da Rafael Yglesias, a cui, tra l'altro, si devono i copioni degli ottimi "La morte e la fanciulla" di Polanski, "Fearless - Senza paura" di Peter Weir e "From Hell - La vera storia di Jack lo squartatore" con Johnny Depp. Un thriller soprannaturale più d'atmosfera che di strilli e salti sulla sedia, più d'autore che commerciale (ed infatti al box office è stato un disastro, in Italia in particolare ha avuto una distribuzione limitata e ha perso nettamente il confronto con "The exorcism of Emily Rose" uscito nel medesimo week end). Un'operazione fotocopia non disdicevole né tediosa, dunque, quasi timida, a suo modo onesta, forse davvero l'unico remake possibile, ma che, a conti fatti, lascia il tempo che trova. In ogni caso meglio del discutibile e assai più strombazzato "The ring" firmato Verbinski.
Voto: 6

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati