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Blood Feast

Regia di Herschell Gordon Lewis vedi scheda film

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La recensione su Blood Feast

di scapigliato
8 stelle

Il primo splatter con grande cura del gore della storia del cinema. Spulciando i motivi che portarono il regista Hersher Gordon Lewis e il suo collaboratore a fare questo film troveremo una sorprendente causa economica. I due prima facevano infatti film con contenuti erotici, proibiti nelle pellicole di serie A, per poi passare ad altro quando questo argomento diventava sempre più tollerato. Così, in cerca di una nuova gallina dalle uova d’oro atta a riempire i driv-in di giovani in cerca di un’emozione proibita, ecco che arrivano al raccapriccio di un film sconvolgente tanto quanto elementare ed innoquo a livello cinematografico. Non siamo ancora dalle parti dello slasher, che troverà nel Mario Bava di un anno più tardi il primo vero e proprio genitore, per poi essere progressivamente codificato da Segio Martino e Dario Argento, come poi da Bob Clark e dal John Carpenter di “Halloween” e dal Sean S. Cunnigham di “Friday the 13th” e dal Wes Craven di “Nightmare”, da cui poi tutto prenderà una dimensione di massa piena di riflessioni mediatiche, sociali ed economiche. Se non siamo ancora in zona slasher non possiamo però non vedere in “Blood Feast” il padre spirituale di tale cinema. Infatti il primo delitto vede protagonista una bella ragazza che si spoglia nuda e fa il bagno, poi si passa ad una coppietta che amoreggia clandestina sulla spiaggia, e poi una peccanimosa adultera da motel, un circo di belle ragazze in piscina, e così via. Quindi l’elemento perverso della libido sessuale c’è, è innegabile. Come c’è una certa e dichiarata attenzione maggiore ai delitti piuttosto che alla storia e alle qualità artistiche di attori e regia. Il film, diciamolo, è imbarazzante davanti a ciò. Quasi tutte le scene sono dei raccordi fin troppo affettati, ma la genialità di Lewis rimane quella di aver capito prima di molti altri la direzione in cui spingersi oltre per attrarre il pubblico. E se per il regista si può solo parlare di motivi alimenari (non da intendersi con quelli cannibalici del film, per altro molto sottili e quasi invisibili), si può dire che la scelta splatter e gore farà la felicità di ben altri “autori” che in essa troveranno l’estetica adatta alla propria poetica della violenza che veicolerà motivi più profondi come il disagio esistenziale, la ribellione alla edificanti e ipocrite istituzioni, e così via. Dico genialità riguardo al regista, perché non si può parlare di bravura. Questa arriverà appunto con Bava e il suo “Sei Donne Per l’Assassino” del ’64, e poi ancora nel ’71 con “Reazione a Catena”, in cui troviamo modulazioni narrative più efficaci ed una professionalità artistica unita ad una creatività geniale che faranno la fortuna sua e quella di altri autori DOC del panorama horror italiano e internazionale.

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