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L'amore fatale

Regia di Roger Michell vedi scheda film

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La recensione su L'amore fatale

di lussemburgo
6 stelle

Di fatalità e amore è impregnata già la prima scena di quest'adattamento dell'omonimo romanzo di Ian McEwan. Un tranquillo e romantico brindisi sull'erba viene sconvolto dal brusco arrivo di una rossa mongolfiera impazzita con a bordo un bambino e, nel tentativo di salvarlo, una delle persone accorse in aiuto muore precipitando a terra.
Il protagonista, Joe, è un filosofo del comportamento umano, una sorta di Alberoni nevrotico, desideroso d'azione (è interpretato da Daniel Craig, attore dalla fisicità molto evidente e già protagonista di The mother, precedente film di Michell), in crisi nel rapporto con la fidanzata scultrice, tormentato dai rimorsi per l'incidente e assediato dalle fissazioni patologiche di Jed (Rhys Ifans, gia con Michell in Notting Hill), uno degli altri soccorritori della mongolfiera, che gli dichiara, con eccessiva insistenza, il proprio amore.
Una musica morbidamente avvolgente, di stampo hermanniano, accompagna quasi tutta la vicenda che da Hitchcock riprende il tema dell'ossessione, amorosa e non, e l'idea di una vita normale scompaginata da un evento eccezionale. Ma lo stile secco e nervoso del regista brucia rapidamente la miccia del thriller. Anche se molte situazioni porterebbero quasi naturalmente il film sulla strada del genere d'azione e di tensione, l'opzione narrativa è ben presto disinnescata da atmosfere borghesemente intellettuali (sebbene lontane, per aderenza ad una realtà non liofilizzata, da quelle di Woody Allen).
Sulla scia dei tormenti del protagonista, il film incarna in diversi personaggi varie sfaccettature del concetto amoroso e delle fasi dell'innamoramento, sino all'amore mistico, totalizzante di Jed. Ma è proprio a causa di questa ricerca di una definizione valida dell'amore, motore metaforico via via più prepotente nel dipanarsi della vicenda, che il film si inceppa, mandando in folle la stessa narrazione.
Il regista si attiene ad un unico punto di vista, si concentra sull'indagine filosofico-morale, intellettualistica di Joe e non scava nella psicologia di Jed, la sua nemesi, stemperando così il potenziale drammatico del personaggio. Eppure non lo priva di pulsioni violente o nichiliste, che sono poi il vero propulsore dell'azione (e delle reazioni dell'"eroe"), e gli dedica l'inquadratura finale (dopo i titoli di coda e la chiusura della storia). Vediamo Jed scrivere, interrompersi e sorridere in macchina: una sequenza pacificatrice e al contempo estremamente inquietante la quale, rimandando di nuovo ad Hitchcock (Psyco), nulla però svela del personaggio, fatalmente misterioso, che dell'amore non compie nessun approfondimento perché lo ha già trovato.

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