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Amami se hai coraggio

Regia di Yann Samuell vedi scheda film

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La recensione su Amami se hai coraggio

di Aquilant
4 stelle

Potrebbe passare del tutto inosservata quest’opera prima ondivagamente clippeggiante basata sull’eccesso e sull’esorbitanza ed improntata all’insegna del periglioso motto “se lo puoi pensare lo puoi fare”, se non fosse per il fatto che ci richiama alla memoria, volenti o nolenti, un precedente lavoro di Jean-Pierre Jeunet ben più sostanzioso, forse un po’ troppo sopravvalutato. Altra classe, si dirà, e non a sproposito. Ma figuratevi se la piacevole figuretta di Amélie, tutta finezza e lattemielosità (ed anche tutto zucchero filato e buoni sentimenti), ma dotata di una caparbietà e di una perseveranza da vendere, può essere paragonata ad una Sophie Kowalsky qualunque che soltanto in quanto a discontinuità e volubilità non teme rivali! Ed il suo compagno di giochi, il povero Julien, ne sa qualcosa a proposito, costretto suo malgrado a perire due volte, per poi prontamente rinascere, oplà, come per un miracolo d’amore. Rinascere?..... ma fatemi il piacere!.
Vero è che non tutte le Amélie riescono col buco e probabilmente ricalcare le orme di chi ha tracciato una strada maestra che presenta già evidenti segni di dissestamento può comportare rischi imprevedibili anzichenò. Ed è per l’appunto il caso di questo improponibile e pretenzioso “Jeux d’enfants”, un estenuante videoclip della durata di un’ora e mezza che tramite una poco intelligente commistione tra “When Harry Met Sally” e “Le fabuleux destin d'Amélie Poulain”, invia allo sbaraglio un’interprete di tutto rispetto ma purtroppo sprecata per la parte, quella Marion Cotillard che tra un “taxi” e l’altro e la pesca di un prestigioso “Big fish” si appiccica addosso un ruolo chiaramente scostante, mal coadiuvata oltretutto da un partner, Guillaume Canet, che sembra aver fatto dell’inespressività la sua unica ragion d’essere.
E se è pur vero che il film riesce a mantenere per tutta la sua durata un ritmo speed tipo “Trainspotting” e “Fight Club” ed un aspetto fiabesco alla “Mary Poppins” come da intenti registici, l’universo grafico e la miriade di effetti visivi che infarciscono oltre il dovuto le relative sequenze finiscono col produrre, a differenza del film di Jeunet, un fastidioso effetto di scollamento e di spezzettature narrative, oltre che di mancata coesione fra le varie parti e di conseguenza la storia continua per tutto il tempo a procedere a sbalzi, con un diluvio di ellissi a dettare le regole del gioco. E con il tema della “Vie en rose” a fare da collaudato motivo conduttore mentre il filo narrativo è del tutto impostato sull’estenuante tormentone “Cap ou pas cap?” (giochi o non giochi?).
E come se non bastassero la caterva di situazioni altamente improbabili( una per tutte: l’esame in reggiseno e slip indossati sopra abiti normali) ed il doppio finale alla “Pennies from heaven” (qui vanamente impreziosito da alcuni vieti simbolismi), che si prefigge di “cementare” amore e morte in una sorte di apoteosi viscerale dove perfino l’humor nero di Jeunet viene del tutto surclassato e posto a giacere in un angolo, ecco che alcune sequenze kitsch ambientate nel mondo dell’infanzia riescono a toccare davvero il fondo a causa della loro pacchianeria dilagante. Basterebbe a tale proposito citare per la sua scoperta ridicolaggine l’episodio onirico della cacciata dall’Eden dei bambini paludati con tanto di foglia di fico, per etichettare il film come prodotto del tutto superfluo e sotto taluni punti di vista perfino diseducativo, ma questa è un’altra storia.......amatevi se avete il coraggio ma cercate di non coprirvi di ridicolo.









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