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Ti spiace se bacio mamma?

Regia di Alessandro Benvenuti vedi scheda film

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La recensione su Ti spiace se bacio mamma?

di degoffro
6 stelle

A sei anni di distanza dal fallimentare (per pubblico e critica) "I miei più cari amici" commedia nera che avrebbe voluto essere al vetriolo ma era insolitamente (per lo stile dell'autore) sopra le righe, esageratamente volgare, e sopratutto per nulla divertente, Alessandro Benvenuti torna al cinema da regista. Durante questa lunga pausa c'è stato il tempo per una fiction Tv per la Rai con Ornella Muti ("Un colpo al cuore" non baciata da ascolti propriamente record), alcune prove d'attore e molto teatro. Il suo rientro sul grande schermo però, dopo il crollo dell'impero Cecchi Gori con cui aveva realizzato alcuni dei suoi titoli migliori, è stato tutt'altro che roseo, anzi una debacle di proporzioni titaniche. E ciò malgrado la distribuzione sia stata curata dalla forte 01 Distribution, braccio destro di RaiCinema. Critiche al massimo discrete (ma il solitamente buono Maurizio Porro ha stroncato senza pietà, affermando che il film "particolarmente inerte sul piano drammatico e imbarazzato nei risvolti e nei dialoghi, finisce per essere uno sketch prolungato e patetico in cui appare come modella e niente più Natasha Stefanenko."), incassi risibili o tragici, a seconda delle prospettive. L'ex GianCattivo, seccato, se l'è presa assai con mamma Rai rea, a suo dire, di non avere promosso e sostenuto adeguatamente il film e soprattutto di averlo ritirato dalle poche sale in cui era in programmazione dopo i risultati non certo lusinghieri della prima settimana, quando il film, su 65 schermi, ha totalizzato a fatica 60.000 Euro. Come dare torto...alla Rai? Quei risultati commerciali schianterebbero chiunque!!! E' vero che il pubblico non ha sempre ragione, ma per una commedia dichiaratamente commerciale come "Ti spiace se bacio mamma?" il risultato deve far riflettere. Forse il buon Benvenuti dovrebbe dunque fare un piccolo esame di coscienza. Non che il suo sia un brutto film - il regista è chiaramente in ripresa rispetto all'insopportabile, irritante e fasullo "I miei più cari amici", il cui livello era però infimo, per cui fare di peggio era davvero difficile - ma siamo comunque mille miglia lontani dalle opere più compiute e mature dell'autore, come "Ivo il tardivo", "Belle al bar" o "Ritorno a casa Gori", dove la classica commedia all'italiana aveva spunti originali, fertili ed intriganti di divertita, feroce ed assai realistica critica sociale. "Ti spiace se bacio mamma?" invece da un lato ritrova l'ironia garbata, genuina e brillante tipica di Benvenuti, ma dall'altro non si innalza al di sopra di un intrattenimento semplice, pulito e corretto, più da sit com televisiva di qualità (il progetto iniziale infatti era per la Tv) che non da film per la sala. Il che non è necessariamente un male, ma forse spiega il clamoroso flop di pubblico: certi film meglio guardarseli comodi e rilassati sul divano di casa, piuttosto che spendere 7 Euro al cinema, deve essere stato il ricorrente, e certo non biasimevole, passaparola tra la gente. Peraltro anche il primo passaggio in tv è avvenuto in piena estate (luglio 2006) in tarda serata su Rai Uno, quindi senza neanche grandi aspettative di ascolto. Il ritratto di una disastrata famiglia moderna (papà dongiovanni che guarda ancora film porno, figli - tre sorelle ed il protagonista - perennemente sull'orlo di una crisi di nervi, tra mariti fedifraghi, plastiche al naso, amanti pericolosi e violenti che aspettano sotto casa, ex fiamme cretine, nipoti maleducati e viziati, che, riportando le probabili riflessioni dei genitori, o almeno così crede il protagonista, rinfacciano allo zio, incapace di una relazione stabile con le donne, di essere gay e si rivelano essere schiavi del cellulare con cui comunicano tra di loro anche se si trovano nella stessa stanza di 60 metri quadri) più che graffiante e acido pare un bozzetto superficiale, approssimativo e macchiettistico, al pari di quei molteplici e scatenati eredi che litigano ripetutamente per mettere le loro mani sui beni della parente defunta. Inoltre sa molto di già visto, anche e soprattutto nel cinema dello stesso Benvenuti (le mitiche e proverbiali vicende della famiglia Gori). Il classico humor toscano sembra così annacquato. E la mancanza di uno spirito più burlesco ed irriverente si concretizza anche nei dialoghi poco pungenti ed a volte scontati. Così come priva di spessore pare anche la regia un po’ piatta di Benvenuti, bravo invece nella cura delle scenografie e degli arredi che rispecchiano bene le psicologie dei personaggi che si muovono in esse. La parentesi sentimentale è orchestrata in modo allegro e dignitoso, con alcune idee curiose (per esempio la donna delle pulizie ucraina che nel suo paese era avvocato e che si rivela un importante braccio destro per il protagonista, soprattutto nella gestione degli eredi serpenti), con un finale ferroviario (alla stazione Termini) telefonato e prevedibile ma tutto sommato accettabile. Nel complesso però anche questa love story risulta affrettata, stantia ed elementare, con echi da "Pretty Woman" che sanno quasi di plagio (il dialogo dopo la notte d'amore in cui Lena afferma malinconica che per gli uomini "sono una donna comoda" è un remake non dichiarato della sequenza in cui Richard Gere lascia Julia Roberts, dopo la settimana trascorsa insieme). Inutili gli inserti onirici, simpatici ma risibili i dialoghi del protagonista con i cartelloni pubblicitari (invita i modelli nudi dei manifesti a coprirsi perché è inverno), troppo onnipresente la voce over. I riferimenti sociali (extracomunitari molto preparati professionalmente che, non trovando un’occupazione adeguata alle loro competenze dove vivono, sono costretti ad accettare lavori semplici e/o umili in altri Paesi) appena abbozzati, anche se credibili, specie per una come la Stefanenko, laureata in ingegneria metallurgica in Ucraina e "costretta" dalle circostanze a fare la starlette da noi. Buona comunque l'interpretazione dei due protagonisti (in particolare spicca la spigliata, spontanea e seducente Stefanenko, una che "mette ordine in casa, ma disordine nella testa" secondo la felicissima definizione della sorella di Sandro, un'isterica e acida Marina Massironi, forse troppo ancorata ad un cliché che rischia di condannarla a ruoli sempre uguali).
Sceneggiatura del fidato Ugo Chiti, musiche, riuscite ed accattivanti, di Patrizio Fariselli, scenografie di Eugenio Liverani. Un'opera piccola piccola, dunque, dal respiro corto, leggera ai limiti dell'inconsistenza, persino timida, come il protagonista "elegante, cinico, distante", come si definisce dopo un severo rimprovero a Lena per una gomma da masticare trovata casualmente sotto il tavolo di casa, incapace di esprimere a pieno i suoi sentimenti ("Non sai apprezzare la vita" gli ricorda il padre, uno che nella vita ha sempre improvvisato), anche un pò razzista, nascosto dietro al suo atteggiamento perennemente rigido, preciso, puntuale e assai bacchettone, ancora un "tardivo" che, pur perfettamente integrato nella società del benessere, non riesce minimamente a gestire i suoi rapporti con l’altro sesso, inibito dalla figura di libertino impenitente di suo padre e dall’ingombrante presenza di tre petulanti sorelle, anche se poi sarà proprio il padre ottantenne, infine, a spingerlo al passo decisivo con Lena, invitandolo a non lasciarsela scappare visto che la ragazza è veramente innamorata di lui. Un film incerto nei suoi sviluppi, con personaggi secondari poco interessanti o superficiali (Antonio il custode della casa rivelerà un inatteso segreto): scivola via come un bicchiere d'acqua fresca, senza lasciare grandi tracce, con in più la netta sensazione di una certa inutilità. E' innegabile che qua e là si sorrida (specie quando è in scena il nonno irresistibile Arnoldo Foà, in un ruolo analogo a quello ricoperto nel contemporaneo ed altrettanto sfortunato "Gente di Roma" di Ettore Scola, ma anche l'incipit con il brusco risveglio dell'avvocato, disturbato dai lavori di casa della colf e privato della sua privacy non è male), ma la troppa semplicità rischia di tradursi in banalità ed oggi da un film è lecito e doveroso pretendere di più. In ogni caso sempre meglio rispetto alla comicità sonnolenta e insignificante di Pieraccioni, anche perché Benvenuti, senza i bamboleggiamenti ed ammiccamenti di Leonardo, risulta assai più credibile e naturale nei suoi impacci e nelle sue timidezze. Il titolo del film è la battuta finale che Benvenuti fa alla figlioletta di Lena. Il titolo pensato inizialmente invece era "L'amore tardi". L'idea del film nasce da una esperienza personale dell'avvocato Giuseppe Grazzini, cognato dell'artista toscano e co-soggettista, che nelle funzioni di esecutore testamentario si è imbattuto in una faccenda grottesca e divertente, analoga a quella raccontata.
Voto: 5 e mezzo.

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