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Perduto amor

Regia di Franco Battiato vedi scheda film

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La recensione su Perduto amor

di speedy34
8 stelle

L’inconfondibile “marchio” Battiato (spiritualità mista a religiosità, temi metafisici, sacro e profano, filosofia siciliana ed alta cultura popolare) segna indelebilmente l’opera prima cinematografica dell’eclettico artista catanese Perduto Amor. Inevitabile che ciò accada se dietro la macchina da presa si nasconde lo stesso “occhio” di Franco Battiato e la sceneggiatura, oltre a portare la sua firma, reca anche quella del suo fedele collaboratore ed amico Manlio Sgalambro e così questo atipico debutto (non privo di un suo misterioso fascino) vive e si sviluppa sulle corde più personali ed intime (guai però a parlargli di autobiografia!) di un uomo che abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare in tanti anni di carriera musicale. E quindi ecco la Sicilia della sua infanzia (Ettore Corvaja, il protagonista, ha nove anni e cresce tra la gioia di vivere spensierata a cavallo tra gli anni 50 e 60 e gli insegnamenti del suo mentore, un colto aristocratico del paese) e la Milano città piena di fermenti e di frenesia che accoglie questo ragazzino oramai ventenne (ha il volto pulito e fresco di Corrado Fortuna) immergendolo nel magma culturale e sociale delle sue eclettiche espressioni artistiche e spirituali (Ettore si muove spaesato ma determinato tra club musicali, gallerie d’arte all’avanguardia e gruppi esoterici). Ma nessuna consequenzialità di eventi o di rapporti a scandire la narrazione scoordinata ma sincera di questo atipico diario di formazione di un ragazzo siciliano così giovane ma già così austero e compito nelle sue scelte di vita. Lui diventerà uno scrittore mentre il suo alter ego nella vita reale sappiamo bene che strada ha fatto… mai però finendo di stupirci nelle sue eclettiche espressioni artistiche così passando dalle contaminazioni e sperimentazioni musicali al cinema con identica voglia di scardinare regole già scritte. In tal modo “costruendo” (ogni singolo dettaglio del film sono input per ulteriori sottotesti e nuove riflessioni) un film che della sua, a tratti, sorprendente classicità (confezione di lusso e recitazione di gran scuola interpretativa… dal nobile Gabriele Ferzetti all’intensa mamma Donatella Finocchiaro), della sua scansione ritmica personalissima, dell’uso sgrammaticato dei tempi cinematografici e della sua sospensione narrativa ne fa la sua forza e le caratteristiche più vitali e vincenti.

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