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Heaven

Regia di Tom Tykwer vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Heaven

di Utente rimosso (LGiulia)
6 stelle

"Heaven" è un film molto particolare. Va premesso che è basato su una sceneggiatura scritta da Kieslowsky prima di morire e, a mio avviso, questa è la sua grande penalità: mi spiego meglio, Kieslowsky era un grandissimo regista e il peso del produrre un suo film avrebbe schiacciato inevitabilmente qualsiasi altro collega. Imitare un grande maestro è riduttivo; omaggiarlo può dar luogo a scene retoriche; cambiare la creazione stessa potrebbe sembrare, invece, denigratorio. Secondo me, da questo punto bisogna partire quando si inizia a guardare "Heaven", diretto da un buon Tom Tykwer, e quando ci si approccia alla lettura delle pesantissime critiche che vengono fatte su un film che personalmente non reputo affatto da scartare, anzi trovo un buon omaggio al grande regista polacco. 

In primo luogo, molto forte è il messaggio nei confronti della giustizia; nel film, si tratta della giustizia italiana, ma il senso è da traslare in maniera ovviamente universale: cos'è la giustizia? Quali sono i suoi limiti? Fino a che punto ci si può spingere per ottenere una giustizia o un risarcimento a torti o sofferenze ricevute? La risposta rimane e penso rimarrà sempre evanescente, per il semplice fatto che siamo limitati in quanto esseri umani. Quindi, non esisterà mai una giustizia universale; certo è che molti di noi potranno applicarsi al fine di migliorare il mondo nel quale viviamo; altri, invece, si lasceranno corrompere dal vizio e dalla inequità. Il fallimento della giustizia personale, però, viene subito dimostrato dal disastroso incidente che causa Philippa con la sua bomba ai danni del grande corriere della droga, che rimmarrà illeso, mentre a perdere la vita saranno quattro innocenti.

Altro punto di forza del film, riguarda il rapporto fra i personaggi e i luoghi in cui sono ambientate le scene: Torino e Montepulciano. Torino, se ci fate caso, viene inquadrata sempre dall'alto, mostrando così allo spettatore la sua perfetta struttura ortogonale che dà l'idea della prigione, delle sbarre, della trappola: infatti, Philippa si trova in carcere proprio a Torino, in una situazione di prigionia anche mentale, dovuta dal peso dell'azione compiuta e delle accuse (viene accusata di terrorismo) fattole. Quando invece i due amanti, Philippa e Filippo, fuggiranno e vivranno, seppur per un flebile attimo il loro amore, ciò accadrà in Toscana, in un'atmosfera bucolica, agreste e con grandi spazi aperti. 

Notevole anche il piccolo rilievo che viene dato alle parole rispetto alla gestualità e agli sguardi. Il film, infatti, scorre molto su piccoli tocchi fra le mani di Filippo e Philippa, piuttosto che fra i loro continui e profondi scambi di occhiate. 

Sia Cate Blanchett (Philippa) che Giovanni Ribisi (Filippo) recitano senza doppiaggio. Cate Blanchett riesce a trasmettere sempre una grande profondità emotiva; mentre ho trovato più statico, seppur toccante in alcuni punti, Giovanni Ribisi. 

La scena finale (che non vi svelo) è secondo me un omaggio al regista Kieslowsky, vista la sottolineatura che viene ad essa data all'inizio del film stesso. 

Non è un capolavoro, ma, come già anticipato, si lascia guardare con piacere. 

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