Regia di Alberto De Martino vedi scheda film
Scazzottate alla Bud Spencer & Terence Hill ante litteram: è l'unico dettaglio degno di nota per questo prodottino che di originale ha ben poco e che non gode neppure di ampio budget; De Martino si è già ricavato un piccolo spazio nel cinema nostrano 'di genere' (ovverosia, a quel momento, peplum e spaghetti western) ed è coadiuvato qui da ben cinque (!) co-sceneggiatori: oltre al nome del regista, infatti, sul copione compaiono quelli di Tito Carpi, Sandro Continenza, Giovanni Simonelli, Vincenzo Flamini e Massimiliano Capriccioli. La fantasia è lo stesso poca e la storia non va granchè oltre al consueto rimescolare di vendette personali e pistoleri senza morale; va comunque fatto notare come il primo Django, quello di Corbucci, fosse uscito solamente da pochi mesi: ma tanto bastava per il nostro cinema di quegli anni per imbastire un lavoruccio senza troppe pretese che emulasse le gesta del personaggio interpretato da Franco Nero (pur senza avere alcuna parentela con lui) e che riuscisse a presentarsi al botteghino in tempo per ricevere una dignitosa accoglienza. Il protagonista è l'olandese Saxson, non troppo incisivo e ancora agli esordi, che riceverà la sua fetta di gloria proprio in Italia negli anni immediatamente successivi, prendendo parte a una manciata di titoli di serie B e C; sul cartellone ci sono anche Ida Galli (alias Evelyn Stewart), Alberto Lupo, Nando Gazzolo, Fernando Sancho. Musiche di Bruno Nicolai, dozzinali ma proprio per questo adatte al contesto. 2,5/10.
Django recupera il cadavere del padre - non uno stinco di santo -, decide di intascarne la taglia e di compiere la debita vendetta nei confronti del socio paterno in affari, un losco banchiere.
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