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Killers of the Flower Moon

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Killers of the Flower Moon

di axe
7 stelle

La nazione indiana Osage si scopre improvvisamente molto ricca. Il territorio della riserva assegnatole, in Oklahoma, dalla superficie brulla e poco produttiva, ha un sottosuolo ricco di petrolio; la sua estrazione porta ai pellerossa un eccezionale benessere economico ... e sventure anche maggiori. La legge impone, infatti, che i membri della tribù possano gestire il loro denaro solo insieme ad un tutore non pellerossa; sempre più "bianchi" instaurano legami, anche sentimentali, con gli Osage. Alcuni di essi, misteriosamente ed improvvisamente, muoiono. Nel 1919, giunge presso la riserva Ernest Burkhart, un reduce di guerra ben deciso ad arricchire. Lo zio William Hale, personaggio carismatico nell'ambiente della riserva, asseconda e stimola questa propensione, assegnando al nipote un ruolo chiave in un piano criminoso che ha il fine di carpire agli Osage le loro ricchezze, favorendo o causando le suddette morti. Dramma d'ambientazione western, ispirato a fatti realmente accaduti, "Killers Of The Flower Moon", è diretto da Martin Scorsese. Il regista sfrutta l'elevato minutaggio del film per descrivere con dovizia di particolari un particolare contesto storico e sociale. Una tribù indiana, condannata a vivere nella cattività di una riserva, riceve dal destino una possibilità di riscatto. I suoi componenti si ritrovano legalmente in possesso di ingenti risorse economiche, le quali consentono loro di godere di un tenore di vita irraggiungibile non solo per gli altri pellorossa, ma anche per la maggior parte dei bianchi. Ciò accade in un'epoca in cui il diritto si è affermato sulla forza bruta, ma non sulla furbizia. Ne approfitta William Hale, un notabile il quale mostra amicizia verso il "popolo rosso"; ne parla la lingua, ne conosce i costumi, tratta da pari i suoi membri. In realtà, Hale, ha attuato un piano estremamente malvagio, volto a sottrarre agli Osage le ricchezze ottenute. Favorisce l'instaurarsi di legami di parentela tra la sua gente ed i pellerossa, facendoli poi assassinare o favorendone la morte in caso di malattia, al fine di far trasmettere la proprietà dei loro beni in favore dei "bianchi" per diritto di successione. Egli non agisce per pura avidità; dai ragionamenti che Hale compie insieme ai suoi complici, più o meno consapevoli, comprendiamo che il movente è anche il razzismo. Egli ritiene innaturale ed ingiusto che un popolo indiano possa essere il legittimo proprietario delle immense ricchezze generate dal petrolio; esse, di certo, hanno reso gli Osage un popolo pingue e pigro; vediamo come molti, tra gli indiani, vivono nel lusso e nello spreco più sfrenato. Ma non tutti; tra gli anziani, è vivo il ricordo del passato ed il dolore per l'inarrestabile declino degli antichi costumi. Tra alcuni dei più giovani - esempio, la co-protagonista Molly Kyle, moglie e potenziale vittima di Ernest - il benessere è considerato importante, ma di più lo sono la famiglia, il suo popolo, la fiducia nelle persone che la circondando. Non ne è di certo degno il marito, interpretato da Leonardo DiCaprio. Il suo personaggio è un individuo ondivago, dall'inconsistente spessore morale, succube del malvagio zio. E' la spregiudicata condotta criminale di quest'ultimo a far maturare nell'ex-militare un qualche scrupolo. Reso complice di una serie di omicidi, è costretto ad avvelenare lentamente Molly, moglie e madre dei suoi figli. E' troppo anche per un personaggio del suo calibro; le sue rivelazioni, successive all'arresto da parte di agenti del neonato F.B.I., aiutano a smantellare l'organizzazione di Hale. Ma Ernest, non avendo il coraggio di ammettere di fronte a Molly il suo tentativo di avvelenarla, perde definitivamente la fiducia della giovane pellerossa. Per l'uomo non rimane che un futuro di carcere ed oblìo. A seguito dell'incriminazione di Hale, un'intera comunità - i "bianchi" della riserva - è messa in stato di accusa. Non sono tutori della legge locali, imbelli e collusi, bensì gli agenti federali a scoperchiare il "vaso di Pandora". In pochi si salvano, poichè altrettanti lo meritano. Di rilievo la presenza nel cast, oltre a Leonardo DiCaprio, del buon Robert De Niro, nei panni di William Hale. Estremamente maligno, calcolatore, abile manipolatore, Hale agisce con metodica determinazione. Percepisce ogni intralcio come una difficoltà nel portare a termine quella che valuta una missione di vita. L'ambientazione è molto evocativa; Fairfax, teatro degli eventi, è una tipica cittadina degli U.S.A., case basse e negozi lungo una "main street". Le strade sono piene di veicoli, per lo più posseduti da pellerossa; in pochi sono rimasti nel muoversi a cavallo. Gli Osage, dai costumi sgargianti, vivono in lussuose case con giardino, i "bianchi", abbigliati con stetson e tenute da cowboy, sono in condizioni mediamente più umili. Nonostante la trama sia interessante, appassionarsi al film non è facile. La durata supera i duecento minuti; il ritmo è molto lento. I dialoghi sono estremamente dilatati - a tratti, pare, quasi "ad arte" - e la tensione non ha modo di crescere. Ciò mi ha messo un po' in difficoltà durante la visione, non consentendomi di apprezzare a fondo un film che dice molto circa l'avidità e la malvagità; la stupidità e la vigliaccheria. Nel caso specifico, di "uomini bianchi" che non possono tollerare l'esistenza di indigeni in parte compensati dalla sorte per il male patito a causa dei "nuovi arrivati". Senza dubbio l'opera merita la visione; è un film ben interpretato e curato nei dettagli. Ma la lunga durata può renderlo "indigesto".

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