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Killers of the Flower Moon

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su Killers of the Flower Moon

di Andreotti_Ciro
7 stelle

Martin Scorsese trae dall’omonimo romanzo storico firmato da David Grann, edito in Italia con il titolo Gli assassini della terra Rossa (Killers of the Flower Moon - ed.Corbaccio; 2017), la sceneggiatura per un giallo intrecciato con le usanze di una delle tribù native fra le meno note: La Osage Nation, arricchitasi grazie alla scoperta di giacimenti petroliferi situati sui propri terreni. Da queste premesse si snoda un thriller storico che trae linfa vitale anche dalla nascita, e storia, degli Stati Uniti contemporanei, nazione che negli anni '20 era ancora alla ricerca di un'identità che andasse oltre la vita di frontiera e la prevaricazione, mascherata da amicizia, fra due etnie, quella bianca e quella dei nativi, in apparenza capaci di coesistere amichevolmente, al punto di creare famiglie miste. Famiglie che se da un lato erano percepite come una forma di vicinanza, dall'altra erano viste come un modo per ereditare ricchezze e possedimenti dai legittimi proprietari.

 

La narrazione ha in Robert De Niro il magistrale interprete del locale vice sceriffo William Hale, soprannominato da tutti "il Re", amico dei nativi, ma con ben altre mire e con un fare che ricorda nemmeno troppo velatamente il comportamento che lo stesso De Niro aveva saputo esibire nel corso de Il Padrino - Parte II (The Godfather Part II; 1974), ma rispetto al giovane Vito Corleone Billy Hale non può vantare il medesimo senso di pudore e apparente giustizia. E Leonardo Di Caprio, nel ruolo di Ernest Burkhart, giovane nipote di William, reduce di guerra arrivato in Oklahoma per vivere assieme al fratello e allo zio. Ernest diventerà quasi subito il braccio armato, non certo involontario, di uno sterminio inizialmente silenzioso. Uno sterminio in cui zio e nipote daranno vita a un'associazione a delinquere capace prima di unirli per poi vederli divisi su posizioni contrapposte.

 

Blockbuster curato in ogni piccolo dettaglio capace di riprendere, costumi, locations e somiglianza fra cast e reali protagonisti, per dare vita a una pellicola che, come nel caso dell'ultimo sforzo di Scorsese (The Irishman; 2019), varca ampiamente le tre ore di durata che ne rappresentano il limite, perché capaci di destabilizzare lo spettatore.

 

Film che quindi piacerà a chi apprezza le vicende storiche imbevute di drammaticità con due fra i protagonisti più iconici del cinema sia di Scorsese, sia mondiali di ieri (De Niro) che di oggi (DiCaprio). Apprezzata meno da chi non riesce a vedere pellicole dalla durata eccessiva.

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