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Liberate i pesci

Regia di Cristina Comencini vedi scheda film

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La recensione su Liberate i pesci

di EightAndHalf
6 stelle

L'arte e la cultura italiane sottendono traffici illeciti tipicamente meridionali; la famiglia italiana vede incroci confusi di mariti, ex-mariti, figli naturali, adottivi, figli ancora da fare, figli che devono nascere, nonni, amanti; il futuro dei giovani è povero e privo di speranze, se non costruito sul terrore e sull'illegalità. L'Italia di Liberate i pesci è una macchia indistinta di caratteri sparsi, confusi in trame complesse ed articolate alle quali sono asserviti e nelle quali sono consumati. Con un'ironia sagace ed efficace, che non si traduce mai in sarcasmo graffiante ma sfiora la barzelletta, Cristina Comencini elabora una coralità con la sveltezza della battuta pronta, con cliché che non si prendono sul serio, con consapevolezze di fondo che non si mettono in dubbio ma che restano al fondo di un complesso acquario italiano privo di ordine. Le si intravedono a fatica fra i pesci boccheggianti di italiani confusi, incapaci di liberarsi gli uni degli altri se non con la finzione estrema della morte, e che magari finiranno per essere cucinati "con gli occhi vivi", come dice un Michele Placido mafioso al figlio che ha appena messo in cinta la figlia del fratello della sua amante. I personaggi sono così troppo limitati da una trama "esplicitamente" declamatoria, non semplicemente critica (e questo è un bene), ma decisamente evidente, nelle sue generalizzazioni e nelle sue tragicomiche amenità. I personaggi più assurdi e più "macchiettistici", però, dovrebbero ricordarsi gli sceneggiatori (c'è tra loro anche Gennaro Nunziante), devono poter anche essere amati (o odiati), perseguendo le regole base della coralità, che sennò rischia di essere fine a sé stessa. Qui l'utilità "intellettuale" e sociale del film è palese, viene sbattuta in faccia, tanto che questo influenza assai il ritmo. E la Comencini, come lo spettatore, si compiace di questi astrusi passaggi familiari, e aggiunge farsa alla farsa, divertendo pure. Ma non illumina, non trasmette davvero, si fa utilizzare per quell'ora e mezza di durata, e lascia un sapore più dolce che agro e che si dimenticherà presto della famiglia, della cultura, degli scontri generazionali, e farà ricordare solo il caos irrazionale e la confusione, tra canti miracolanti e trulli al posto di piramidi. Quello della figlia d'arte Comencini è un caotico e grossolano sguardo su un'Italia grossolana, seppur con un futuro accettabile e su cui si può realizzare un compromesso.
C'è proprio compromesso, infatti, in questa frizzante commedia di costume, che pesca in personaggi mai troppo buoni né troppi cattivi, ma fin troppo raramente "veri". Resta il fatto, però, che è un cinema italiano brillante e importante, che serve a ricordarci come ancora sappiamo parlare di noi stessi ridendoci addosso. Anche al prezzo di risate grossolane. 
Non è perché sia serio e non divertente, ma sicuramente A casa nostra del 2006, della sorella Francesca, all'interno del genere corale del moderno cinema italiano, pur non essendo epocale, sarà un film assai più maturo e complesso, di un'amarezza che sa però compiacersi, come qui, della coralità. Lì però la sagacia sarà affiancata a un necessario equilibrio, che in Liberati i pesci, nonostante la ottima direzione degli attori, è purtroppo assente.

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