Queens (New York), 1980. il dodicenne Paul Graff vive in una famiglia democratica dalla forte tradizione ebraica, i suoi vorrebbero fosse più concreto concentrandosi sul futuro prossimo, scuola - college e poi lavoro, ma lui segue solo i consigli del nonno materno (un immenso Anthony Hopkins), che lo spinge a essere una persona retta dai sani valori civici senza rinunciare ai propri sogni, come quello di seguire la sua grande vocazione artistica, diventare un pittore. Nel frattempo fa la conoscenza di un ragazzo afroamericano che diviene da subito il suo migliore, nonche' unico, amico. Poco inclini a seguire regole prestabilite si metteranno nei guai spesso e volentieri. Solo il nonno potrà riportarlo sulla retta via.
Uscito quasi in contemporanea con il "The Fabelmans" di Spielberg, entrambi film di formazione - quelli del "coming of age" - del suo dirimpettaio e' sicuramente meno sognatore ma più pragmatico, con meno virtuosismi ma dalla messa in scena solida. Per dirla breve ho preferito quest'ultimo, un buon lavoro quello del regista James Gray, che descrive un'era che personalmente sento molto più vicina: dalla società classista, e in larga parte razzista, all'imminente avvento della presidenza Reagan, fatto storico che per molti americani non fu vissuto positivamente. Un film che parla ovviamente anche ai nostri tempi, d'altronde i cambiamenti culturali negli ultimi quarant'anni non sono cosí evidenti. Ben diretti tutti gli interpreti dove come sempre giganteggia Anthony Hopkins, doppiato in lingua italiana per l'ultima volta dal compianto Dario Penne, morto qualche prima dell'uscita del film.
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