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Ludwig

Regia di Luchino Visconti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ludwig

di Dany9007
8 stelle

Capitolo conclusivo della cosiddetta “trilogia tedesca” di Visconti, rappresenta un’opera davvero monumentale. Dalla durata da kolossal, agli sfarzi della bellissima fotografia di Armando Nannuzzi per non parlare di quelli scenografici in cui si sviluppa la vicenda, o gli elegantissimi costumi dei protagonisti, si viene quindi introdotti in un mondo quasi fatato, proprio come il contesto che il triste protagonista della vicenda aveva cercato di creare per sé stesso. La vicenda che ci viene raccontata è un incredibile commistione di ingenuità, malinconia, follia e tragedia. INGENUITA’: Il diciottenne Ludwig prende le redini di un regno di cui riesce a valutare gli aspetti più idealisti e romantici, con una passione sconfinata verso Richard Wagner, del quale emerge la vera personalità, cinica e materialista tanto da sfruttare l’ingenuità e la reale devozione che il sovrano nutre nei suoi confronti per mantenere un tenore di vita sfarzoso e ripagare ingenti debiti contratti negli anni, esigendo somme di denaro sempre più clamorose mascherandole dietro a false esigenze creative. Le richieste del compositore sono talmente insistenti ed esose dall’interessare direttamente il governo bavarese ed avere ricadute persino sulla popolazione che non accetta di vedere denaro pubblico sperperato in tal modo. Altrettanto idealista e romantica è la passione del sovrano nei confronti della cugina Sissi, che ritiene un’anima gemella ma va a scontrarsi con il pragmatismo delle esigenze reali, quando lei lo spinge a fidanzarsi con sua sorella Sophie. MALINCONIA: L’amicizia tradita da parte di Wagner e il distacco di Sissi fanno presto cadere il sovrano in una spirale di solitudine e di alienazione: Visconti tratteggia in modo accorato questo giovane re, racchiuso in un mondo di favole, tra giochi d’acqua e di luce fiabeschi, mentre fuori imperversano i doveri della gestione di un regno o persino di un conflitto bellico di cui non si interessa minimamente. Anche l’effettivo fidanzamento con Sophie non sortisce alcun buon esito, facendo anzi emergere l’omossessualità di Ludwig che però non trova una strada serena e anzi non accetta. FOLLIA: in uno stato di evidende declino fisico Ludwig è ormai sempre più solo e disorientato. Trova sfogo in un frenetico impeto creativo, con la costruzione di castelli sfarzosi e dagli stili più personali, quello di Neuschwastein rimane ancora oggi un esempio tra i più eclettici al mondo. Naturalmente il bilancio dello stato risente sempre più sia delle decisioni scellerate del sovrano, con i suoi progetti faraonici, che dell’assenza di qualunque guida amministrativa della nazione, difatti Ludwig vive in una totale solitudine (arriva a farsi negare persino alla cugina Sissi). Una commissione governativa decide quindi di deporre il sovrano quale infermo mentalmente,  il quale, in un rigurgito di autorità, ne farà brevemente arrestare tutti i rappresentanti, venuti al castello per comunicargli la decisione. Dopodiché, sempre più stanco e deluso, accetterà la scelta della commissione salvo, in capo a qualche giorno, suicidarsi nel lago di Starnberg, coinvolgendo in questo gesto anche lo psichiatra che stava seguendo gli sviluppi della patologia nel sovrano. Senza voler fare paragoni forzati, la sontuosità e la bellezza scenografica con cui Visconti filma i suoi personaggi ed i luoghi (con degli interni che lasciano veramente senza fiato) sembrano quasi anticipare i risultati con cui Kubrick filmò Barry Lyndon. È peraltro da evidenziare che questa attenzione allo sfarzo ed alla ricostruzione storica, non è un tripudio fine a sé stesso, quanto una realistica ricostruzione del gigantismo di cui Ludwig fu artefice nell’ultima fase della sua vita. Helmut Berger, truccato in modo tale da avere una somiglianza straordinaria personaggio reale, sa dare anche grande spazio alla sofferenza del sovrano, difficile non provare empatia nei confronti di un soggetto folle da una parte ma estremamente ingenuo (vedi la spietata strategia di Wagner e della sua amante che letteralmente spremono le casse del regno per soddisfare la loro vita fastosa), fino ad una mutazione anche fisica sempre più trasandata e vittima della propria fragilità. Di una bellezza disarmante Romy Schneider nel ruolo della cugina Elisabeth (Sissi) che per una volta viene ritratta senza patinature da ricostruzione di maniera, ma anch’essa con delle precise caratteristiche che la rendono più coerente al suo personaggio storico. Per contro, non è facile sostenere ben 4 ore di episodi soprattutto “intimi” di questo personaggio, che ha sicuramente un fascino notevole ma è altrettanto vero che il suo percorso è privo di episodi che possono farne un protagonista della Storia, per cui, nella seconda parte soprattutto, si rischia di perdersi un po’ troppo nella magniloquenza del contesto senza un ritmo particolarmente brillante.  

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