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Lettera a Franco

Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film

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La recensione su Lettera a Franco

di alan smithee
4 stelle

TFF 37 - FESTA MOBILE

Il ritorno in patria dell'acclamato regista Alejandro Amenabar, corrisponde con la trattazione di una storia che rievoca gli eventi che, nel 1936, condussero alla sanguinosa guerra civile che portò al potere Franco e la sua dittatura.

Il film evita tuttavia alcuna discesa in campo, al centro di un'azione che rientra le pagine più drammatiche della recente storia civile spagnola, ma ne racconta le premesse e le fasi teoriche attraverso l'atteggiamento risoluto che anima il comportamento e la reazione di uno delle più illustri e preparate menti del periodo, che si concentra nella figura da intellettuale, politico e scrittore, nonché rettore dell'Università di Salamanca, di Miguel de Unamuno.

Un personaggio limpido ed orgoglioso, che decide di andare dritto per la sua strada, senza scendere ai biechi compromessi che molti colleghi scelsero di cavalcare per non compromettersi, attorno ad un ambiente sempre più assolutista e dittatoriale, ove chi non accondiscende, merita di essere messo al confino o eliminato come nemico del regime.

Amenàbar si concentra sul dualismo che vede confrontarsi ed affrontarsi ad armi impari il de Unamuno puro e impavido, ed il dittatore portatore del verbo, scegliendo anche di estendere il suo racconto in modo da coinvolgere ambienti e personaggi della famiglia di uno, e pure dell'altro individuo, quasi a cercare di rendere più introspettiva la costruzione dei personaggi.

Ne deriva un progetto impeccabile e elegante, frutto di una ricostruzione storica impegnativa e affrontata con l'impegno e la profondità di chi vuole andare a fondo nella ricerca e nella rappresentazione di un passato nemmeno troppo lontano.

Tutto perfetto, ma anche quasi tutto senza anima, senza che una scintilla sia mai in grado di fornire ad uno spettatore dapprima un po' impaziente, e poi spazientito, di  provare un qualcosa che assomigli ad una emozione o ad un palpito in grado di ridestarlo da un torpore che tanto mestiere senza reale coinvolgimento, riesce mai a provocare.

Amenàbar scende in campo curandosi anche dell'apporto musicale, soffermandosi con dovizia di particolari su costumi e particolari d'interni che non fanno altro che rendere asettica una vicenda che avrebbe bisogno di sporcarsi un po' le mani e di uscire dalla mera teoria, per tuffarsi nelle strade, tra il volgo, anziché perdersi tra i corsetti e le tazzine da the di una famiglia amorevole che si chiude a riccio sul nostro risoluto, coraggioso e sacrificale protagonista.

Per quanto attiene alla scelta degli interpreti, a partire dal protagonista, reso con rigore dall'attore da noi poco noto Karra Elejalde) anche costoro, funzionali e professionali come il prodotto finito impeccabile che contribuiscono a portare a termine, non riescono mai a fornirci quel guizzo emozionale, o tradurci quel pathos rivitalizzante che una storia così forte pareva lecito fosse in grado di tradursi ben più naturalmente in immagini concrete e piene di vita. 

 

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