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La strada dei Samouni

Regia di Stefano Savona vedi scheda film

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La recensione su La strada dei Samouni

di alan smithee
5 stelle

FESTIVAL DI CANNES 2018 - QUINZAINE DES REALISATEURS - PREMIO GIURIA ECUMENICA

In una delle polveriere più incandescenti del pianeta, quella fatidica striscia di terra nota col nome di Gaza, che, per un tratto separa Israele dal mare, e è rivendicata  da Hamas come parte integrante dello Stato della Palestina, e per questo in perenne conflitto con Israele che invece considera il gruppo di Hamas una organizzazione di stampo terroristico - chi ne paga pesantemente le conseguenze, è il popolo che si trova a convivere in quelle zone.

Un'area dal clima benevolo, dalla vegetazione prospera, almeno una volta risolto il problema della scarsità d'acqua, e dunque di fatto culla ideale per accogliere genti, non fosse per gli scontri e le infinite contese civili, ed in grado di riservare condizioni naturali di vita più che accettabili.

Nel 2009, una serie di bombardamenti da parte di Israele, tristemente soprannominati "Operazione Piombo fuso", effettuati per eliminare postazioni militari antiaeree di Hamas, a loro detta strategicamente collocate vicino ad insediamenti urbani cruciali come ospedali e scuole, di fatto si tradusse in una strage di civili senza precedenti.

Il regista Stefano Savona, ha raccolto materiale risalente a quegli anni sino ad oggi, in concomitanza del rientro in terra natia dei giovani sopravvissuti di una famiglia del posto, i Samouni, a cui quel bombardamento sterminò quasi la famiglia: quasi trenta morti tra di loro.

I giovani, nel ritrovare la terra del passato, le case diroccate, gli alberi da frutto piantati dai genitori o dai nonni morti nel conflitto, cercano di riconciliarsi con un passato che per ora comunica ed emana solo ricordi di morte violenta e sangue versato senza un motivo plausibile od accettabile.

C'è spazio per interviste, o meglio vere e proprie riflessioni e considerazioni, in cui i sopravvissuti si perdono, in bilico tra nostalgia e orgoglio di ricostruzione, in nome di chi non c'è più.

E poi c'è la parte dedicata alla narrazione dei fatti, per la quale manca quasi ogni documentazione filmata: per questo Savona ha avuto la felice idea di ricorrere alla matita coinvolgente e penetrante di Simone Massi, che con un bianco e nero dalle svariate tonalità cangianti, cerca di recuperare l'azione dei fatti e misfatti, ricostruendo episodi nel modo più fedele rispetto ai racconti dei pochi che sono riusciti a salvarsi.

Savona si concentra sui bambini, sui giovani in generale, speranza di un futuro che, stante i fatti occorsi nell'ultimo decennio, non potrà che migliorare e, ce lo auguriamo tutti, volgere ad una soluzione pacifica e condivisa.

L'argomento è forte, meritevole del massimo rispetto e di ogni più doverosa considerazione; la tecnica cinematografica utilizzata, che alterna il documento filmato anzitempo all'animazione descrittiva di ogni occasione di azione ed accadimento altrimenti non reperibile, sicuramente originale e interessante.

Tuttavia, nonostante le migliori intenzioni, ingegno e l'illustre presenza di uno dei disegnatori più convincenti dell'ultimo periodo, La strada dei Samouni non riesce tuttavia ad entrare, a mio avviso, con prepotenza e la forza che ci si sarebbe aspettati, nel cuore e nella mente dello spettatore, che rimane certo colpito dalla tragica storia che affrontano i giovani sopravvissuti una volta rientrati in possesso di ciò che, di materiale, rimane ancora della propria sfortunata stirpe, ma forse non proprio travolto dalla tragica epopea.

Le motivazioni di questo mancato trasporto epidermico, di questo pathos appena intuito, forse risiedono nella circostanza che la pellicola si ritrova un po' eccessivamente costretta e sballottata avanti ed indietro da un resoconto inevitabilmente scomposto e poco omogeneo, oltre che sin troppo reiterato a livello di tempistiche.  

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