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Days of Being Wild

Regia di Wong Kar-wai vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Days of Being Wild

di DeathCross
9 stelle

Secondo lungometraggio diretto da Wong Kar-Wai, "Ah Fei jing juen" (secondo en.wikipedia traducibile letteralmente con 'True story of a hooligan') apre una trilogia ideale proseguita poi con "Fa yeung nin wah" (In the mood for love) e conclusa con "2046".
Visto ad una proiezione all'aperto, purtroppo con una coppia di imbecilli intenta a parlare per tutto il film e per di più manco apprezzandolo (cosa che ha rovinato in parte il mio godimento per l'Opera causando funesti pensieri omicidi), pur non entrando forse tra i miei preferiti 'sicuri' del Sestetto di Titoli di Wong proposti nella rassegna cinematografica da me vista (in realtà questo è stato inserito in un altro ciclo di proiezioni, ma il succo non cambia), anche questo "Ah Fei jing juen" consolida l'apprezzamento istantaneo che ho maturato per l'Autore hongkonghese. In particolare, se "Wong Gok ka moon" (As Tears Go By) l'estetica del Cineasta stentava a riconoscersi dando l'idea di una mano ancora parecchio acerba (non per questo però scadente, anzi), qui il suo Stile e la sua Poetica iniziano a farsi sentire con maggior nitidezza, incominciando dalla Colonna Sonora, con una selezione di brani eterogenea, fondendo tonalità struggenti a sfumature 'esotiche', tutte permeate da un senso di dolcezza velata da malinconia e montate con una precisione stupenda su Immagini (riprese spesso in piano sequenza) di vario tipo, da paesaggi naturali a personaggi impegnati in azioni prevalentemente solitarie, come il ballo di Yuddy (un disperato, rabbioso e intenso Leslie Cheung) in mutande e canottiera davanti allo specchio o l'epilogo narrativamente 'sbagliatissimo' ma stilisticamente stupendo in cui un non specificato 'gambler' (interpretato silenziosamente da Tony Chiu-Wai Leung) mai visto in precedenza si prepara per uscire dal suo appartamento.
Importante, come sarà in "Fa yeung nin wah", è il ruolo degli Orologi e dell'ora, richiamati in vari dialoghi e ripresi continuamente, suscitando inevitabili riflessioni sul Tempo che passa e sulla Storia, incarnati entrambi nella scelta di ambientare le vicende narrate nel passato (i primissimi anni '60) rispetto alla realizzazione dell'Opera (distribuita nel 1990). Col Tempo non si può non pensare anche all'idea della Morte, alla sua attesa e/o al desiderio di fuggire, almeno mentalmente, da essa cercando stimoli di Vita che, però, nascondono germi di Tristezza.
Tutti questi spunti si riuniscono nelle tipologie di Amore osservate nel Film, attraverso un mosaico squisitamente corale di narrazioni e storie creando un continuo e incessante intrecciarsi e sciogliersi di destini umani in cui però la felicità 'hollywoodiana' di una relazione serena non ha spazio per svilupparsi, per nessuno dei personaggi coinvolti. Insomma, storie d'Amore che finiscono, lasciando un senso di Solitudine e sottile ma penetrante Malessere esistenziale, come spesso accadrà nel Cinema di Wong Kar-Wai.
Chiudo qui queste riflessioni (un po' più 'stanche' rispetto alle precedenti) post-prima visione sperando di approfondire presto, probabilmente tramite home video, il resto della Filmografia di Wong Kar-Wai e magari rivedere anche alcuni dei Titoli che mi hanno fatto 'innamorare' della sua Poetica, approfittando forse già della loro imminente riproposizione su Grande Schermo e all'aperto.

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