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Homeboy. Ragazzo di famiglia

Regia di Michael Seresin vedi scheda film

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Eric Draven

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La recensione su Homeboy. Ragazzo di famiglia

di Eric Draven
7 stelle

 

di Stefano Falotico

 

Il ring(hiante) rabbioso... l’anima brada romanticissima di un loner man ai bordi della sua riva esistenziale

 

Johnny Walker, freak d’una fantasmatica città, forse “immaginaria”, accasciata nel buio mistico degl’impietriti uomini in doppio petto. Lui fischietta l’amarezza “marcia” fra labbra anestetizzate dinanzi alle vite orripilanti e senescenti dei morti, quelli che “vincono” contrabbandando la dignità in cambio di fallace e caudina morbidezza danarosa futile.

Non si svende, Johnny, che invece sogna le carezze asciuganti i lividi della sua anima lacerata, morsa da una vita asfittica che, con le sue castiganti regole crudeli, graffianti impunemente e tristemente ammansenti il cavaliere che sei dentro, soggiogandoti al “rettilineo” delle “dritte” vi(t)e “giuste”, castra l’indole dei guerrieri puri. Dei lottatori sfrenati, soprattutto inneggianti vitalità immensa nel proprio sangue viv(id)o che un tempo bramava enormi sogni che or sembrano esser sfumati dall’opalescenza mortificante della condizione umana, cattiva e lapidaria come uno squartamento ferino al tuo cuor mai domo. Il cuore di un leone che dormicchia, si allena fra ire solitarie sputanti l’aroma affranto d’un grande amore però ancora più grande della stessa vita, la vita (dis)illusa, sbriciolata, macellata da chi “agguantò” i tuoi guantoni solo per sfruttar un po’ il tuo talento e poi lasciarti marcire nel rivolo languido del tuo melanconico barcamenarti arrancante, sterilizzato per troppe ammaccature alla tua anima, afflitta da un invisibile dolore “a pelle”, sdrucita nella tua coriacea, (in)distruttibile, testarda faccia di cuoio. Eppur sudi, sputi voglia di donna e fuga impossibile. Vivila, vola via!

Ma un’altra sanguisuga è lì a fiutar l’occasione per usarti come carne da macello, ti getta fumo negli occhi, Johnny, ti vuol far credere che puoi ancora vincere e buttar al tappeto innanzitutto la tua “codardia”.

No, non sei un vigliacco, ma un coraggioso, uno che non vuole morire sul ring soltanto per quattro spiccioli corrotti.

 

E ti sei innamorato d’una donna che sta al parco giochi, entrambi fanciulli di un’era (e)stinta.

Anime che rivendicano la libertaria voglia di selvatica lindezza.

Stai lì, maschera addolorata e (rim)piangente, posseduto però d’aneliti portentosi della schizzante bellezza tua inimmaginabile e intimissima, seduto su una panchina, “ergastolano” nel rimuginare tutti i pugni dei suoi trascorsi “cialtroni” da rissaiolo, un po’ barfly-ubriacone e forse mai davvero guascone, d’indole malinconica dondolante di qua e di là per non immischiarti fino in fondo alla vita sociale che a te schifa proprio e t’appare solo un putridissimo, orrido manicomio di false e (de)nutrenti ambizioni logoranti quanto inutili e pian piano assassinanti l’anima.
È tutto un sogno, una ballata fra due innamorati invaghiti della magia delle stelle, del plenilunio ardente in lor cuori un(i)ti in abrasione dal furioso mordente, il bacio levigante della vita tonante all’unica virtù davvero importante, la tonalità della propria innata, turb(in)ante libertà (im)mortale.
E sfumerà...

Questa è poesia, questo è un grande film incompreso!

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