Regia di Francesco Nuti vedi scheda film
Nuti bissa il successo commerciale ottenuto con “Caruso Pascoski” con un'altra storia a sfondo psicoanalitico ben bilanciata dalla consueta verve comico-surreale dell'attore-regista pratese. I personaggi secondari restano però delle mere macchiette. VOTO: 6
Il Francesco Nuti più ispirato, quello della seconda metà degli anni '80, porta in scena un'interessante storia scritta a quattro mani con Giovanni Veronesi. È la storia del Willy Signori del titolo (lo stesso Nuti, manco a dirlo), di Lucia (un'eccellente Isabella Ferrari, anch'essa probabilmente nel periodo clou della carriera), ma soprattutto di una sorta di relazione amore-odio nata dai sensi di colpa del primo. E qui Nuti dimostra grande intelligenza nel non trasformare un dramma a sfondo psicoanalitico in un polpettone indigesto, bilanciando il tema di fondo della pellicola con i suoi consueti tocchi di comicità surreale. E trattandosi di Nuti direi che il discorso vale in entrambe le direzioni, giacché un fulcro 'serio' serve a sua volta a tenere a bada gli eccessi di cui troppe volte è caduto vittima nei suoi film. Certo non tutto quel che riluce è oro e anche questo “Willy Signori e vengo da lontano“ è lungi dall'essere un capolavoro o anche solo un film pienamente riuscito. L'attenzione e cura dedicate al personaggio principale, cioè a se stesso, sono infatti infinitamente superiori a quelle dedicate al resto dei personaggi, difetto questo comune a tutte le opere dell'attore-regista pratese, con questi ultimi che risultano in ultima analisi poco più che macchiette. Ad ogni modo, fu questo un enorme successo commerciale, chiudendo addirittura sesto nel Box Office stagionale. Una curiosità, leggo nei titoli, Ferzan Özpetek è qui aiutoregista, non sapevo -ne avrei mai immaginato- che avesse iniziato a fare cinema con Nuti.
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