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Il prigioniero coreano

Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film

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La recensione su Il prigioniero coreano

di noodless94
10 stelle

Ci sono poche parole per descrivere questo film, e una di queste è capolavoro.

In un paese lontano, e con una storia passata e recente molto complicata, fornire chiare osservazioni e opinioni è veramente molto difficile. Lo è, a maggior ragione, quando i mass media hanno fornito una copertura mediatica importante e massiccia su una determinata questione, quale, per esempio, la Corea del Nord, divenuta, negli ultimi anni, uno dei principali argomenti dell'agenda giornalistica. 

Tuttavia, fatti molto recenti, ci offrono la possibilità di vedere il film sotto punti di vista e d'influenza molto diversi. C'è in particolar modo una data, molto recente, che è il punto di margine tra queste due visioni del film. La data in questione è il 27 aprile 2018, cioè appena 6 giorni fa, quando Kim jong-un, presidente (si fa per dire) della Corea del Nord, ha incontrato il suo opposto, Moon Jae-In, in una zona delimitarizzata, per iniziare quel processo di pace che, dal lontano 1953, è rimasto a lungo un miraggio per la penisola asiatica. Insieme a questo storico momento, anche la partecipazione congiunta delle due Coree all'ultima olimpiade invernale tenutasi, guarda caso, in Corea Del Sud, sono chiari segni di distensione, per una regione che nell'ultimo anno ha sfiorato più volte il conflitto. 

 

Lungi da me è voler fare una recensione prettamente geopolitica, ma gli eventi dell'ultimo periodo sono diventati fondamentali per dare una nuova visione al film, ora che, come detto sopra, la questione sembra aver raggiunto un clima di distensione. 

 

Il film racconta la storia di Nam Chul-woo, povero pescatore nord coreano, che nella barca ha la sua unica proprietà. Ed è proprio quest'ultima a fornire il sostentamento necessario alla sua famiglia, composta dalla moglie e dalla piccola figlia di soli 7 anni. Ogni mattina, in un clima grigio e cupo, Nam Chul-woo si sveglia prima dell'alba per andare a pescare. Ogni qual volta, dal momento che la sua piccola abitazione si trova al confine con la Corea del sud, deve passare i controlli militari che lo separano dal lago in cui è ferma la sua barca. 

Una mattina, quando la rete da pesca resta impigliata nel motore, Nam Chul-woo, costretto ad accellerare per rompere i fili, perde il motore e il controllo della sua barca. Deciso a non perdere l'unico strumento in grado di far sopravvivere lui e la sua famiglia, il pescatore si dirige verso la Corea del sud, dove viene subito arrestato e portato nella mastodontica Seul. 

La palpabile differenza fra i due paesi, che già era stata evidenziata dalle armi dei soldati (di produzione russa quelli del nord, di produzione statunitense quelle del sud), viene messa ancor più in vista dalla grandezza di Seul. Nam Chul-Woo, che sa bene cosa gli accadrà qualora dovesse tornare nel suo paese, chiude gli occhi e decide di non vedere. 

Una volta arrivato al commissariato, e interrogato, il film cambia prospettiva, passando da quella che sembrava essere una critica al feroce regime nord coreano, a una pesante critica alla tanto venerata democrazia sud coreana, che mostra tutti i suoi limiti e i suoi difetti.

Durante l'interrogatorio, una guardia particolarmente nazionalista, cerca in tutti i modi di dimostrare che il pescatore sia una spia del nord. Inoltre, accusato di aver subito il lavaggio del cervello, Nam Chul-woo, viene costretto a girovagare per Seul con l'obiettivo di cambiare idea sul suo paese. 

Quello che il pescatore vede, è un paese di consumisti, di capitalisti che pensano solo ai loro interessi, dove, seppur vi è abbondanza di soldi, di cibo e di libertà, la gente non è per niente felice. 

 

Nam Chul-woo, libero di girare per Seul, proprio come nei piani per fare in modo che cambi idea e che rimanga in un paese libero, in un processo simili ai tanto disprezzati lavaggi di cervello che la Corea del nord attua verso il suo popolo, incontra tutta la malvagità, l'inutilità e lo spreco di una città tanto piena di persone quanto vuota di umanità. 

Dopo aver soccorso una ragazza da un pestaggio di due uomini, aver scoperto che lei vende il suo corpo per poter mandare i soldi alla madre e al fratello, che studia per entrare nell'università, Nam Chul-woo ritorna nuovamente dalla sua "guardia del corpo" verso cui, senza mezzi termini, rivolge parole spietate nei confronti del paese di quest'ultimo: 

 

"Qua c'è libertà, c'è ricchezza, ma non tutti sono ricchi.

Tutti possiedono un iphone, un computer portatile, e poi

nelle strade chiunque getta il cibo per terra. 

C'è uno spreco incredibile, sarebbe tutto più semplice 

se gli altri evitassero di comportarsi così."

 

Finito il giro a Seul, Nam Chul-woo riprende l'interrogatorio, per ottenere l'unico obiettivo che realmente gli interessa, ovvero quello di ritornare dalla sua famiglia. 

Dopo la violenza subita dalla guardia nazionalista, Nam Chul-woo viene finalmente liberato e accolto come un eroe in Corea del nord. 

Tuttavia egli stesso sa che la sua vita è cambiata e non sarà più la stessa. 

Ritornato in patria, viene nuovamente interrogato su ciò che ha visto e ha detto durante la sua prigionia nel sud. Supportata qualsiasi angheria, come precedentemente aveva fatto dall'altra parte del confine, con l'unico obiettivo, sempre lo stesso, di tornare da sua moglie e sua figlia, Nam Chul-woo, viene finalmente liberato. 

Quando ritorna a casa però, dopo tutto il male subito, egli è incapace anche di avere un rapporto sereno con la sua famiglia, l'unico punto di riferimento che ormai gli era rimasto. Impossibiltato a usare la sua barca, Nam Chul-woo si oppone con forza all'indole malvagia e tirannica del suo stato, manifestando tutta la sua rabbia e la sua voglia di avere diritti e di essere tutelato. 

 

 

Un capolavoro del cinema contemporaneo, nel quale Kim Ki-Duk, del quale dovrò assolutamente recuperare gli altri film, ci fornisce la sua visione di uno dei punti più caldi e problematici del mondo. 

Tutto ciò che accade lungo il parallelo 38, è qualcosa di inimmaginabile, qualcosa che noi occidentali moderni abbiamo solamente letto nei libri di storia. 

Da sud coreano, Kim Ki-Duk non si lascia però trasportare dal naturale (o forse no) odio verso il paese confinante, e mette in luce anche i problemi e i difetti della sua nazione, ormai preda del capitalismo efferato e del consumismo sfrenato. 

Nella figura di Nam Chul-woo, si evince la speranza che un giorno (forse non troppo lontano) le due coree riescano a superare i loro ancestrali ostacoli per la pace e la riunificazione, con l'obiettivo di fornire a tutti i cittadini pace, diritti e prosperità.

 

 

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