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Koyaanisqatsi

Regia di Godfrey Reggio vedi scheda film

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SredniVashtar

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La recensione su Koyaanisqatsi

di SredniVashtar
10 stelle

Volete un capolavoro, non solo della cinematografia? Eccolo.

A mio avviso, un capolavoro assoluto, di quelli da tenere in cineteca per dovere di completezza.

 

Il film rappresenta una tesi ben precisa: l’allontanamento dalla condizione di naturalità conduce allo sfasamento interiore della persona, a una vita fuori equilibrio ("koyaanisqatsi", in lingua hopi).

 

La tesi viene presentata in progressione, cioè a partire da paesaggi e fenomeni naturali, introducendo progressivamente il fattore umano, sia individuale che collettivo, per terminare con una carrellata delle più tipiche ed evidenti cause di alienazione (la congestione del traffico, l’urbanistica ad alveare, l’industria del divertimento ossessivo e obbligatorio…). La conclusione riporta tutto al singolo, incapace di orientarsi e difendersi in un mondo in cui gli stimoli sembrano costruiti ad arte per confonderlo e disperderlo in una massa indistinta, dalle istanze confuse e vaghe perché non focalizzate. Nella pellicola vi è insomma un'alternanza ben calibrata tra la solitudine individuale e i comportamenti sociali che la determinano, illustrati nella loro grottesca ripetitività e vacuità.

La scena finale racchiude il destino di questo modo di vivere, in una sequenza che simboleggia il fallimento tecnologico della modernità (se fallisce anche la tecnologia, fiore all’occhiello dei nostri tempi, cosa resta?).

 

L'escamotage tecnico più utilizzato è l'uso dello zoom, che sovrappone sul medesimo piano accadimenti in realtà più distanti (i bagnanti con la centrale nucleare sullo sfondo, il traffico aereo che si interseca con quello stradale...), con un effetto "di incombenza" più psicologico che fisico, che riequilibra l'eccessiva "località" delle nostre percezioni (ciò che non vediamo non esiste). L'altro trucco, semplice ma adatto a rendere la schizofrenia che ci circonda, è l'accelerazione di alcune sequenze (la resa da formicaio del traffico sulle street e avenue di New York, all'alternarsi dei semafori, e i flussi di traffico sulle highway di Los Angeles).

 

Koyaanisqatsi è il primo film di una trilogia, ma per onestà devo ammettere che non ho visto le due fatiche successive di Godfrey Reggio. Tuttavia è un film/documentario che si regge benissimo in piedi da solo, conchiuso nella sua perfezione formale e nella potenza delle suggestioni che presenta. Va doverosamente detto che il 50% del merito del film è da ascrivere alla colonna sonora di Philip Glass, totalmente dedicata e sincronizzata con le immagini.

 

Il lavoro è del 1983 (o dell'82, non è chiaro) ma, a parte qualche possibile (e comunque niente affatto necessario) “aggiornamento tecnico” su ciò che caratterizza la vita contemporanea (auto, aerei e macchinari sono ovviamente quelli dell’epoca, non ci sono telefonini o pc), rimane attualissimo, come un saggio di Zygmunt Bauman sulla liquidità della società e la solitudine dell’individuo.

 

Ne renderei obbligatoria la visione in tutte le scuole.

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