Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Clint Eastwood si cimenta in un omaggio a quel mondo della frontiera che ha tanto amato, sottolineando come quei semplici valori che la reggevano erano ormai tristemente in via di estinzione nell'America contemporanea.
Siamo nel 1980 e Clint Eastwood, già icona del cinema -western prima, poliziesco poi- non era ancora il grandissimo regista capace di regalarci a partire dagli anni '90 capolavori in serie. Eppure anche questo “Bronco Billy”, che certo non può essere classificato tra i suoi lavori migliori, possiede una suo buona dose di fascino. Semplice è la trama, con un wanna-be cowboy e la sua scalcagnata gang di sodali che se ne vanno in giro per l'America mostrando a tutti (o meglio: a pochissimi, visto che la cosa aveva smesso di interessare da un pezzo) il vecchio wild west fatto di pellerossa, visi pallidi e comunque gente tutta d'un pezzo. Ugualmente semplice è il messaggio che Clint cerca di convogliare attraverso il film: quei semplici valori che reggevano il mondo della frontiera, e per estensione gli Stetes, si stanno tristemente perdendo nell'America odierna. E anzi, alla luce di come vedeva le cose già 36 anni fa, non sorprende che nel 2016 il buon Clint abbia deciso di sostenere Trump nella corsa alla Casa Bianca. Lo ripeto, non siamo di fronte a grande cinema, ma resta comunque questo un film che mi sento di cosigliare. Notevole la scena del patetico tentativo di assalto al treno, preceduta peraltro dalla confessione di Bronco Billy sul suo passato che ben poco aveva a che fare con cowboys e grandi praterie.
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