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Il record - della follia - va forse al film Il conquistatore, girato nel 1956. Le riprese in esterni furono fatte in una location non molto distante da un luogo del Nevada dove il governo americano portava avanti i suoi esperimenti nucleari. Gli effetti non furono subito evidenti - niente a che vedere con una pistolettata sul set - ma bastarono pochi anni per rendere chiaro quanto l’intero set era stato esposto alle radiazioni. Già nel 1960 a Pedro Armendariz, uno degli interpreti principali, venne diagnosticato un tumore: quando apprese - nel 1963 - che era ormai allo stadio terminale si uccise. Il regista Dick Powell morì lo stesso anno di cancro. E negli anni ’70 avrebbero fatto la stessa fine John Wayne, Susan Hayward e Agnes Moorehead, gli altri interpreti principali, seguiti più avanti da John Hoyt. Delle 220 persone che erano state su quel set, 91 ebbero tumori e 46 morirono a causa di essi.

Oppure, se volete qualcosa di meno mediato e dilazionato nel tempo, prendete il caso dei Balenieri della Viking, del 1931: il film era quasi terminato ma il regista Varick Fressel, che stava girando con il cast e la troupe a bordo di una nave rompighiaccio, pensò che era bene fare qualche ripresa in più. A bordo del la nave c’era una grande quantità di esplosivo, usato proprio per rompere il ghiaccio… morirono in 27, regista compreso.

Sebbene questi siano certo casi diversi da quanto occorso pochi giorni fa - con grande risonanza mediatica - ad Alec Baldwin, serve a dare un’idea di quanto i set siano sempre stati luoghi pericolosi. Certo una volta ci si faceva meno caso: non vi fecero molto caso ad esempio gli spettatori di La mia vita per l’Irlanda, film di propaganda nazista del 1941. Erano tempi duri per tutti e il fatto che diverse comparse morirono saltando su una mina nel terreno, allora non era cosa che destasse più di tanto l’attenzione.

Però di morti ce ne sono state anche di recente. Veniamo agli ultimi dieci anni: durante le riprese di G.I. Joe: la vendetta con Bruce Willis e Dwayne Johnson, nel 2013, morì un membro della troupe sepolto da una piattaforma telescopica, mentre girando The Lone Ranger - quello stesso anno - un altro morì affogato mentre puliva un serbatoio alto 7 metri usato per le riprese subacquee. Sempre nel 2013 alcuni film furono sopesi per altri decessi accidentali, nel 2017 mentre veniva smontato un set del Blade Runner di Villeneuve morì un operaio e poco dopo sul set di Resident Evil: The Final Chapter prima la stunt Olivia Jackson si fece davvero tantissimo male e finì che le dovettero amputare un braccio, mentre poi un operatore, Ricardo Cornelius morì investito da un Hummer. Nel 2018 l’incidente mortale fu invece sul set di Deadpool 2, quando lo stunt John Bernecker cadde da oltre 6 metri su un pavimento di cemento.

Già gli stuntmen. Loro muoiono ovviamente a bizzeffe, di continuo. O si fanno comunque danni mostruosi. Come la controfigura di Daniel Radcliff in Harry Potter e i doni della morte, rimasto paraplegico. Ma qui la lista è impossibile: vi annoierebbe. La maggior parte degli incidenti vede coinvolti mezzi aerei o elicotteri che si schiantano al suolo o collidono tra di loro. Ma anche moto e auto hanno una bella responsabilità. Vabbe’ direte voi, che si facciano male quelli chiamati a entrare in gioco quando il gioco si fa duro, può anche avere un senso. Del resto si mettono a fare cose pericolose.

Il destino però è ecumenico e per tanto anche gli attori che rinunciano agli stunt vanno incontro a problemi non da poco. Il record forse spetta al buon vecchio Sylvester Stallone, uno che quando c’è da farsi male non si tira mai indietro (anche se Jackie Chan gli sta subito alle spalle). Cominciamo da Rambo, il primo film del 1982: Sly era ancora giovane. Non si tirò indietro, appunto, quando ci fu da girare tre volte l’epica scena in cui si lancia da una scogliera su degli alberi sottostanti. 

Si ruppe solo diverse costole. Nello stesso film poi quasi perse un pollice mettendo la mano su un innesco che stava per scoppiare.

Solo tre anni dopo, girando Rocky IV, Stallone e Dolph Lungren si accordarono decidendo che sarebbe stato più interessante che l’incontro tra Rambo e Ivan Drago fosse girato realisticamente, boxando sul ring. Be’ Stallone non finì “spiezzato in due” ma un giro in ospedale non se lo risparmiò: otto giorni in rianimazione dopo che un pugno di Ivan Drago al petto gli creò problemi al cuore, mandandolo con la pressione arteriosa alle stelle. Se pensate che sia finita qui vi sbagliate: nemmeno con gli anni Sly ha messo giudizio. Nel 2010 (e quindi a 64 anni), girando The Expendables, in una scena di volo con Steve Austin si fece male al collo e dovettero inserirgli chirurgicamente una placca metallica a sostegno. Ma anche in The Expandables 2 (dove tra l’altro morì una controfigura in un’esplosione di un gommone e un altro rimase per cinque ore sotto i ferri) sia Stallone sia Schwarzenegger ebbero incidenti da richiedere piccoli interventi chirurgici. Non c’è due senza tre: ed eccoci a The Expandables 3: altro giro, altra corsa in chirurgia per il nostro eroe, con placche metalliche inserite lungo la spina dorsale. Quella volta si fece male anche Banderas, ma poco, a un ginocchio. L’augurio è che non venga in mente a nessuno di girare The Expendables 4.

Però le cose non riguardano solo i film d’azione, con scene estreme: per dire, in Super Marios Bros, Bob Hosking è stato colpito 4 volte da armi da taglio, ha preso una tremenda scossa ed è quasi affogato. Poi si è pure rotto un dito quando gli hanno chiuso sulla mano la porta di un van.

Se poi si va a caccia di incidenti stupidi - e anche un po’ ridicoli - quello occorso a Channing Tatum sul set di The Eagle potrebbe farvi ridacchiare. La scena prevedeva che gli attori girassero a mollo in un fiume ghiacciato. Ovviamente però c’era il trucco: nelle mute stagne veniva versata acqua calda in modo che gli attori non sentissero freddo. Peccato che l’addetto si dimenticò di mescolare l’acqua bollente con quella del fiume: il povero Tatum riportò ustioni non severe proprio sulla punta del suo organo genitale.

Non so voi, ma io trovo particolarmente curioso, che Jim Caviezel, interprete di Nostro Signore nel sanguinolento film di Mel Gibson La Passione di Cristo sia stato particolarmente vessato: si è preso per sbaglio un paio di frustate vere che gli hanno lasciato cicatrici, poi portando la croce si è lussato una spalla, ha avuto un attacco di ipotermia e infine - ciliegina sulla torta - si è beccato anche un fulmine, un fulmine vero, dal cielo. Io qualche dubbio che forse non stavo facendo la cosa giusta a questo punto lo avrei avuto, lui no: è cattolicissimo (ed è anche diventato un seguace di QAnon in tempi recenti).

Mi fa anche molto strano quel che è successo sul set di Titanic. No, non faccio riferimento al fatto che Kate Winslet si sia presa la polmonite e sia quasi annegata, né che molte comparse si siano fatte malissimo girando la scena dell’affondamento della nave. No la cosa assurda è che 80 membri della crew - compreso l’attore Bill Paxton e il regista James Cameron - mangiarono una zuppa ai frutti di mare che era stata “speziata” con della “polvere d’angelo”, ovvero fenciclidina: un potente allucinogeno. Non ci furono per fortuna conseguenze gravi ma pare che quel giorno sul set le cose presero una piega davvero curiosa e Cameron ha raccontato che c’era gente che si lamentava mentre altri piangevano e altri ancora si rotolavano dalle risate. Lui fu “pugnalato” in viso con una penna e rimase lì, sanguinante e sghignazzante, incapace di capire cosa diavolo stesse succedendo. In quel caso - è vero - ci fu del dolo, anche se non si trovò mai il colpevole (ma i sospetti andarono su un tipo che era stato licenziato e che forse aveva così voluto vendicarsi). Tuttavia anche in questo caso è evidente che c’era un problema di sicurezza sul set.

Perché alla fine la questione è sempre quella: la sicurezza. Chiaramente se si gira su un set come quello del Grande ruggito, dove vennero usati 100 tra tigri e leoni feroci veri con risultati disastrosi (il claim del film fu: “in questo film nessun animale è stato ferito, ma 70 esseri umani sì…” e la giovane Melanie Griffith dovette essere sottoposta a una plastica facciale per le ferite riportate) parlare di sicurezza sembra fuori luogo, ma è sempre lì che si cade.

Nel consultare i materiali che mi hanno permesso di stilare questa lista - assolutamente parziale e resa breve solo per non stancarvi né impressionarvi troppo - la cosa paradossale è che spesso si legge una frase del tipo “in seguito a questo incidente furono rafforzate le misure di sicurezza sui set e vennero prese nuove misure”. Non è una frase sconosciuta. È una cosa che sentiamo dire sempre anche noi, quando una nuova morte sul lavoro viene raccontata dalla cronaca (un paio di settimane fa l’Inail ha contato le morti bianche nei primi otto mesi del 2021: sono state 772).

Mai più - si dice. Fino alla volta dopo.

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