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Mi avventuro in questo tema e non so dove andrò a parare. Provo a scrivere lo stesso: per vedere se mettendo giù le idee qualcosa si dipana e per chiedervi aiuto, davvero. Se parteciperete alla discussione leggendo e commentando la versione online di questo testo sul sito sicuramente ne verrà fuori qualcosa di interessante.
Il tema è strettamente legato all’attualità di cui tutti parlano: la odiosa faccenda delle violenze e delle molestie perpetrate dai famosi del mondo del cinema. Ma non voglio entrare nella polemica attuale, delle colpa degli uni e dei silenzi degli altri, delle attenuanti e delle pressioni e di tutto il resto. Non ora, non qui.
Quello invece di cui voglio parlarvi mi riguarda più da vicino. Perché nonostante non abbia per indole (e ora si spera anche per maturità) alcuna propensione a mettere chicchessia su un piedistallo, è rimasto coinvolto uno che stimavo molto. È Louis C.K. Il comico e autore americano, che ora è accusato da cinque donne di essersi masturbato davanti a loro, dopo aver chiesto di poterlo fare (una qualche differenza da quelli che aprono l’impermeabile la fa), forte però della sua posizione di potere indiretto, della sua notorietà e (parole sue) dell’ammirazione che esse avevano per lui.

Louis C.K.

Louie (2010): Louis C.K.


Probabilmente molti non lo conoscono o magari lo hanno solo incontrato in un video su facebook o su YouTube, magari sottotitolato, di un qualche suo sketch come standing comedian. Pochi minuti di uno sketch sicuramente non bastano a capirlo e a capire bene quel che dirò su di lui. Negli USA invece Louis C.K. è molto famoso: e non solo perché fa ridere, ma perché lo ha sin qui fatto in modo molto intelligente. A mio parere straordinariamente intelligente: di quell’intelligenza che spiazza perché ha un contenuto, anche importante. Alla fine i contenuti importanti ai miei occhi sono quelli etici. Uso questa parola pensandola: l’etica non è la morale. Non è un sistema misto di precetti, di condizionamenti, di abitudini. L’etica implica l’adesione: è etico solo ciò che profondamente, convintamente, ritengo tale. Ciò per cui mi schiero, ma anche - proprio per questo - ciò su cui devo esercitare il mio dubbio. Devo metterle alla prova le mie scelte, devo sempre testarle: devo dubitarne proprio perché sono io a sceglierle. Per questo penso che i contenuti etici siano centrali.
Ora l’intelligenza di Louis C.K. mi è quindi sempre parsa etica. Se avete visto la sua serie tv - Louie - lo sapete: non si può nemmeno definire una serie comica. È un oggetto filmico di un’onestà spiazzante: Louis C.K. racconta le giornate di un se stesso fittizio ma in realtà, e per forza, molto simile a se stesso. Lo fa senza abbellirsi, senza nascondersi: racconta se stesso e sembra non giudicarsi, per scelta, accettando così di mettere a nudo di sé lo sconveniente, il risibile, il ridicolo, ciò di cui ci si vergogna.
Ai miei occhi prendere le distanza dall’ego ha così valore che siccome tempo addietro negli ambienti di FilmTv rivista spesso si citava Clint Eastwood come “moral guidance”, io giocavo a dire che invece la moral guidance di FilmTv.it era Louis C.K. Pensate un po’.
Ecco sta succedendo qualcosa già nei miei pensieri: scriverne mi ha messo in grado di capire meglio qualcosa. Ecco perché sono turbato: questa è una di quelle (rare) volte che qualcuno che stimo eticamente viene svelato in una sua mancanza. Qualcuno che sembrava accettare di stare nel linguaggio senza paura, aveva in realtà paura. Qualcuno che mi aveva creato piccole istantanee illuminazioni (la risata solitaria può esserlo) portava con sé un buco, un pericolo.
Potrei pensare molte cose adesso: potrei chiedermi chi di noi non ha buchi e chi non nasconde dentro di sé un pericolo per gli altri. Grande questione. Oppure potrei pensare - un po’ più accademicamente - alla dibattuta questione della sovrapposizione (o della distanza) tra l’artista e l’opera: dobbiamo dar meno valore a un’opera solo per colpa delle imperfezioni dell’artista?
Provo a fare un cortocircuito tra queste due questioni apparentemente lontane. E scrivo: ma non è forse che Louis C.K. (un po’ come Woody Allen se volete un esempio più popolare) non abbia in fondo cercato sempre di raccontarci il suo pericolo (e il pericolo della sua gente, gli americani di oggi) attraverso la sua opera? Quante delle cose che non si dicono, in America oggi, lui le ha dette? E il fatto di non esser riuscito a dire tutto toglie meno valore a ciò che invece è riuscito a dire?
Ecco forse alla fine è questa la domanda. Si pone poco per un attore, quasi per nulla per un produttore o per un registucolo di prodotti da intrattenimento. Ma per un comico - un artista - si pone sino in fondo.

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