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Dylan Dog n. 361, Mater Dolorosa. Impressioni.
di M Valdemar ultimo aggiornamento
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M Valdemar

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Sfogliare, lentamente, pagina dopo pagina, soffermarsi su disegni e linee, toni e colori, dettagli e stilizzazioni, bramare un contatto tattile, percepire le note metalliche, quasi materiche, come di vernice e pioggia e autunno: un atto contemplativo naturale che si sublima in un'esperienza immersiva, multi ed extra-sensoriale. Oltre l'esercizio di stile e la tecnica artistica, oltre l'estatica estetica, oltre ogni grumo di movimento e di racconto che affiora, dolce e tumultuoso, in superficie: la (magnifica) forma prende e si fa sostanza, corpo dolente e cuore di tenebra di una storia che è Mito e archetipo.
Una storia per illustrazioni che visse e vive due volte: provocando, fino ad un certo punto (di non ritorno?), si potrebbe sostenere che senza dialoghi, lettering, didascalie alcune, essa esiste di - e per - luce propria, trascendendo testo e sottotesti [fatelo: prima "leggete" le sole immagini, lasciandovi assorbire e rapire da esse; poi rileggete tutto. Funziona]; un maestoso maelstrom visivo che, inesorabilmente, ti inghiotte e accudisce con egoistico amore materno, una tormentosa sinfonia dark di cromatismi e chiaroscuri dell'animo da mandare in loop (e nella formidabile "doppia splash" alle pagg. 92-93 esplode il caotico multiverso dylaniano), composta dal grande Gigi Cavenago (per chi non lo conosce: google, please), creatore ispiratissimo di disegni e colorazione.


Le sue fiammeggianti tavole "pittoriche", senz'altro emozionali, spettacolari e curate, travalicano - oltreché le "gabbie" bonelliane (ammesso che abbia ancora un senso parlarne: Orfani sta lì a dimostrarlo) - il mero piacere agli occhi, i concetti di "bello", (buon) gusto e saggi di virtuosismo, giacché sanno infondere superbamente quei sentimenti di angoscia e indeterminatezza, terrore e attrazione, disagio e malinconia, illusione e incubo richiesti da portato teorico e narrato.
Insomma, navigano armoniosamente sulla rotta malata concepita (per lui, per noi tutti) da Roberto Recchioni, ovvero colui che, oltre ad essere l'attuale curatore di Dylan Dog, ha concepito e scritto Mater Dolorosa, l'albo scelto per celebrare i trenta anni del celeberrimo Indagatore dell'Incubo.
E qui torniamo alla "seconda lettura".
Se la partitura grafica-iconografica è così preziosa, potente, intensa è, anche, perché così è stata pensata in nuce. Un'elaborazione progettuale meritoria e palese, un'interconnessione esemplare che genera uno dei lavori già entrati di forza nel novero dei migliori numeri dylaniati.
Mater Dolorosa è una storia che fa male, ammantata di tormenti poeiani e fascinazioni moderne, una discesa allegorica che flirta con la realtà dolorosa appartenente a tutti, irta di pericoli e tentazioni nelle acque oscure, fameliche della Malattia e della Sofferenza, di come la loro inevitabile propagazione diventi un Male necessario e suadente («Soltanto navigando nel dolore potrai conoscere la vera natura umana» ... e «Cavalcalo, Dylan! Cavalca il dolore! Fallo entrare dentro di te!»), specchio deformato e deformante di una vana e sciocca ricerca dell'uomo di oltrepassarlo guardando alle stelle e rifugiandosi nei gelidi calcoli e deliri della Scienza. Ma il Caos che governa il mondo non può essere né fermato né solcato: la nave fatta di ossa guidata dalla Donna vestita di nero, la "madre di ogni malattia", giungerà attraverso gli oceani del tempo e dello spazio, fino allo scontro e(di)pico tra Madri, Morgana e Morbi.




Narrazione penetrante e pulsante, suggestiva e densa, traboccante flashback e stati onirici, costruita pezzo per pezzo come fosse l'amato galeone, collegando l'imperituro n. 100 con il n. 289, il gioiello Mater Morbi (dello stesso Recchioni), ed i tasselli fondamentali dell'esistenza di Dylan Dog stesso (Xabaras, Morgana, Mater Morbi, Mana Cerace, John Ghost, la Moonlight dell'amatissimo, seminale Il lungo addio, il galeone): un'ultraconnessione che fende le onde di passato-presente-futuro per farsi manifesto del personaggio partorito dalla mente di Tiziano Sclavi (con annessa perfida stoccata sgorgata ovviamente dalle labbra dell'ambiguissimo villain Ghost: «Bisognava cambiare, dare una scossa, iniziare un nuovo corso!»).
L'autore, infine - figura (consapevolmente) controversa molto attiva sui social (quindi agli antipodi del riservatissimo Sclavi) - riversa in MM, con evidente soddisfazione personale ma anche con sagacia ed indubbia efficacia -, tutto un mondo di citazioni alte e basse (dal cinema alla letteratura alla ... "cattiva" musica) disseminate in lungo e in largo, così come divertenti affondi ironici e satirici (il discorso da tenere «al palazzo di Westminster per proporre l'uscita del Regno Unito dal pianeta Terra», l'impagabile pasto a base di "sushi di delfino e balena" ...).
L'insieme - la convergenza degli elementi tutti, la sublime fusione tra forma e sostanza -, denota una sensibilità e una profondità ineluttabilmente ed inconfodibilmente riconducibili all'inquilino di Craven Road 7.
In definitiva, un albo magnifico, di quelli non destinati alla polvere ma a cui abbeverarsi periodicamente.
Ne avevamo bisogno.
Lunga vita a Dylan Dog.


[ ndMV #1: volutamente non sono entrato più entrato nello specifico di Mater Morbi (sebbene mi fossi ripromesso di scrivere giusto poche parole invece mi è partito uno tsunami ingevernabile e caotico: chiedo venia, piuttosto e anzichéno). Esistono siti specializzati e critici attrezzati che lo hanno ben sviscerato (per farne sushi di delfino e balena!). Cercate in giro.
Le mie sono solo impressioni di un impressionato amante di Dylan Dog e del fumetto in generale. Non rompete. ]

[ ndMV #2: ok, certo non dovrei in alcun modo spiegare cosa "c'azzeca" una (pseudo)recensione di un fumetto in un sito di cinema ... Chi conosce l'Indagatore dell'Incubo e le sue storie, sa benissimo del rapporto stretto, quasi incestuoso, del Nostro col mondo di celluloide (persino io ne parlai tempo addietro su queste stesse pagine). Senza contare l'insaziabile saccheggio operato dagli Studios (sì, dai supereroi di Marvel e DC ... perlopiù carne da macello per alimentare il supermarket dei cinecomics) ma anche la mole sempre più sterminata di graphic novel tradotte in opere indie o in lavori più commerciali. ]


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