Ieri, a 84 anni, è morto uno dei più grandi intellettuali e critici della nostra età moderna, il professor Umberto Eco: filosofo, semiologo, scrittore di libri e saggi famosi, intellettuale dalla grande capacità critica e mai esagerata o "urlata", come si usa fare spesso dentro e fuori la tv, una personalità tanto pacata quanto per nulla statica, ma dinamica e scrutatrice di ogni piccolo segno di cambiamento.
Il professor Eco mi piace ricordarlo grazie al percorso che ho compiuto durante i miei studi universitari: infatti, per chi studia i mass media come ho fatto io, e in particolare la critica, appunto, a questo mondo così complesso, "Apocalittici e integrati", saggio scritto nel 1964, è stata il vademecum delle letture predilette per questo tipo di studi, immancabile nell'avvicinamento degli allievi alle teorie della comunicazione.
Per gli amanti del cinema, il professore lo ricordiamo per il suo grande romanzo "Il nome della rosa", romanzo storico da cui è scaturito il bellissimo film diretto dal profondo regista francese Jean-Jacques Annaud (L' orso, L'ultimo lupo), con attori quali Sean Connery, un giovanissimo Christian Slater e un magnetico Ron Perlman.
Se posso aggiungere brevemente il mio ringraziamento, lo vorrei rivolgere a quella personalità analitica e instancabile nel seguire i segni del cambiamento sociale, prima a capire il significato profondo della conduzione della società da parte dei mass media e sempre pronta a guardare tutto ciò con occhio mai violento e sempre originale, ironico e pragmatico, come un grande e umile pensatore sa e dovrebbe fare.
Grazie professore...
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