Espandi menu
cerca
TFF 33: animali da cinema.
di ROTOTOM
post
creato il

L'autore

ROTOTOM

ROTOTOM

Iscritto dal 15 ottobre 2004 Vai al suo profilo
  • Seguaci 117
  • Post 22
  • Recensioni 559
  • Playlist 311
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

Al cinema con cane.

Le mucche di Coup de chaud. Le stelle marine di Evolution. Il gatto di Nasty baby. La tartaruga di Love & Peace. Le renne e l’orso (di peluche) de I racconti dell’orso. I cani di God bless the child. L’uccellino di A simple goodbye. I cavalli di The Assassin. Le foche di Les loups.

Gli animali non lo sanno ma sono protagonisti al cinema. Sublimano l’interiorità del personaggio, fungono da simboli, feticci, portafortuna. Oppure servono nell’economia della storia, o fanno da semplice contorno come parte integrante del discorso filmico.

Animali anche fuori dallo schermo ma ben presenti. La capigliatura leonina di quello che ci sta davanti al cinema e che ha avuto l’accortezza criminale di aspettare l’ultimo momento per sedersi proprio lì, in una sala gremita.
L’ immotivato, continuo, roco sghignazzo suino del disturbatore seriale.
Il russare ronzante tipico delle locuste in cerca di cibo durante immobili proiezioni d’arte cinematografica.
La fila ordinata di lemmings di fronte all’ingresso di un cinema per un film che inizia due ore e un quarto dopo.
Pipistrelli appesi ai lampioni a notte fonda che tentano, ormai ciechi dopo dodici ore di estenuanti visioni, di leggere con gli ultrasuoni il programma del giorno successivo.
E poi altri.  Tra i quali l’ospite canino della foto che si è beccato tutto La felicità è un sistema complesso. E’ stato bravissimo. Non ha detto bau. (Battuta)

 

Nella foto: Gaiart, Supadany e Rototom con cagnino.

 

Giorno 4

 

Sebastián Silva

Nasty Baby (2015): Sebastián Silva

Nasty baby
Festa mobile
Una coppia di gay newyorkese, Freddy e Mo con l’aiuto della comune amica Polly, cercano di avere un figlio praticando una inseminazione artificiale fai da te con il seme di uno dei due. Già frustrati da decine di fallimenti l’equilibrio del trio vacilla quando entra in rotta di collisione con un vicino di casa disturbato, razzista e omofobo fino ad arrivare a conseguenze, per la coppia, disastrose.
Nasty Baby  diretto da Sebastián Silva (anche attore) e prodotto da Pablo Larrain, è un viaggio senza ritorno nella persecuzione di un diritto, quello paterno/materno che trova nella radiosa insensibilità della natura il suo più grande ostacolo e nell’oblio della mente umana il pozzo più profondo da cui attingere la forza necessaria per  forzare un destino che appare scritto.
Quello che sembra essere ad un primo e fugace sguardo una commedia indie politicamente corretta sulla natura gay e sulla possibilità di creare una famiglia multietnica diversamente normale, diventa man mano che la storia avanza, un’ossessione che si palesa davanti agli occhi dello spettatore in tutta la sua forza. Il tempo biologico sta scadendo per la ragazza un po’ immatura che gira in monopattino in piena notte, mentre Freddy, il futuro padre, è un videoartista che sta girando un’opera dal titolo Nasty Baby nel quale egli si finge bambino. Il compagno è falegname. Il vicino di casa si fa chiamare Bishop (Vescovo) trovando nella corrispondenza del nome un antagonista storico alla causa omossessuale. Ogni pezzo al suo posto, in questo thriller che rotola velocemente in una situazione quasi horror.
Quasi. In effetti se la costruzione della prima parte del film è incentrata sulla definizione dei personaggi che appaiono del tutto normali, urbani, colti, educati  in modo da cancellare qualsiasi pregiudizio sul ruolo genitoriale che intendono perseguire, la seconda è più cupa, inevitabile e foriera di conseguenze capaci di minare il sogno a lungo covato e quasi realizzato, anche se poco incisiva e sbrigativa.  Lo squilibrio tra le due anime del film è sbilanciata, la discesa nella follia di un momento prima e di una presa di posizione criminale poi, sembra meccanica di fronte ad un film girato invece puntando tutto sulla naturalezza e l’immediata empatia che si ha verso i personaggi. Un neo che castra un po’ le ambizioni di questo thriller dell’anima. Pensando che il produttore è Pablo Larrain, si sperava in qualcosa di più radicale.
Voto ***

 

Karim Leklou

Coup de chaud (2015): Karim Leklou

Coup de chaud
Torino 33
Ottima sorpresa e personale candidato ai primi posti del palmares torinese, se non addirittura candidato a vincere. Coup de Chaud interpretato da Jean- Pierre Darroussin è ambientato in un piccolo paesino del Sud della Francia piazzato in mezzo alla campagna. Durante l’estate più calda che memoria d’uomo ricordi, la convivenza  degli abitanti del paese con lo scemo del villaggio, Josef, un ragazzo problematico vittima della pulsione di appropriarsi delle cose altrui e di essere fastidiosamente invadente, si fa via via sempre più difficile.
Fino ad arrivare alle estreme conseguenze. Coup de chaud è un thriller rurale di grande efficacia nel posizionare lo spettatore al centro della vicenda come se egli stesso fosse un abitante del paese in preda alla paranoia giustizialista perseguita nei confronti del ragazzo. Smuove le pulsioni più intime imponendo a chi guarda di esprimere un giudizio morale ed etico che possa scardinare il distacco neutrale che la visione di un film solitamente impone. La forma è quella del thrilling capace però di inoculare subdolamente sotto pelle temi più profondi. La non accettazione del disagio mentale e l’impotenza delle istituzioni nel fornire un aiuto concreto; le piccole meschinità dei paesani chiusi dentro i propri pregiudizi ipocriti;  la natura umana che se ne frega del contesto – di fatto la vita agreste dovrebbe essere meno stressante e la comunità più unita – per manifestare una violenza repressa. Scritto e diretto in maniera molto intelligente da Raphaël Jacoulot, il film mostra quello che serve a montare l’odio dei paesani sul Josef e non mostra ciò che i paesani stessi non possono vedere, o non sanno. Lo spettatore ha quindi le stesse informazioni dei protagonisti del film ed è chiamato costantemente a rivedere la propria posizione man mano che i fatti si palesano fino alla suspance della chiusura finale. Un ottimo film interpretato benissimo da tutti gli attori, in modo particolare da  Karim Leklou che interpreta Joseph, capace di donare al suo personaggio sfumature ora pietose, ora fortemente irritanti e una credibile, dolente impotenza di fronte alla sana malvagità del paese. Non si rimane indifferenti.
Voto****

 

scena

Les Loups (2014): scena

Les loups
Torino 33
Sophie Deraspe è la regista di questo glaciale melò ambientato nel nord dell’Atlantico. In concorso a Torino 33 è ancora una volta – evidentemente il tema piace – la storia di un ritorno alle radici per comprendere l’origine della propria natura. Elie è una giovane studentesse che approda in un villaggio di cacciatori di foche in convalescenza dopo una malattia. Viene accolta con sospetto dalla rude comunità di cacciatori poiché la credono un’attivista ecologista giunta in difesa delle foche, unico sostentamento per l’economia del villaggio.
L’ingenuità di Elie si scontra con la brutalità della natura e la durezza delle condizioni di vita dei cacciatori. Tutte le sovrastrutture etiche devono crollare prima di poter accettare la necessità della caccia e farsi accettare da essi. Il merito della regista è quello di non accennare mai ad una presa di posizione nei confronti di questo aspetto, la caccia alle foche è solo un fatto. Gli ecologisti sono, in questo mondo rovesciato, i cattivi che non permettono di vivere e difendono un animale dannoso per l’ecosistema quando è in numero troppo elevato. Da qui Elie parte per avvicinarsi al cuore del suo dilemma, lei figlia di una famosa attivista ecologista. Il freddo che continuamente sferza in folate il villaggio è parimenti il gelo nel cuore che Elie si è portata in quel posto per trovare la ragione della propria esistenza. La ricerca del padre. Uno di loro. Con la primavera il disgelo che rompe la banchisa di giaccio scioglie le resistenze dei pescatori verso la nuova compaesana.
Anche in questo caso però l’idea si rivela essere una sola, misteriosa e riservata come colpo di scena finale. Nel resto del film succede pochino. Lo svelamento della natura sospettosa e selvaggia dei cacciatori in piena sintonia con l’asprezza del luogo, è l’ostacolo che la protagonista deve superare. Il melò si tinge di un debole colorito da thriller nel momento in cui la misteriosa ragazza giunta da chi sa dove sembra celare le vere intenzioni della propria presenza. Ma nulla di più, tutto resta abbastanza in superficie  per un film che non riesce mai ad elevarsi dai fatti per farsi metafora di qualcosa di più alto. Una scrittura leggera per un film dalla forma abbastanza convenzionale.
Voto ***
 

 

Ruth Negga

Iona (2015): Ruth Negga

Iona
Festa mobile
Altra grande delusione da un artista, Scott Graham che all’opera prima, Shell, aveva fatto ben sperare per il proseguo della carriera. Non un brutto film per inteso, piuttosto un film – come altri purtroppo – che ha un’idea sola e intorno a quella viene costruita una storia. Iona torna sull’isola natia dopo che il figlio adolescente ha ucciso il padre a Glasgow dove erano fuggiti. Ritornano ancora e ancora sono in fuga ma vengono accolti dalla comunità con sospetto.
Film dai lunghi silenzi e sguardi verso un orizzonte perduto e al contempo un viaggio verso le radici dell’esistenza dove un mesto colpo di scena un po’ telefonato riesce a ridestare l’attenzione per qualche minuto. Non bastano le inquadrature sulle verdi campagne scozzesi e l’ermetica introspezione della faccia dolente di Iona è quella vista in tanti film di poche parole e pochi fatti. Sentirsi stranieri a casa e il borgo che da amichevole si fa minaccioso, vecchi segreti vengono svelati. Vengono detti soprattutto, in un film un po’ stanco e segnato dalla formula del già visto. Se la forma non regge la storia senza farsi contenuto, i messaggi latenti si disperdono al vento senza cogliere nel segno.
Voto **1/2

 

Shu Qi

The Assassin (2015): Shu Qi

The Assassin
After hours
Il film che ha fatto vincere a Hou Hsiao-hsien il premio alla miglior regia al Festival di Cannes era attesissimo a Torino. In predicato di vincere quella Palma d’Oro andata poi a Dheepan si è arreso solo di fronte a se stesso.
The assassin è un Wuxia al femminile ambientato nel IX secolo cinese quando una provincia militarizzata dell’impero si ribella al potere imperiale chiedendo autonomia. Nie Yinniang una giovane assassina addestrata da una monaca deve uccidere il ribelle ma contrariamente alle ragioni di stato decide di scegliere le ragioni del cuore. Fare ciò che ritiene giusto prima ancora di quello che le viene ordinato.
Forse un primo vagito dell’indipendenza femminile di fronte ad un potere assoluto rappresentato dall’Imperatore ma anche una testimonianza della cultura cinese densa di rituali, simboli e etica ormai appartenenti al passato. Il passato è ripreso dal regista nel formato 4/3 con il quale ha girato il film, incasellando lo spazio in un affresco sontuoso del tempo. Film straordinario dal punto di vista visivo per l’uso del colore che fa sembrare ogni inquadratura un dipinto ad olio; spiccano i costumi sontuosi e la ricchezza della scenografica accostata alla rigogliosa bellezza della natura, testimone di uno sfarzo sempre in equilibrio con le forze e le energie che regolano la vita dell’uomo. Regia solenne, dai movimenti minimali nelle rarefatte scene d’interni ove i personaggi si muovono come la delicatezza e armonia. Poi improvvisi, fugaci, i combattimenti. Stile e forma si fondono in un elegantissimo esercizio di cinema.
Ciò che non è comprensibile, se non leggendo prima (o dopo) la sinossi è la trama. Ellissi narrative molto ampie spezzano il racconto in una serie di scene il cui raccordo, anche per chi è avvezzo alla narrazione frammentata tipica del cinema orientale, risulta essere molto arduo. Rimane la sensazione di aver assistito ad uno spettacolo di grande valore artistico ma incapace di concedere spazio allo spettatore. E’ possibile che questo sia il motivo per cui la Palma d’Oro, altrimenti meritatissima, sia stata assegnata ad un altro film.
Voto ***1/2  

 

 

 

 

 

 

 

Ti è stato utile questo post? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati