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32° Torino Film Festival: Questi e quelli. Omaggio a Giulio Questi, U.F.O. del cinema italiano.
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Una delle cose più belle quando vado al Torino Film Festival è forse quella di scoprire autori a me completamente ignoti, che sanno sorprendermi in positivo, divertendomi o suscitandomi altri stati d'animo ed emozioni. L'anno scorso mi capitò ad esempio con Quentin Dupieux e il suo strambo (e per me divertentissimo) modo di fare cinema, quest'anno alcune delle sorprese sono stati, tra gli altri, Giulio Questi e Jim Mickle.

Proprio con Giulio Questi volevo iniziare i miei post sul festival appena concluso ed ironia della sorte poche ore fa è scomparso all'età di 90 anni. Un lutto improvviso che mai avrei potuto immaginare quando, giusto una settimana fa esatta, ce l'avevo dinnanzi agli occhi, arzillo e vispo come pochi suoi coetanei, per la presentazione di "Arcana" (e la sera seguente per "Se sei vivo spara") al Torino Film Festival, che gli ha dedicato una retrospettiva completa.

Appresa la notizia mi è parso ancor più doveroso dedicargli un post, che così come la visione condivisa di alcuni suoi film nei giorni scorsi è stato scritto a più mani da me e dagli altri compagni di visione al festival ed utenti del sito, che ringrazio per la partecipazione.

                                     Giulio Questi alla presentazione di "Arcana" al TFF 2014

Cosa dire in merito alla scomparsa di Questi? Io sinceramente di scrivere "coccodrilli" non son capace e nemmeno mi piacciono a dirla tutta. Ed altra cosa che poco mi piace fare è parlare bene dell'opera di qualcuno "solo" perché è morto. Scriverò quindi queste righe sinceramente ed esattamente come se Questi fosse ancora tra noi (e per me c'è ancora, eccome...), come se questo non fosse altro che il suo ennesimo beffardo scherzo, una di quelle divertenti ed inaspettate trovate di cui erano piene le sceneggiature dei suoi film.

Prima del festival Giulio Questi mi era totalmente ignoto, se non per sentito dire di un suo titolo così strano che mi incuriosiva: "La Morte ha fatto l'Uovo", che neppure qui purtroppo son riuscito a vedere. Ma da ciò che avevo letto brevemente su di lui mi era parso un regista "particolare", atipico (per usare un eufemismo) e me ne sarei reso ben conto durante le visioni di "Arcana" e "Se Sei Vivo Spara", che poi sono "quelli" del titolo del post, un pugno di pellicole davvero fuori dal comune.

                                       Usi alternativi delle zampe di gallina...   "Arcana", 1972

Film diversissimi ma tutti spiazzanti e totalmente anarchici, oserei dire di geniale sregolatezza, proprio perché capaci di trovate assurde e surreali o anticipatrici, che pochissime altre volte mi è capitato di vedere nel nostro cinema.

      Un giovanissimo Ray Lovelock, ambita preda di insoliti cowboy...  "Se Sei Vivo Spara", 1967

Mai avrei pensato che in uno spaghetti western mi sarei divertito così e quando succedeva o veniva detto qualcosa di totalmente inaspettato ed ero lì a dirmi "ma dai, non è possibile!" ecco che accadeva qualcosa di ancora più delirante e fuori dagli schemi, venato di sana follia, che non poteva non suscitare l'ennesima risata liberatoria. La visione collettiva, con altri amici ed utenti di questo sito di "Se Sei Vivo Spara" (ma anche "Arcana") è senza dubbio uno dei molti momenti positivi che ricorderò con piacere di questo festival ed è per questo che vorrei dire grazie a Giulio Questi.

Ecco, questo è ciò che mi sento di dire su questo strano regista che ora forse conosco un pochino meglio di prima, ma che ancora mi pare poco "decifrabile", per fortuna. Saranno parole forse banali le mie, ma sincere, così come sincero ed autentico mi pare sia stato il suo modo di fare cinema. Vi lascio quindi ai video con le sue parole mentre introduceva i due film che ho visto. Ciao Giulio!

 

 

 

Giulio Questi ci saluta.

di Alan Smithee

Ci ha lasciato Giulio Questi, il nostro Giulio quando lo abbiamo conosciuto in sala al TFF, nemmeno una settimana fa. Giovedi 27 novembre il gruppetto di FilmTv al Torino Film Festival si apprestava a trascorrere una delle serate più divertenti ed entusiasmanti di questa e molte altre edizioni festivaliere trascorse. In sala l'arzillo e tenace regista novantenne Giulio Questi, a cui l'organizzazione ha quest'anno dedicato una rassegna personale unica, rara ed imperdibile per noi cinefili. Oggi la Segreteria del TFF ci ha comunicato la triste notizia della sua improvvisa scomparsa, nella sua abitazione romana, mentre neppure una settimana è trascorsa da quella fantastica, esilarante serata a base di spaghetti western e delirio senza freni.

Il film a cui ho assistito assieme a Maghella, GianniSV66 e Roger Tornhill è stato il suo unico ma mai dimenticato western: SE SEI VIVO SPARA: preceduto dal racconto nervoso e irresistibile del regista (lo vedete qui sopra in foto mentre si racconta e ci racconta le vicissitudini produttive legate al film), che è riuscito a farci percepire l'ansia a suo tempo provata nell'aver ricevuto l'incarico di scrivere una sceneggiatura in due giorni per salvare le redini (ma Giulio avrebbe più efficacemente utilizzato una parola di 4 lettere che inizia per c e finisce per o) di un produttore alla frutta, inseguito dai creditori. Sarà la fretta, sarà la follia senza freni inibitori che in Questi diviene una dei principali meriti che lo distingue da sempre dalla massa dei colleghi, ma Se sei vivo spara è diventato un cult, proibitissimo e censuratissimo in Italia per via di alcune scene truculente (invero assurde e comicissime ai nostri occhi smaliziati), venduto in tutto il mondo, e, lo asserivo già i giorni scorsi a caldo dopo la visione divertita ed irresistibile, uno dei più innovativi, coraggiosi e folli spaghetti western del nostro cinema, forte di situazioni accattivanti, maliziose, sessualmente non esplicite tuttavia ampiamente allusive, cariche di erotismo e di omo-erotismo, cosa piuttosto rara in un film western o tanto più in un spaghetti come questo.

Tanto divertimento e allegria, risate senza freni, sguardi d'intesa di un pubblico in delirio, noi del gruppo in testa: momenti unici sostituiti ora dal rammarico di una notizia che non riusciamo ancora bene ad accettare, perché è troppo vivo in noi il ricordo di un uomo asciutto e tenace, dallo sguardo severo, poco indulgente, forte tuttavia di una potente ironia e di una forza narrativa che risulta dirompente, incontenibile, sin esagerata, come dimostrano peraltro suoi due successivi e forse ancor più noti lungometraggi, il thriller sadico LA MORTE HA FATTO L'UOVO dalle notevoli intuizioni registiche anticipatrici di un genere ed ARCANA, dalla convulsa e quasi perversa potenza narrativa. Vi rimando alle mie recensioni scritte a caldo la settimana scorsa in pieno fervore festivaliero, sottolineando che la personale dedicata a Giulio Questi è stato uno dei momenti più insoliti, coraggiosi ed alti di questa interessante edizione 2014.

                  Un pappagallo cui piace alzare il gomito, anzi l'ala...  "Se sei vivo spara", 1967

 

Visioni dall'Italia occulta: Giulio Questi e Arcana.

di kurtisonic

                                              Un asino che vola, o quasi...  "Arcana", 1972

“I film muoiono, i generi no, resistono..”

Una delle frasi ricorrenti e più amate da Giulio Questi, che si adatta soprattutto al suo terzo e ultimo lungometraggio, Arcana, del 1972. Non sapremo mai se si rammaricasse proprio del fatto che fosse difficile etichettare un film che ha rappresentato in pieno l’animo schietto del suo autore.

Prima censurato, poi mal distribuito e quasi dimenticato, Arcana diventa l’epicentro espressivo di un regista che per la comprensione attuale definiremmo controcorrente, ma la definizione più calzante è attinente alla libertà di espressione. Visto quarant’anni dopo la sua uscita, il film tradisce tutta la sua ingenuità, la sua freschezza e la spontaneità. Eppure mantiene ancora la sua portata innovatrice, e soprattutto anticipa i segnali di un tempo che trasformerà la società italiana.

                                                        Sputa il rospo!   "Arcana", 1972

Arcana descrive l’incontro di culture differenti, ne esplora le possibili implicazioni, fa emergere uno sguardo popolare e veritiero che è poco incline alla finzione e al compromesso dell’immagine. Nonostante ciò il film si apre con la didascalia che avverte provocatoriamente ”nulla di quanto mostrato è credibile”.

Le riprese di Questi aprono le porte delle case di cortile, guardano lungo quelle balconate comuni dove si ammassano bambini figli dei sogni della classe operaia già avviata al fallimento, fanno i conti con vecchie superstizioni, rituali ancestrali e culture involute che si rivelano meno diverse di quanto si creda. Lo sradicamento e la perdita dell’identità, la disumanizzazione dei grandi agglomerati metropolitani, il timore di non venire più compresi, la solitudine.

Quanti temi angoscianti non sono più che attuali? Eppure Questi non rinuncia mai al tocco ironico, all’inquadratura grottesca e beffarda, a mettere uno specchio davanti ad ognuno dei suoi protagonisti alla pari dei suoi spettatori.

                                                         Un bel sorriso...  "Arcana", 1972

Lo fa con Hermano (Tomas Milian) il suo antieroe del west di "Se sei vivo spara", con Marco (Jean-Louis Trintignant) l’industrialotto di "La morte ha fatto l’uovo", e con la santona di "Arcana", la signora Tarantino interpretata da Lucia Bosè. Tutti discutibili e in qualche modo negativi, eppure non condannabili fino in fondo, mai banalizzabili senza tenere conto del contesto in cui si muovono.

Con l’aiuto di pochissimi mezzi di supporto, e della fervida collaborazione dell’amico sceneggiatore Franco "Kim" Arcalli, il regista descrive uno spaccato sociale oscuro ma ben presente, senza curarsi troppo della forma, dello stile, teso più a colmare un’urgenza espressiva che in quel periodo l’indipendente ex partigiano Questi evidentemente sentiva crescere. Proprio le immagini violente che a suo tempo entrarono nel mirino della censura, turbarono il pubblico, oggi molto, molto meno, abituati alla violenza del quotidiano, alla sopraffazione dell’immagine che fa rendere accettabile qualsiasi brutalità.

Il Torino Film Festival 2014 ha tributato il giusto riconoscimento per un personaggio fuori dagli schemi senza mai definirsi tale, anti sistema senza sventolare bandiere, rimanendo fedele a sè stesso proprio fino in fondo.

 

Giulio Questi: schiettezza e ironia, tra scalpi e vecchiette.

di maghella

Solo una settimana fa ero in sala a ridere come una matta davanti a “Se sei vivo spara!”. Quando Giulio Questi è entrato in sala per la presentazione del suo western (ma prima ancora, quando lo avevo intravisto all'ingresso), la prima impressione che ho avuto di lui è che fosse stato sorpreso.

Sorpreso per tutta la curiosità intorno a lui e ai suoi 3 film, sorpreso nell'essere definito “regista dei western”... “...quando io di western ne ho girato uno solo!” diceva scherzando alla numerosa platea che lo sollecitava a raccontare con applausi e risate. Questi si è dimostrato generoso a svelare le curiosità legate alla lavorazione del film, facendoci pregustare ancora di più la visione che sarebbe arrivata dopo. Il suo linguaggio schietto e senza filtri, colorito e ironico era lo stesso che avremmo trovato a breve nel western. Un western anomalo, super censurato, fatto con pochi soldi, scritto in due giorni, girato in un cantiere spagnolo perché non c'erano i soldi per andare nel deserto “...se ci fate caso, potete notare anche le tracce delle ruspe della cava, mentre passano i cavalli...”.

Questi gesticola tantissimo, il microfono va e viene ma la voce arriva chiara. “Non so cosa altro dire ora... vi lascio al film!”. Ho dato un ultimo sguardo a Questi mentre si allontanava e le luci si spengevano: una persona molto anziana è vero, ma con uno spirito pazzesco... che guardava la sala piena prima di andare via, con un'aria sorpresa. Il film ci ha letteralmente travolto. Non l'avevo mai visto (censurato per una scena di uno scalpo “che fece svenire due vecchiette al secondo giorno di proiezione in un cinema di Milano, e così mi ritirarono il film....” -dice Questi), e da tanto tempo non mi divertivo tanto alla visione di un vecchio western. Questi ci ha sorpreso tutti con la sua uscita di scena, così... a pochi giorni dal suo meritato omaggio ricevuto a Torino, ci ha sorpreso tutti.

 

Dai Tarantino... a Tarantino:

breve storia di un regista suo malgrado "di genere".

di GianniSV66

Da appassionato del cinema di genere, mi era capitato in più di una occasione di imbattermi nel nome di Giulio Questi. I suoi tre film, che erano in qualche maniera riusciti ad assurgere al rango di cult movies, avevano sollecitato la mia curiosità. In particolare Arcana avvolto da un alone di film maledetto, incompreso al punto da sparire da ogni programmazione, insomma un “invisibile” per usare una definizione già nota a queste latitudini. Non mi son lasciato dunque sfuggire l'opportunità offertami dal TFF 2014 di avvicinarmi al cinema di Questi, riservandomi due appuntamenti proprio con il succitato Arcana e con Se sei vivo spara, western trucido avvolto pure lui da un alone di mito, cosa principalmente dovuta alla citazione che ne fa Quentin Tarantino in Kill Bill Vol. 2. E quale sorpresa nel vedere non uno ma entrambi i titoli presentati proprio dal regista.

Un signore anziano ma arguto e brillante (e proprio per averlo visto in forma smagliante, in considerazione dei suoi novant'anni, la notizia della sua scomparsa mi ha lasciato sbigottito), che raccontava il suo modo di fare cinema con lo spirito di chi nella vita ne ha viste veramente di tutti i colori. Niente analisi dettagliate né discorsi di sottile cripticità, Questi dava la splendida impressione di una persona semplice col desiderio di raccontare nella maniera più diretta come aveva creato i suoi film. E così per Arcana ci parlava del suo desiderio di affrontare un discorso importante come quello dell'immigrazione, che negli anni precedenti la realizzazione della pellicola (datata 1972) aveva portato persone provenienti dalle zone più arretrate del Paese a vivere nelle grandi città (in questo caso Milano), la loro difficoltà ad integrarsi e il loro aggrapparsi a credenze di una cultura ormai emarginata in un mondo completamente diverso da quello da cui provenivano.

“Volevo fare un film che fosse in qualche maniera antropologico, e invece i critici gli hanno affibbiato un'etichetta di horror, lo hanno inquadrato in un genere... ma va bene così, perché i film muoiono ma i generi restano...” Arcana parla di fatture e stregonerie propinate a degli sprovveduti in cerca di sicurezze... e Questi diede prova di aver qualche dote parapsicologica perché i due protagonisti di cognome fanno...Tarantino!

Ancora più briosa la presentazione di Se sei vivo spara. Esuberante come il film, un western trucido fino alla parodia, con una banda di cowboy dai gusti poco ortodossi, un Tomas Milian piuttosto lontano dal personaggio del “Monnezza” assistito da due indiani con la faccia da borgatari e una Marilù Tolo femme fatale che a comando del padrone del saloon si esibisce in una canzone completamente fuori sincrono.

Questi ci raccontò con divertita sincerità la strampalata genesi del film: lui e il suo sodale Franco "Kim" Arcalli (Jules e Kim, come vennero soprannominati da Enrico Ghezzi) stavano preparando la sceneggiatura di quello che sarebbe poi stato La morte ha fatto l'uovo, quando vennero reclutati da un produttore squattrinato che li spedì in Spagna a realizzare un western (eravamo nell'epoca del pieno successo di Sergio Leone) con pochi soldi e quei pochi neanche tanto sicuri. Ricordi di un altro modo di fare cinema, tra l'artigianale ed il raffazzonato, eppure un cinema che ha saputo conquistare proseliti. E quella splendida sequenza iniziale con la mano di Hermano/Milian che sbuca da un fosso e arranca verso una salvezza insperata, che non a caso è stata copiata da un altro Tarantino (assai più celebre), dimostra che pur con pochi mezzi, anche se il tuo deserto lo devi ambientare in una cava con evidenti segni dei cingoli delle ruspe, se hai del talento puoi creare un qualcosa che passerà alla storia del cinema.

              Confronto tra le due scene dei film di Questi e Tarantino.

 

 

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