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GATTOPARDO NEWS: La storica Titanus ed i suoi gioielli, Dario Argento, e un po' di sana, interessata....PERFIDIA
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locandina

Perfidia (2014): locandina

 

Fidelio – l'odyssée d'Alice in Concorso, primo lungometraggio di Lucie Borleteau, inaugura al Teatro Kursaal la nostra terza giornata festivaliera.

Fidelio è il nome un cargo ship marsigliese che accoglie fra il suo equipaggio una bella e tosta ragazza, macchinista specializzata che deve sostituire un collega appena deceduto per cause poco chiare.

Ariane Labed, Melvil Poupaud

Fidelio (L'odyssée d'Alice) (2014): Ariane Labed, Melvil Poupaud

 

Innamorata di un coetaneo norvegese, la ragazza tuttavia, forte della bellezza prorompente che la contraddistingue, non rinuncia, durante i mesi in mare, a far proprie storie di puro svago sessuale, anche se l'aitante capitano del vascello insiste a cercare di farla sua.

Di nuovo, ed è una bella e piacevolmente visibile notizai, Ariane Laubed, dopo il brillante Love Island,splendida e presto certamente famosa, a riempire lo schermo col suo corpo flessuoso e generosamente mostrato. Se la contendono due bravi attori come iil norvegese Anders Danielsen Lie già visto nei film di Joachim Trier come Reprise e Oslo 31. August, ed il più noto Melvil Poupaud nel ruolo del superiore.

 

Ariane Labed

Fidelio (L'odyssée d'Alice) (2014): Ariane Labed

 

Ariane Labed, Melvil Poupaud

Fidelio (L'odyssée d'Alice) (2014): Ariane Labed, Melvil Poupaud

 

Un film dignitoso, forse un po' mal congeniato o strutturato a scomparti, poco fluido, ma dalle argomentazioni lodevoli ed evidenti; che studia le solitudini e ricerca di se stessi e di una stabilità di coppia quando sono le circostanze esterne a metterti i bastoni davanti; ma una pellicola dove si esplorano pure altri tentativi o forme di attaccamento, meno ufficiali, più di convenienza, che uniscono uomini e/o donne di paesi diversi in un microcosmo con regole inflessibili come è quello all'interno di una nave.

VOTO ***

 

Un caffè veloce al lounge della press per rientrare velocemente al Kursaal, teatro di molti nostri appuntamenti odierni, per vedere, in anteprima mondiale, nella sezione Semaine de la critique, il documentario ELECTROBOY,

 

 

scena

Electroboy (2014): scena

 

incentrato sulla figura controversa, eclettica ma contraddittoria di Florian Burkhardt, detto o conosciuto meglio come Electroboy, bel giovanotto fuggitodi casa appena maggiorenne (o forse prima) da una bizzarra famiglia di singolari elementi; aspirante attore, modello di fama delle più note griffes mondiali grazie ad una avvenenza fisica prorompente e ad una fotogenia che lo rendono icona ed espressione della moda anni '80, fenomeno di massa in seguito lungo i '90, specializzato nel mondo della musica elettronica, e individuo tormentato ed in fuga da una famiglia davvero eterogenea e singolare che tuttavia spiega, almemo in parte, le ragioni di questi suoi comportamenti impulsivi e contraddittori. Il documentario dello svizzero Marcel Gisler, in anteprima mondiale qui a Locarno, rivela molte cose, molte curiosità, ma sembra giostrato ed organizzato troppo a rivelare ciò che vuole e non ciò che serve, almeno per restare fedeli al titolo del film: del cantante “Elettroboy” infatti il documentario non ci dice quasi nulla, perdendosi in una lunga intervista colma di particolari e comportamenti quotidiani del bizzarro personaggio, che destano solo una distratta curiosità e qualche stentata ironica ilarità-

VOTO **1/2

 

PERFIDIA, film italiano, anzi sardo, in concorso; un noir, opera prima del sassarese Bonifacio Angius, è un gran bel film sul vuoto esistenziale di molta gioventu' già vecchia e rassegnata da una crisi che uccide economica l'intraprendenza, e sull'incapacità di rassegnarsi a questa ignavia da parte di genitori "faccendoni" e propensi al compromesso, alla raccomandazione, all'accomodamento.

 

Stefano Deffenu, Alessandro Gazale

Perfidia (2014): Stefano Deffenu, Alessandro Gazale

La morte di una madre spinge a ritrovarsi tentando un dialogo, tra un padre anziano ma fiero e combattivo ed un figlio trentacinquenne timido ed impacciato, nullafacente e apparentemente privo di interessi che vadano oltre il bar del quartiere degradato e di provincia in cui si trova confinato. Perfidia segna l'incontro scontro di deucaratteri e mentalità che si sono ignorate per trentacinque anni, e che sono costrette loro malgrado a venirsi incontro cercando un impossibile compromesso. 

 

Mario Oliveri

Perfidia (2014): Mario Oliveri

Il mondo imbroglione, ma operativo, schietto e pronto ad ogni più bieco compromesso od inciucio di chi ormai è anziano che si scontra con lo smarrimento ed il vuoto esistenziale della gioventù di oggi, eterna immatura ed inesperta che vive sulle spalle di ciò che resta delle rendite di famiglia.

La cattiveria e la bontà che si scambiano la staffetta ed una scandalosa, drammatica verità inconfessabile: perchè Dio aiuta i cattivi a divenire buoni, trascurando i buoni che, sentitisi abbandonati, diventano cattivi?

Due validi interpreti, Stefano Defennu e Mario Olivieri, rispettivamente nel ruolo del figlio e del padre, riescono a coadiuvare una regia concreta e funzionale che si limita all'indispensabile costruendo un noir della mente e della coscienza che disturba per l'attinenza con la devastante vuota realtà odierna, ma affascina per la tensione emotiva che riesce a far provare nello spettatore.

VOTO ****

 

Nella rassergna “Cineasti del presente” figura il lieve, lievissimo “Un jeune poète”, esordio nel lungometraggio dell'ex ballerino Damien Manivel. ed un unico protagonista, Remi Taffanel, ragazzetto ossessionato dal divenir poeta, giovanotto sempre vestito in bermuda, shirt e infradito e perennemente girovago in cerca di ispirazione.

 

scena

A Young Poet (2014): scena

Durante una calda estate infatti, nella cittadina marinara di Sète, tra Marsiglia e la Costa Brava, uno spilungone solitario e neppure ventenne si intestardisce a divenire poeta e si dà tempo una settimana per comporre una poesia che rifugga banalità e luoghi comuni, per trovare spessore e ispirazione genuini. Per questo passeggia avanti e indietro, incontra un paio di persone, si reca al suggestivo cimitero fronte mare della cittadina turistica e parla al cappezzale della tomba di un famoso peta.

Ma ogni situazione, anche le più estreme (come quando arriva a cercare ispirazione dall'alcool), sembrano avvicinarlo solo a scritti generici e banali, anche nelle situazioni più singolari, come sott'acqua o in un museo.

Lievissimo e “naturale” al punto da sfiorare la noia con la sua pedante ripetizione delle azioni, Un jeune poète cerca la freschezza dalla gestualità e dalla semplicità dell'impostazione, guarda il grande Rohmer, ma inevitabilmente molto da lontano, ma ci fa scoprire la freschezza di una ossessione singolare, accentuata dalla maniacalità esibita di mostrare sempre il suo protagonista e i personaggi che ncontra, sempre vestiti allo stesso modo nell'arco di tempo di circa una settimana.

Un ragazzo, un paio di bermuda, una T shirt ed una taccuino da riempire.

VOTO **1/2

 

La sera sopraggiunge veloce, e così pure il maltempo, quest'anno davvero una costante.

Torniamo come ieri in Piazza Grande, pienissima per la presentazione di due film che più diversi non si potrebbe.

 

locandina

Tour de Force (2014): locandina

HIN UNT WEG, o “Tour de force”, è un melodrammone tedesco ricattatorio e strappalacrime davvero insopportabile: due coniugi giovani, belli e sportivi convincono il gruppetto affiatato di amici che quest'anno la settimana di vacanza in bicicletta va fstta lungo le strae del Belgio. Ma cos'ha questo stato di così interessante, oltre alle praline e le patatine fritte da giustificare questa scelta avventata? Le ragioni risiedono nella cpndizione di salute del giovane uomo, che nasconde una malattia degerativa che non gli lascia speranza, ed in viaggio è una sorta di percorso finale verso la dolce morte che ivi, diversamente che altrove, è legalmente possibile.

Ricattatorio ed assurdo, (come quando il gruppo apprende che il medico che deve praticare l'eutanasia è in fin di vita a causa di un incidente d'auto – non sappiamo se ridere o piantarci la penna in dotazione per votare in una coscia dall'imbarazzo!), Tour de force è quanto di peggio possa ritrovarsi in un melodramma tutto piagnistei e “volemose bene”. Ed il regista Christian Zubert ha la colpa forse di non sapere che di Grande freddo ne esiste già uno e scimmiottarlo è davvero pericoloso; o in altenativa, se non ne è a conoscenza, pecca mortalmente ancora di più e si informi, prima di annoiarci con tale accozzaglia di banalità e cattivo gusto.

VOTO *

 

La serata raggiunge il suo epicentro non certo con questo filmaccio, che tuttavia accoglie un certo consenso tra la maggioranza del pubblico germanico che affolla la piazza, bensì con il film più significativo della retrospettiva dedicata alla storica casa di produzione Titanus: IL GATTOPARDO, presentato in piazza n una scintillante versione integrale perfettamente restaurata che conferma la sontuosità e tutte le ormai note caratteristiche di un capolavoro prodotto da Gregorio Lombardi, creatore e volto della celebre casa di produzione, a cui Tornatore ha dedicato un documentario risalente al 2010, ripresentato qui a Locarno, non a caso intitolato L'ultimo Gattopardo.

 

 

In una piazza come al solito gremita di spettatori, Dario Argento emozionato da tanto calore ci parla del suo celebrato esordio de L'uccello dalle piume di cristallo, prodotto, come tanti altri suoi film, proprio da Titanus, e nelle immagini che ci ricordano momenti salienti di quell'ottimo horror, riconosciamo la grandezza, lo stile visivo personalissimo di un autore purtroppo troppo opaco durante tutto l'ultimo ventennio, ma che resta, non fosse per quel che ha diretto nei '70, un grande uomo di cinema.

Ma è la sontuosa presenza di un Gattopardo restaurato ed in versione integrale smagliante che ci rende la giornata indimenticabile, anche quando una pioggia torrenziale funesta con prepotenza la proiezione, condizionando la visione proprio nel momento dedicato alla interminabile cerimonia con ballo e danze, che, anche sotto uno scroscio magari suggestivo, certamente disturbante e rumoroso, non perde il suo fascino ed anzi ci emoziona mentre resistiamo assieme a pochi altri "superstiti", al riparo di un tendone di fortuna, al nostro posto, meravigliati dalla grandezza del cinema italiano che fu e dalla maestria ineguagliata, dalla capacità di organizzazione e dalla insuperabile visione d'insieme che solo un grande come Luchino Visconti e pochi altri potevano riuscire a creare.

VOTO *****

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