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Cronache da Venezia 2012 - Giorno 7
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Venezia 2012, Giorno 7

 

Dopo essere stati affascinati da Après mai di Assayas e Pietà di Kim Ki-duk, per il settimo giorno di programma il Festival di Venezia presenta in concorso lo storico Les Lignes de Wellington di Valeria Sarmiento e l'imprevedibile (e folle) Spring Breakers di Harmony Korine.

LES LIGNES DE WELLINGTON


«Quando Paulo Branco mi chiese di portare a termine il film sulle guerre napoleoniche che Raoul Ruiz aveva ideato, mi sembrò un compito quasi impossibile. Leggendo, però, la sceneggiatura di Carlos Saboga, rimasi sorpresa: scoprii l’esodo dei portoghesi, il destino tipico della gente comune, la vita quotidiana durante un conflitto, dei punti di vista che hanno fatto sì che quel racconto diventasse mio. Il resto è consistito nel lavoro con gli attori, specialmente per i personaggi femminili che soffrono tanto nel corso di una guerra e, soprattutto, nel fare in modo che il paesaggio seguisse con la macchina da presa una paradossale tattica di guerra: il contraddittorio pellegrinaggio che fu la ritirata verso le “linee di Wellington”».

 

SPRING BREAKERS

 

Per il Fuori Concorso, è prevista la proiezione di It Was Better Tomorrow di Hinde Boujemaa.

 


«Quando ho conosciuto Aida, nel gennaio del 2011, seguivo come molti l’impulso di raccontare la storia della mia Tunisia, con tutti i dubbi e le incertezze che affrontavo con ogni istante che passava. Una rivoluzione è un momento unico nella vita, quando il paese che si conosceva cambia da un giorno all’altro.
Ho avvicinato Aida in strada. Sembrava distaccata da quel che stava accadendo. Questa donna insolente e combattiva approfitta del caos sociale quasi generalizzato per sfondare porte e trovarsi faccia a faccia con i vicini e a volte con brutte sorprese. Nella rivoluzione, Aida trova l’occasione su cui non contava più di cambiare la propria vita: la possibilità di trovare un tetto per riavere indietro i suoi quattro figli.
L’ho seguita per un anno e mezzo...»



Giornata ricca invece per Orizzonti che presenta l'italiano L'intervallo di Leonardo Di Costanzo, Fly with the Crane di Li Ruijun e Araf - Somewhere in Between di Yesim Ustaoglu.

L'INTERVALLO


«L’intervallo è il mio primo fi lm di “finzione”, finora avevo realizzato film documentari, ma anche in questo lavoro mi è rimasta intatta la curiosità nei confronti del reale come dimensione inesauribile di ispirazione, la fiducia nelle sue infi nite possibilità narrative. Perciò, anche in questo film, ho iniziato come nel documentario a osservare e ad ascoltare a lungo. Tutto questo per raccontare una storia di adolescenti dove gli adulti non ci sono o sono al di “fuori”, avvertiti come minaccia o come portatori di regole e consuetudini da rispettare. Qui sono quelle della camorra che minaccia e blandisce e con le quali a gradi diversi è costretto a fare i conti chi continua a scegliere di vivere a Napoli».

 


«Un anziano desidera che la sua anima salga al cielo, ma è incapace di rinunciare al suo legame viscerale con la terra. Quando alla fine si rende conto del suo decadimento fisico, non vede più la ragione di preservare il suo corpo, ma anzi capisce di doverlo abbandonare per liberare la sua anima. La storia di quest’uomo anziano dà la possibilità di capire, lentamente, che la terra è una fine unita con un inizio, e che tutto non è altro che un gioco divino inserito in un mondo profano».

 

ARAF - SOMEWHERE IN BETWEEN


«Araf - Somewhere in Between riflette il mondo di oggi, dove la gente vive in una sorta di vuoto. Sembra di essere arrivati alla fine del mondo che conosciamo e di essere sul bordo di qualcosa di “ignoto”. Non sappiamo come entrarci e cosa proviamo. Il sistema in cui viviamo ci manda dei segnali di allarme, ma non ci facciamo caso. Il film si svolge con questa prospettiva globale, su piccola scala, mettendo in mostra caratteristiche tipiche della Turchia. Entra nelle vite delle persone mediocri bloccate tra cultura nazionale e il proprio “araf”, il “luogo in mezzo”. L’ambientazione in una stazione di servizio è una metafora per evidenziare la natura mutevole e transitoria della nostra epoca, dove i personaggi principali sono crisalidi in un mondo pieno di ombre e di realtà fluide, alla ricerca di una via d’uscita».



La Settimana della Critica propone invece She Doen't Want to Sleep Alone di Natalia Beristain.


SHE DOESN'T WANT TO SLEEP ALONE


«Dove risiede la vecchiaia? Nella pelle o nel cuore? Alla fine del 2006 stavo scrivendo la sceneggiatura per la mia tesi, Pentimento, un mediometraggio sulla vita di una famosa attrice che comincia a scoprire che la sua forza fisica e la sua giovinezza appartengono al passato. In quel periodo i miei parenti hanno deciso che nessuno era più in grado di prendersi cura della mia vecchia nonna alcolizzata Lola, attrice a sua volta, e poco dopo l'hanno rinchiusa in un ospizio per attori anziani a Città del Messico. Allora ho cominciato a giocare con l'idea di No quiero dormir sola. Questo film, che mette in contrasto due voci diverse, è costellato di elementi autobiografici che, mi auguro, riescano a distaccarsi dalla mia persona per diventare una storia incentrata sulle questioni della solitudine, della ricerca di affetto, del confronto con l'invecchiamento, della scoperta di noi stessi attraverso lo sguardo di altre creature».

 

 

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