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WOODY ALLEN E I "GIUDICI DEL POPOLO"
di ilcausticocinefilo ultimo aggiornamento
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WOODY ALLEN E I "GIUDICI DEL POPOLO"

 

 

Il sospetto.

E' sufficiente. Come nel film di Vinterberg, per citarne uno. Non importano le evidenze, ad importare è soltanto ciò che viene creduto. E più persone ci credono, più a quanto pare dovrebbe essere allora ritenuto, l’argomento tal dei tali, credibile. E quante più persone ci credono, tanto più acquista vita propria e inizia a propagarsi a macchia d’olio. Assurdo, eh? Già. Lo stesso meccanismo all’opera coi milioni che si bevono tutto d’un fiato la storiella della terribile cospirazione di QAnon. Questo, tanto per sottolineare a quali assurde scemenze si possa arrivare a credere. A crederci fermamente e in milioni di persone.

Ma, dopotutto, come si fa a non crederci? Come si fa a non credere che esperti e giudici di due distinti processi siano tutti idioti o prezzolati? Come non credere che sia impossibile mentire, anche su argomenti molto scottanti? Come non sostituire al processo legale quello a fuor di popolo, e mediatico in aggiunta, quando i temi sono così scabrosi e il tutto così… beh, credibile?

 

Tra i tanti momenti della Mostra del cinema di Venezia di quest’anno, eccone uno emblematico dell’incapacità di certe persone (a prescindere, sia chiaro, dal loro sesso) di distinguere e pensare criticamente. Mi riferisco ovviamente alla contestazione da parte di un gruppetto di femministe al passaggio di Woody Allen al Lido.

Se bastasse davvero una denuncia per condannare ad aeternum un uomo o una donna vivremmo in un contesto peggiore del Medioevo. Non ha senso dire che – siccome la persona ha denunciato – allora bisogna aver fede nella parola di quella persona (spoiler: anche le donne [e i bambini] mentono, anche le donne [e i bambini] possono essere condizionate ecc. ecc.). Per nostra fortuna, finché dura, rimane in essere un certo stato di diritto che, pensa un po’, richiede qualcosina in più: indagini, prove, un giusto processo.

 

Va bene “accendere i riflettori” sul problema degli abusi – in questo caso particolare nel mondo del cinema – ma da qui alla sommarietà di una sorta di condanna inappellabile per consenso popolare ce ne passa.

Tra l’altro, sarebbe magari il caso eventualmente di scegliersi meglio gli obiettivi. Difatti, diciamolo chiaramente: Allen è stato assolto per ben due volte e – per quanto oggi in America sia diventato un paria – la rinnovata ondata di accuse da qualche anno a questa parte non ha dato vita ad alcun processo. Perché? Verosimilmente perché non ci sono nuovi elementi. Tradotto: continuano a non esserci prove. Se non si sono trovate all’epoca, difficilmente si potrebbero trovare oggi, dopo trent’anni, d’altronde.

 

Dire questo significa offendere qualunque vittima di stupro o molestia? Qualcuno sicuramente cercherà di farlo credere, specie in quel di Hollywood che – notoriamente – non è certo una conventicola di pensatori rivoluzionari. Ci si adegua, diciamo. Se una particolare persona di punto in bianco diventa impresentabile, meglio distanziarcisi il più in fretta e il più a lungo possibile, onde evitare possibili perniciose ricadute “di carriera”. Si spiega banalmente con questo l’ormai vecchia parata di “star” che si sono dette profondamente pentite e contrite di aver lavorato con Allen o – addirittura, eresia delle eresie – di essersi formate anche coi suoi film. Ahh, potessero tornare indietro: non li guarderebbero più, per evitare di acuire i patimenti di una vittima. Vittima accertata, va da sé, per l’appunto al di là di qualunque prova o processo.

E, dunque, dire questo significa mancare di rispetto a tutte le vittime a tutte le latitudini? No, significa più prosaicamente cercare di tener fermi alcuni punti. E cioè, di nuovo, che non si può sprofondare in una specie di neo-oscurantismo in cui a contare è solo ciò che viene creduto e solo sulla base di quello si giudica o addirittura si cerca di indirizzare il corso del sistema legale. “La Terra ruota intorno al Sole? Ma chi se ne frega delle prove, io non ci credo”. “Uno viene assolto due volte dalle accuse di stupro? Ma va, io non me la bevo, per me rimane uno stupratore e finita lì, ormai ci credo”.

 

E infine, dal lato artistico, indubbiamente bisognerebbe sempre cercare di scindere l’autore dalla sua opera, per quanto attiene ai cosiddetti “giudizi morali”. Perché altrimenti se si dovesse smettere di godere dei lavori di un artista soltanto per la presunta o meno immoralità – o illegalità – della sua condotta personale, beh, allora dovremmo smettere di ammirare per sempre pure la Vocazione di San Matteo di Caravaggio.

 

Playlist film

Il sospetto

  • Drammatico
  • Danimarca
  • durata 106'

Titolo originale Jagten

Regia di Thomas Vinterberg

Con Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkopp, Lasse Fogelstrøm, Susse Wold

Il sospetto

In streaming su Amazon Video

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