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La belva

Regia di William A. Wellman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La belva

di woody
8 stelle

Non posso che trovarmi d'accordo con l'opinione di ty che ben descrive il film in questione. Si tratta in effetti di un western anomalo: psicologico, confinato tra le nevi, zeppo di simboli e dalla fotografia maculata. Il fulcro della vicenda è rappresentato dai conflitti familiari cui la comparsa di una misteriosa ed invisibile belva (una pantera, un puma oppure ancora uno spirito, un demone?) contribuirà ad inasprire, rimescolare e risolvere attraverso molteplici confronti ed alterchi tra i vari componenti del nucleo il cui condizionamento matriarcale è sotto accusa, così come messa in discussione è anche l’egemonia del burbero ed acido Curt (inconsapevolmente rovinato da quella vecchia megera della madre). Il quadro è completato dal timido e sottomesso featello minore Harold, la sua futura promessa sposa Gwen (che provocherà il riemergere di pulsioni sopite da parte di altri due maschi), i due fratellastri (il buono e pacifico Arthur e Grace la sacrificata zitella), il padre ubriacone ed un indiano centenario. La caccia al feroce animale predatore diverrà marginale. Predominano i contrasti personali che ben presto riporteranno ad un corretto equilibrio i vari rapporti, instaurando nuovi legami fondati finalmente sull’affetto e non sull’avidità o vincolati dalle proprie nevrosi. Rimarcata la bellezza della cinematography e del cinemascope negli esterni, segnalerei anche l’acuto posizionamento degli attori per aumentare la drammaticità quasi teatrale dell’impostazione. Un film particolare e ben orchestrato. In passivo solo l'accelerato finale: un capitombolo ed un assestamento un pò frettolosi (occorrevano forse un paio di passaggi in più).

Su Robert Mitchum

Sempre di pietra, ma quando allucinato discute con sé stesso in totale solitudine, o dialogando col cavallo, impressiona.

Su William A. Wellman

Molto bravo a gestire le lotte intestine e a rappresentarle adeguatamente negli spazi sfruttando la larghezza del cinemascope (gli spazi che separano gli attori, il loro posizionamento ora tra l'uno e l'altro oppure al di sopra o al di sotto, hanno una chiara valenza simbolica.

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