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Quando hai 17 anni

Regia di André Téchiné vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Quando hai 17 anni

di laulilla
8 stelle

Qualcuno forse ricorderà Kacey Mottet Klein, il bambino-attore, grande protagonista del bel film di Ursula Meier (2012), Sister. Quel bimbo di allora, che è diventato quasi un giovanotto, ha confermato le sue doti di interprete, nella parte di Damien, uno dei due diciassettenni difficili su cui focalizza l’attenzione il regista André Téchiné in questo film, per la cui sceneggiatura si è avvalso anche della collaborazione della collega Céline Sciamma (Tomboy).

Siamo nella regione francese del Midi Pyrénées. Lì Damien frequenta il liceo con risultati da primo della classe. E’ un biondino che ha il volto e il corpo ancora da fanciullo: mingherlino, cerca di irrobustirsi un po’ imparando il pugilato con le lezioni dello zio, ma è timido, solitario e se ne sta in classe senza socializzare molto. Convive con la madre Marianne, medico (Sandrine Kiberlain), donna di grande umanità, che si sposta, quando è necessario, anche nelle località più impervie e innevate di quel territorio. Suo padre, a cui è legatissimo, è ufficiale pilota impegnato in Afganistan; con lui, tuttavia, insieme alla madre e grazie a Skype, intrattiene un rapporto quotidiano. L’altro diciassettenne è Tom (Corentin Fila), compagno di scuola di Damien, un bel ragazzo dalla pelle un po’ più scura, che vive con i genitori adottivi in una fattoria sulle montagne, dove si occupa anche di dare una mano nella conduzione degli allevamenti di famiglia. Per Damien studiare è semplice: abita vicino alla scuola e l’ambiente in cui si muove è culturalmente assai evoluto e attrezzato per offrirgli attenzione e aiuto se gli occorre; per Tom, invece, i problemi sono maggiori: levatacce per raggiungere la scuola, scarso il tempo per studiare, pochi gli aiuti che i genitori sono in grado di offrirgli, anche se non gli manca il loro caldo sostegno. La differente provenienza socio-ambientale non dovrebbe compromettere la serena convivenza in classe dei due studenti, visto che la scuola serve anche ad accogliere, valorizzandola, la diversità delle esperienze e degli interessi: non è così, purtroppo. Damien e Tom non fanno altro che guardarsi in cagnesco e aggredirsi con violenza, senza alcun motivo, né risultano efficaci i tentativi delle autorità scolastiche per comporre la manifesta reciproca ostilità. La situazione sembra all’improvviso potersi sbloccare: la madre di Tom, Christine (Mama Prassinos), è incinta: se ne rende subito conto Marianne, chiamata per una febbre altissima e improvvisa che aveva costretto a letto la poveretta. Alcuni sintomi, che la donna collegava all’influenza, inducono Marianne a farle un test di gravidanza che infatti risulta positivo. Non era la prima volta, ma in passato mai Christine era riuscita a portare a termine la gravidanza: diversamente Tom non sarebbe lì, come, con involontaria crudeltà, più tardi il padre di Tom avrebbe detto al ragazzo, in una scena memorabile per l’intensità ineffabile dell’espressione ferita del giovane. In ogni caso, all’oscuro di tutto, Marianne promette di aiutare Christine a tenere il bambino, assicurandole non solo la costante assistenza durante i lunghi mesi in cui sarà costretta a letto, ma ospitando a casa sua Tom, che con Damien potrebbe studiare senza perdere l’anno. Ha inizio così, fra mille diffidenze, il lento e altalenante avvicinarsi dei due giovani, che si respingono brutalmente ma che si studiano e si attraggono quasi senza volere, perché la loro è un’età nella quale è difficile essere coscienti di ciò che si cerca, di ciò che si vorrebbe, e soprattutto di ciò che si è, e anche di ciò che sessualmente si desidera. 

Non per nulla è Rimbaud l’autore citato fin dall’inizio del film, letto a scuola e subito amato da Damien: “Non si può essere saggi quando si ha 17 anni“

 

 

Il film è delizioso, poiché è capace di rappresentarci, impareggiabilmente, con immagini indimenticabili,  le ragioni più profonde dell’agire e del cuore dei due giovani e il loro lento maturare, grazie (per rimanere dalle parti di Pascal) all’ esprit de finesse  che caratterizza il racconto attentissimo del regista e della sensibilissima Sciamma. Evito di aggiungere altri particolari della storia, quelli della tragedia e del dolore, perché  è bene che chi vede il film li scopra da sé. Segnalo, invece, l’eccezionale recitazione degli attori, fra i quali si distingue la bravissima Sandrine Kiberlain, nonché la fotografia bellissima e suggestiva, che ci racconta il trascorrere delle stagioni in un paesaggio affascinante, a sua volta luogo dell’anima, aspro, minaccioso, dolce, e gelido, come il sentire di tutti i personaggi del film. Da vedere, sicuramente.

 

 

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