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La nostra terra

Regia di Giulio Manfredonia vedi scheda film

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La recensione su La nostra terra

di mm40
5 stelle

Puglia. Lo Stato confisca un terreno agricolo alla mafia; per fare funzionare la cooperativa che vi avrà sede, viene inviato sul posto Filippo. Questi non solo è un funzionario legato a codici e prassi burocratiche, del tutto ignaro della realtà concreta fattuale, ma è anche del nord, cosa che gli impedirà di rendersi conto di ciò che dovrà affrontare.

 

Dopo la fortunata parentesi disimpegnata costituita dalla doppietta di film con Antonio Albanese (Qualunquemente del 2011 e Tutto tutto niente niente del 2012), Giulio Manfredonia ritorna alla commedia impegnata. In sostanza La nostra terra riparte esattamente da dove il regista era rimasto per il precedente Si può fare (2008), film leggero-ma-non-troppo ben radicato nella realtà contemporanea italiana e non privo di elementi drammatici atti alla riflessione. Che pure non è il punto forte dei lavori del regista romano, che preferisce sempre suggerire piuttosto che decretare, mettere in discussione prima ancora che moralizzare. E così accade anche in questa occasione, in un lavoro scritto con la dovuta cura da Manfredonia insieme a Fabio Bonifacci che fa emergere una tematica cinematograficamente sinora ignorata come è quella delle cooperative antimafia e delle terre confiscate ai malavitosi che a esse sono affidate. Sicuramente non un argomento semplice, tanto che risulta qui fondamentale la presenza di numerosi interpreti leggeri (o capaci di virare all'ironico, sebbene tale fattore finisca per sminuire la portate del discorso di fondo): Stefano Accorsi, Sergio Rubini, Giovanni Esposito, Iaia Forte, Bebo Storti sono i volti principali dell'opera, insieme a Nicola Rignanese, Debora Caprioglio e Maria Rosaria Russo. Nel complesso un lavoro gradevole, dalla confezione sufficientemente solida e lontano dagli stereotipi sia del cinema ridanciano e idiota sia da quello televisivo (e idiota, parimenti) suoi contemporanei. 5/10.

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