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Orlando Ferito

Regia di Vincent Dieutre vedi scheda film

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La recensione su Orlando Ferito

di EightAndHalf
6 stelle

"Ma le lucciole sono davvero scomparse?". Certamente no. Basta apportare una piccola correzione all'opera di Pasolini, con la sua apocalittica morte politica del mondo, per trovare piccoli barlumi (nel senso letterale del termine) di speranza nel paesaggio palermitano, luogo in cui ancora può sopravvivere la vita vera. Questa stessa, che trova la sua incarnazione nel legno usurato della marionetta di Orlando, è ferita, arranca disperatamente alla ricerca non più del suo senno ma del senso di partecipazione, come se un progresso solo ostentato, rappresentato dall'accecante luce dei riflettori del mondo dello spettacolo, l'avesse trafitto con una lancia, vincendo nella continua battaglia fra realtà reale e finzione reale. Adottando un genere assolutamente insolito, forse associabile solo a Level Five di Chris Marker o a poco altro, Dieutre mischia il documentario allo sperimentalismo, e aggiunge al suo trattato sociologico sulla fine dell'Italia (a partire dall'esempio emblematico della Sicilia) in­serti autobiografici, interviste sia a intellettuali sia a gente del popolo, panorami eccelsi, un folklore molto particolare e improvvisi guizzi lirici nel rappresentare la recitazione "legnosa" dei Pupi. In una lotta estrema contro una nuova sovrastruttura che comporterebbe un nuovo tipo di alienazione marxista, quale l'alienazione dalla propria stessa società e identità sociale, Roland blessé cerca nella società italiana della ricostruzione mediatica e televisiva la sincerità dell'istinto, la semplicità dell'azione, del gesto (rivoluzionario, sessuale, politico), come l'aveva professata Pasolini e che, nella volgarità dilagante, sta per andare perduta. Nell'approccio diretto alla vita, in quelle dimensioni di cui anche la società moderna ha comportato ipocritamente la condanna, Dieutre tenta di riscoprire un'origine culturale, affermando che la cultura è dappertutto ma che è stata castrata (anche qui, nel senso letterale del termine) dal berlusconismo, fenomeno di facciata e totalmente estetico, privo di reali contenuti e dal punto di vista teorico incapace di colmare il vuoto lasciato dalla ferita di Orlando, ovvero dalla tentata distruzione della vitalità vera e non ricostruita. La realtà non può essere controllata, sedata: l'inno ottimistico del regista francese sta nella possibilità di poter osservare realisticamente sé stesso in Sicilia, di poter indagare il Caos appagante dei quartieri della Vucciria o di Ballarò di Palermo, oppure ancora di fissare l'ingresso di un'università di Catania come nell'attesa che succeda qualcosa di irreparabile e di poter davvero fare ancora, attraverso un film che aspiri ad essere un'opera d'arte, una riflessione autoriflettente e terapeutica sul rapporto fra verità e finzione, verità che si impone provocando le divagazioni sui personaggi che circondano il protagonista-autore (Luigi e Gaspare su tutti, entrambi suoi amanti più o meno stabili) e finzione che dall'altro lato rivela la sua natura "finta" perché non ha bisogno di illudere (si vedono coloro che muovono i burattini, volutamente mal nascosti dalla cinepresa). L'opera dei Pupi, espressione di una purezza che è il folklore siciliano (qui osservato in maniera talmente edulcorata e intellettualmente nostalgica da risultare necessario), è Lucciolino, quella piccola marionetta che fa sorgere dalla città di Palermo al sorgere del Sole tante piccole luci, lacrime di fenicie che risanano la ferita di un Orlando che straziato in una Zattera della Medusa che è un barcone di immigrati tenta disperatamente di tornare in patria, insieme a un gruppo di uomini che in Sicilia (e a Lampedusa) sono accolti e possono davvero vivere: l'immagine vitale dello sbarco degli immigrati. L'Odissea personale ma strutturale e per nulla contingente di Dieutre è ritorno alla sanità, alla purezza d'animo e di vita, alla consapevolezza fragile di un animo umano che può e deve poter rivendicare le proprie essenze materiali e fisiche. Essenze materiali e fisiche che specie oggi giorno, con nuove aperture mentali e accettazioni nei confronti di omosessualità e diversità, vanno tutelate, e che diventano vero e proprio sentimento, ideologia, espressione di una politica. Ecco che tutte le parti del film, tutte le chiavi di lettura, si uniscono in un grande affresco del reale italiano visto dagli occhi di un francese, che con occhi di turista non vede i cliché a cui ci hanno abituato ma vede briciole di lucciole, banalissime speranze in un futuro migliore.
Ma ecco che Dieutre forse si fa prendere troppo la mano, suggerendo troppe volte i riferimenti a Pasolini e speculandoci tanto su da risultare ridondante e prolisso, nonostante la vastità dei temi e dei riferimenti che all'interno di Roland blessé si possono trovare. E non si può negare un certo compiacimento intellettuale e autoreferenziale nel raccontare le proprie esperienze e nell'adagiarsi nella semplicità siciliana con un tono problematico molto generale, e che non entra nel particolare della quotidianità (nonostante entri il burattino della Morte a parlare dei mali quotidiani, come la rivalità fra un uomo e un suo nemico), lasciando incompiuta un'esplicita intenzione. La sensazione poi che si succedano più di venti finali uno dopo l'altro non fa che acuire un senso di spossamento da parte dello spettatore che più che rispecchiare l'andamento zoppicante dell'Orlando ferito dimezza il potenziale fascino di un'interessantissima pellicola, aumentata inutilmente di almeno una buona mezz'ora, scoraggiando una seconda visione che certo risulterebbe chiarificatrice di molto. Difficile, a tratti ostico e fin troppo insistente, estenuante, ma da studiare come un trattato di sociologia o antropologia, e da prendere come tale: non è un film come gli altri.

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