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Facing Mirrors

Regia di Negar Azarbayjani vedi scheda film

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La recensione su Facing Mirrors

di OGM
8 stelle

La Repubblica Islamica dell’Iran riconosce ufficialmente la transessualità. L’operazione per la riassegnazione di genere è praticata nelle strutture pubbliche e finanziata da un contributo statale. È l’effetto di una fatwa emessa nel 1987 dall’ayatollah Khomeini. Ciononostante, il fenomeno non è accettato dalla società, e i diretti interessati sono circondati dall’incomprensione e soggetti a forti pressioni psicologiche all’interno delle famiglie. Questa è la situazione di Adineh, una ragazza di Teheran che ama travestirsi da uomo e che si fa chiamare Eddie. I suoi genitori vorrebbero darla in moglie ad un cugino, gli accordi sono stati presi, ed il matrimonio è ormai imminente. Per sottrarsi a quell’obbligo umiliante,  ad Adineh non rimane che scappare. Purtroppo il suo piano di fuga è stato compromesso dal padre, che le ha fatto a pezzi il passaporto. Nell’attesa di ricevere il duplicato del documento, la giovane deve nascondersi, rifugiarsi in una località segreta, cercando di non dare nell’occhio, perché sa di essere braccata. È durante il suo peregrinare che incontra Rana, un’altra donna costretta a vivere nella menzogna: è la moglie di un detenuto e, per poter pagare le rate della macchina appena comprata e mantenere sé e la figlioletta, passa le giornate al volante, lavorando come tassista. Non è facile, ed è alquanto pericoloso, esercitare quella professione in un Paese nel quale la condizione femminile è tanto problematica. Eppure, in qualche modo, riesce a tirare avanti, mantenendo la massima prudenza e discrezione, e facendo credere al marito di essere impiegata presso una sartoria. Adineh e Sara sono donne condannate ad una solitudine che dipende in  parte dal destino, in parte dalla mentalità corrente, che vorrebbe assegnare loro un ruolo fittizio, in diretto contrasto con la loro personali realtà. Sono autonome per forza, poiché non possono contare sull’aiuto della collettività, che le guarda con sospetto. Per poter sopravvivere con dignità, devono inventarsi un’esistenza fuori dagli schemi, che appare normale soltanto a chi la vive da dentro, e la vede come l’unica possibile risposta ai propri bisogni fondamentali: esigenze di base che vanno dalla necessità di procacciarsi al cibo al desiderio, non meno importante, di essere se stessi. Il film della regista esordiente Negar Azarbayjani fa della denuncia sociale un filo sottile, graziosamente avvolto intorno alla trama del sotterfugio, i cui ricami seguono le morbide sinuosità delle emozioni trattenute.  Due drammi si guardano negli occhi, scoprendosi diversi per carattere ed origine, eppure profondamente simili nel senso di smarrimento che li rende alieni al mondo circostante. Due naufraghe si ritrovano insieme a lottare nello stesso mare in tempesta, sia pur avendo traguardi distinti, e ragioni che ognuna deve spiegare all’altra. Una burrascosa realtà sovrasta i loro segreti affanni, soffocandone i lamenti, ma basta abbassare il capo e tendere l’orecchio per coglierne i delicati sospiri. L’obiettivo di Azarbayani si avvicina ai loro volti, dentro l’abitacolo di un’auto, ai bordi di una strada, in un letto d’ospedale, nell’intimità di una casa. Sono due esseri anomali, che la gente squadra da capo a piedi, ma che, con questo rispettoso cambio di prospettiva, si trasformano in creature speciali, forse strane, ma assolutamente, e magicamente, vere.

 

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