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Devil's Knot - Fino a prova contraria

Regia di Atom Egoyan vedi scheda film

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La recensione su Devil's Knot - Fino a prova contraria

di OGM
6 stelle

Legal thriller irrisolto, ispirato ad una vicenda reale. Atom Egoyan ci conduce attraverso il mistero direttamente tratto dalla realtà, che è, per sua natura, molto meno affascinante delle leggende inventate per coprirlo. Tre adolescenti vengono accusati di aver barbaramente ucciso tre bambini, i cui corpi sono stati ripescati, nudi e legati, nel torrente che attraversa un bosco dell’Arkansas. È il 5 maggio del 1993. Mancano ancora anni al momento in cui l’incubo terroristico comincerà a dominare la scena, e l’ossessione della provincia americana ha ancora la forma casereccia ed ancestrale delle superstizioni: i presunti assassini vengono subito individuati come tali in virtù delle sinistre stravaganze di uno di loro, Damien Echols, che si veste di nero, ascolta musica heavy metal, legge libri sulla stregoneria, ed  è considerato il leader spirituale del gruppo. I sospetti della middle class rurale si concentrano su coloro che è sin troppo facile additare come diversi, ribelli alle regole ed alle buone maniere, e per questo considerati personificazioni del male. La genesi dei verdetti preconfezionati, nei quali il furor di popolo si erge a giudice anche nelle aule dei tribunali, è un fenomeno estremamente banale, tanto rapido quanto superficiale. Non aspettatevi, dunque, la suspense intellettuale che caratterizza le indagini scrupolose ed i dibattimenti fondati sulla ragionevolezza del dubbio. Questo film va per le spicce, come le sentenze che non passano attraverso il vaglio della logica, perché viaggiano a bordo delle emozioni più scontate e primitive. La debolezza della narrazione costituisce, in un certo senso, la sua forza,  poiché ne esprime la capacità di interpretare quelle imperscrutabili dinamiche che, soprattutto nelle piccole comunità, condizionano i pensieri prima ancora che questi arrivino a prendere contatto con la realtà dei fatti. Degli eventi effettivamente accaduti, in quel maledetto pomeriggio di primavera,  a tutt’oggi non si sa nulla di preciso. Le prove decisive sono andate perdute, oppure non sono mai state raccolte.  Le certezze sono state costruite su basi umanamente ben più solide, benché destituite di ogni fondamento scientifico o giuridico: si tratta delle convinzioni a priori, impossibili da scalzare, più che altro perché quasi nessuno ha interesse a provarci. Unico difensore dell’obiettività è il personaggio interpretato da Colin Firth, un investigatore solitario che cerca la verità dalla posizione perdente di chi vede il buio dove tutti gli altri sono accecati dalla luce. Un eroe esautorato in partenza dalla mancanza di un nemico contro cui combattere alla pari, e  che sia armato dello stesso tormento di chi desidera ardentemente scoprire la verità, ma è dolorosamente consapevole della propria parziale impotenza oltre che della limitatezza della propria prospettiva.  Il protagonista lotta da solo, e, non potendo egli sviluppare un contradditorio con un interlocutore che sia alla sua altezza, i suoi colpi si limitano a fendere l’aria. Più di così non si poteva fare: il discorso vale per lui, e per chi di lui racconta la storia,  davvero povera di sorprese, in quanto nata in un ambiente che è refrattario al nuovo e all’imprevisto. Devil’s Knot ossequia il dovere di cronaca, relativamente ad un episodio che, pur nella sua drammaticità, non sembra concedere spazio alcuno all’elaborazione letteraria o a qualsivoglia approfondimento. La materia è scarna e convenzionale come il preconcetto. E la sua traduzione cinematografica ha, per forza di cose, il carattere delle nobili imprese  destinate a non andare lontano. 

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