Regia di Alina Marazzi vedi scheda film
Quanto, di se stessa, perde una donna quando dà luce a un bambino? L’opera equilibrista di Alina Marazzi parte da questa domanda, dal ribaltamento della nascita di un figlio considerata come “regalo”, come “arricchimento”. Le donne, invece, spesso si smarriscono, perdono pezzi che non riconoscono. Lasciano, così, una scia terribile e luminescente di frammenti di sé, che la Marazzi risale controvento, con la stessa pacata ma cocciuta attenzione della sua protagonista Pauline (Charlotte Rampling): un’etologa, che attraverso uno schermo piatto osserva il comportamento misterioso e affascinante dell’irrazionale specie animale homo sapiens. Riconosce negli occhi ferini (Animal’s Eyes, cantano i Ronin sui titoli di coda), nelle movenze incaute, il conflitto insanabile tra una donna e la sua nuova identità di madre. In Emma (Elena Radonicich) rivede un’altra mamma, la sua, ma forse si sbaglia: difficile capirlo, quando letteralmente tutto le parla di lei, da un servizio in tv alla sua vecchia casa di bambole. La regista cuce il ricordo con l’immaginazione, l’intervista frontale con la stop motion, ricompone febbrilmente un patchwork che è rappresentazione poetica di una donna/madre alle prese con la dispersione di sé. Ma anche, inevitabilmente, metafora di un altro parto: quello artistico di un’autrice che dà vita a un progetto/figlio, lo scopre poco a poco, ne saggia la meravigliosa, terrificante fragilità e, infine, a lui si abbandona con generosità materna.
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