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Il volto di un'altra

Regia di Pappi Corsicato vedi scheda film

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La recensione su Il volto di un'altra

di OGM
8 stelle

Il mito dell’immagine riduce la realtà, anche quella scintillante dello spettacolo, ad un quadro finto ed accartocciato. La sua superficie rugosa ha il fascino liso ed opaco del cinema grottesco di un tempo, in una tavolozza che spazia dai colori smaccati dei misteri hitchcockiani al feroce bianco e nero di Georges Franju. Questo film si lascia mordere dall’aggressività  dell’iperbole terrifica o sarcastica che accompagna l’antico senso del fantastico esattamente come il moderno senso del declino, e ci riporta  tanto alle mirabolanti semplificazioni alla Georges Méliès quanto alle plasticate trasfigurazioni dell’ultimo Fellini. La trasformazione  - soprattutto quella dai connotati mostruosi -  è un processo innaturale, improvvisamente innescato dall’avvento di una trauma o dalla comparsa di un sogno, che spezza la continuità del tempo, causando la nostalgia per il passato e la preoccupazione per il futuro. Bella, la giovane ed attraente anchorwoman che è rimasta ferita al viso in un incidente d’auto, rimpiange la sua perduta avvenenza, mentre l’umanità freme per l’imminente passaggio di un asteroide, tanto grande da poter produrre una catastrofe di dimensioni planetarie. L’abituale facciata della normalità si spezza, la leggenda lascia il posto alla visione escatologica del nulla sarà più come prima, ma anche questa inattesa svolta può diventare l’ennesima occasione di alimentare la macchina dello showbiz.  Pappi Corsicato dipinge la finzione che si sovrappone al dramma con le tinte rozzamente ingenue della caricatura, nelle quali l’orrore si sposa alla banalità, diventando l’ombreggiatura morale di un’ordinaria storia di ipocrisia altoborghese, di denaro che fa girare il mondo, di frivolezza assurta a ragione di vita. La famosa conduttrice televisiva, nonché moglie di un celebre chirurgo estetico e titolare di una lussuosa clinica svizzera, si trova al centro di uno squallido raggiro finanziario, volto a nascondere il tramonto di una stella, il fallimento di un imprenditore, in breve il crollo di un’illusione popolare servita come un piatto di pronto consumo: tutti possono diventare come hanno sempre desiderato, protagonisti del piccolo schermo e creature perfette, seguendo l’esempio dei vip, vestiti di una carne tanto splendente quanto malleabile. La bionda protagonista, che dovrà ritornare bella, benché diversa, con un intervento eseguito dal marito in diretta tv, è l’icona di una verità costruita su misura, che sconfigge – o per lo meno fa dimenticare – l’umana impotenza di fronte all’inevitabile.  Tutti hanno gli occhi puntati su di lei, personaggio di una brutta favola di cui aspettano con trepidazione l’immancabile lieto fine, e intanto nessuno pensa più a quel corpo celeste che minaccia la sua stessa sopravvivenza. Bella è la personificazione di ogni genere di speranza, quella che riguarda le sorti del mondo, o quella che si annida nel povero cuore di un giovane idraulico che canta in un locale di montagna e si innamora di una principessa. Quella donna irraggiungibile è la musa di una umanissima poesia: le frustrazioni diventano infatti letteratura,  talvolta nobile, ma più spesso triviale, quando, per trovare conforto, si rigirano nella futilità che le ha generate. Nascono così i romanzetti rosa, i gialli tascabili, i racconti di fantascienza da leggere sul treno e tutti quei generi che vendono a prezzi stracciati l’invenzione dell’impossibile: un’utopia che, finalmente, risulta comprensibile e ben inserita nelle nostre vicende, e in quelle quattro parole che bastano a descriverle. Il volto di un’altra  ci restituisce a piene mani quello spirito decadente e naïf: il fantasma di un’arte da due soldi, che sembra sorpassato solo perché è espressione di un male universale che eternamente, e vanamente, cerchiamo di lasciarci alle spalle. 

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