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Bel Ami. Storia di un seduttore

Regia di Declan Donnellan, Nick Ormerod vedi scheda film

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La recensione su Bel Ami. Storia di un seduttore

di mc 5
6 stelle

Nello scorso weekend non sussistono dubbi che le uscite più "ingombranti" erano lo splendido "Diaz" di Daniele Vicari (uno dei film italiani più belli di sempre) e quel "Battleship" che è schizzato in tempo reale al primo posto del box office (e qua è inutile discutere: evidentemente queste technominkiate incontrano al 99% il gusto popolare, benissimo, si vede che il mio gusto non è il gusto popolare, me ne farò una ragione). Oltre a questi due titoli principali, uno striminzito manipolo di pellicole minori, tra le quali ho privilegiato quella che mi pareva, a lume di naso, la meno peggio. Le recensioni (per lo meno quasi tutte) lo hanno stroncato, questo "Bel Ami" (coproduzione anglo franco italiana). E il motivo preminente delle bocciatura è talmente evidente che sarebbe quasi superfluo citarlo, ma credo che lo farò qualche riga più avanti, se non altro per amore di verità e perchè è quasi scandaloso che le produzioni pretendano un attore "perchè ha molti fans" anche se è palesemente negato per un ruolo da protagonista. Ma devo altresì dire che, a parte il tizio cui accennavo, il film non è affatto male. Prima di tutto un'ottima ambientazione: una Parigi di fine Ottocento ricostruita nei dettagli in maniera eccellente, dagli interni alle strade, ai palazzi e agli abiti, tutto restituisce in modo suggestivo uno sfondo e un'epoca. Più avanti mi soffermerò sul cast, ma mi preme dire fin d'ora che il motivo che vale il prezzo del biglietto è la (tutto sommato rara) opportunità (preziosa senz'altro per chi come me ama un cinema d'attori) di vedere recitare tutte e tre assieme tre splendide donne che coincidono con tre meravigliose attrici (Uma Thurman, Christina Ricci, Kristin Scott Thomas, un tris divino!). La sceneggiatura è stata rielaborata da tale Rachel Bennette sulla base del celeberrimo romanzo di Guy de Maupassant (non so dire quanto fedelmente perchè confesso di non averlo mai letto, ma non è escluso che decida di farlo, dato l'appassionante intreccio del film). Qualcuno ha detto (e probabilmente a ragione) che nel film non c'è traccia del gusto di Maupassant nel criticare ferocemente l'alta società francese, ma credo che, anche per motivi di appetibilità commerciale, obiettivo primario di registi (sono due) e produzione fosse quello di "sparare" sul pubblico un bel drammone di gelosia e ripicche amorose. Certo, la Parigi del conflitto con l'Algeria resta sullo sfondo, ve n'è qualche cenno, ma qui quel che conta sono le schermaglie amorose di questo giovane ambizioso che più che sedurre è lui che viene sedotto dalle donne (tutte e tre vogliose, inquiete e intimamente spregiudicate). La storia è cinematograficamente scritta abbastanza bene, forse non riesce ad appassionare mai veramente, dato un protagonista che come attore dà il peggio di sè, però lo sfondo è talmente azzeccato e l'insieme dunque credibile, che una quota di divertimento è assicurata. La recitazione e un po' tutto l'insieme sono di stampo classico e teatrale, e data l'epoca e il soggetto non poteva essere altrimenti. Da più parti si è detto che il tema centrale è più che mai di attualità: Georges Duroy, il giovane protagonista, reduce dal fronte algerino e destinato ad una vita da spiantato al verde, sceglie la strada dell'arrampicata sociale, anzi diciamo che ha il fiuto che ci vuole per subodorare le occasioni giuste, che coincidono sempre con scorciatoie basate sul sesso e sugli affari. Georges è un uomo senza scrupoli, sempre attento a sfruttare le persone giuste e le occasioni che possano favorirne la rapida scalata sociale. Chi ha evidenziato l'attualità della storia qui raccontata, ha forse intravisto in Duroy la versione maschile aggiornata di una "velina", disposto a tutto, dominato dall'ossessione per il successo e pronto a sfruttare la propria bellezza a fini di carriera, intrecciando sesso, politica, affari e media come terreno culturale d'eccellenza per qualunque progetto di corruzione. La storia è piuttosto semplice, dominata da seduzioni, amori possessivi e travolgenti gelosie. Georges conosce (e seduce) tre donne e sfrutta di ciascuna la passione che egli suscita in esse, agevolando una luminosa carriera come giornalista, pur sapendo egli a malapena buttar giù due righe. Ma la faccenda è meno lineare di come ci appare. Essenzialmente perchè si tratta di tre femmine (ciascuna a suo modo) piuttosto furbe a cercare di contrastare (quando non è troppo tardi per poterlo fare) il cinico opportunismo del baldo giovane. Diciamo che Georges trova pane per i suoi denti, nel senso che le donne cercheranno di fargliela pagare. E il film si basa si questa continua fibrillazione del protagonista che fatica sempre di più a reggere il castello di opportunismo che lui stesso ha costruito, forse perchè si rende conto che le tre donne sono, per quanto vogliose e dipendenti dalla passione per quel bellimbusto, in realtà molto più toste di quanto lui supponeva. E c'è un finale, che ovviamente non rivelerò, che pare salvare Georges dalla disfatta: il terzetto femminile è ancora lì intorno a lui, a svolazzare come avvoltoi, ma lui sceglie una via d'uscita clamorosa, un escamotage che pare metterlo in salvo. Dico "pare" perchè poi chissà se davvero questa "sorpresa" gli preparerà un futuro felice. Io avrei qualche dubbio, dato che nel nostro uomo latita l'intelligenza e anche la sua presunta furbizia si è rivelata nel tempo un'arma a doppio taglio. I due registi, di provenienza teatrale, Declan Donnellan e Nick Ormerod, sono alla loro opera prima e va ad essi riconosciuta innanzitutto l'abilità nel ricostruire ambienti ed immagini che ci consegnano integra e perfetta la Parigi di fine secolo. E a questo scopo i due cineasti si sono avvalsi dell'ottima fotografia curata da Stefano Falivene (Christina Ricci adagiata sul letto e illuminata da un raggio di sole sembra un dipinto di Manet) e soprattutto dell'attentissima scenografia di Attila Kovacs (certi arredi e certe stanze fumose sono ricchi di dettagli minuziosi e curatissimi). E concludiamo con un cast davvero buono. Intanto segnaliamo quel glorioso caratterista irlandese che è Colm Meaney, come al solito bravissimo. Poi, naturalmente, le tre star femminili. Qualcuno ha scritto che non sono tutte in parte allo stesso modo, o che almeno una è fuori ruolo. Io dissento. Le ho trovate tutte e tre meravigliose, una più brava dell'altra. La Thurman ambigua come il ruolo le richiede. La Scott Thomas trattenuta e calibrata, eccezionale. Christina Ricci straordinaria, con quel viso da bambina in cui campeggiano quei due incredibili occhioni dolci che hanno sedotto anche me (che non sono esattamente un Bel Ami...). Rimane un solo elemento di cui riferire. Ed è perfino imbarazzante farlo. Mi limiterò a dire che Robert Pattinson in questa pellicola è talmente fuori ruolo, impacciato ed inetto che è riuscito (di questo gli va dato atto) a rovinare la visione di quello che poteva essere un prodotto piacevole. Certo, il film in sè non è male, ma quando vedi l'irritante monoespressione di un protagonista che è presente praticamente in ogni inquadratura, beh, ti passa la voglia.


Voto: 6

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