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Villain

Regia di Sang-il Lee vedi scheda film

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La recensione su Villain

di UjiOgami
8 stelle

Il film è stato selezionato al primo posto nell’annuale classifica di Kinema Junpo e il regista, nome coreano ma giapponese di nascita, è una delle figure più interessanti nel panorama nipponico contemporaneo, essendosi fatto notare prima con il poetico ma non del tutto riuscito Scap Heaven e poi con il duro e toccante Hula Girls.
Con Villain siamo più dalle parti della seconda pellicola citata ed anzi qui Lee dipinge un affresco umano ancor più imponente, tratteggiando personaggi profondi e complessi interpretati da attori pienamente in parte (tanto che sia i protagonisti che i comprimari hanno fatto incetta di premi). La storia narra di un taciturno ragazzo di provincia, che vive con e per i nonni, accusato di omicidio. Quando è in procinto di costituirsi, una ragazza altrettanto timida conosciuta su internet lo convince a darsi alla fuga assieme a lei. Pur costruendo tutta la prima parte del film come un thriller,
Lee è poco interessato a questo versante, tanto da risolvere l’omicidio prima della metà della pellicola. E’ chiaro invece come gli stia a cuore scavare nell’animo dei suoi personaggi; infatti non solo la coppia protagonista, ma anche le rispettive famiglie e quella della vittima sono ben caratterizzate,  oltre ad indagare discretamente ma con intensità l’evoluzione del controverso rapporto tra i due amanti. Riesce così a raggiungere picchi emotivi davvero alti, in particolare con alcune scene della coppia in fuga che hanno un’intensità raramente rintracciabile altrove.
Nella convincente descrizione del contesto sociale nel quale si sviluppa la vicenda riesce poi a far emergere un’umanità che può essere tanto meschina quanto generosa e una gioventù vuota a cui manca il senso della vita (tema caro anche a Tsukamoto), concependo una riflessione sul senso di colpa e sulle responsabilità, certo non originale, ma che trova splendida espressione nel monologo del padre della vittima. E’ così che paradossalmente il personaggio più apatico, il protagonista, risulta essere anche quello più umano, riuscendo a restituire sullo schermo quella complessità caratteriale e psicologica di cui troppo spesso ci si dimentica quando giudichiamo le persone attorno a noi (Pirandello docet). Quello che non convince è però un impianto forse un pò troppo melodrammatico e una sceneggiatura più attenta alle emozioni che ai fatti, tanto da far risultare l’incidente che dà l’avvio al tutto, l’uccisione della ragazza, altamente inverosimile.

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