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L'ultimo esorcismo

Regia di Daniel Stamm vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'ultimo esorcismo

di Spaggy
6 stelle

Il sottotitolo più adatto per L’ultimo esorcismo potrebbe essere “come rovinare un buon film attraverso sbagliate strategie di marketing e gli ultimi minuti della storia”.

 

Il giovane regista tedesco Daniel Stamm, con la benedizione del produttore/regista Eli Roth, parte dal genere del found footage horror per costruire una storia che per tre quarti della sua durata rivela elementi che non ti aspetti da un prodotto low cost.

 

Costruito sull’alfabeto cinematografico partorito dal fenomeno The Blair Witch Project, il finto documentario si apre sulla figura e la delineazione del profilo del predicatore Cotton Marcus, figlio di un predicatore che lo utilizza fin da piccolo per i suoi sermoni/spettacolo nella chiesa locale. Il parallelismo tra uno showman e un predicatore è il punto di forza del successo di Cotton: non ha importanza ciò che egli dice ma come lo dice, la forma prende il sopravvento sulla sostanza e poco importa se una folla adulante di fedeli è pronta a ridare il proprio amen a una predica sulla ricetta del pane alle banane.

 

Cotton riesce a costruire la sua fortuna unendo l’attività di pastore con quella di esorcista, lavoro esercitato con l’uso di un vecchio e raro libro che il padre tiene in cassaforte (ne esistono solo venti copie al mondo e vi sono elencati tutti i demoni che Satana avrebbe portato via con sé nel tentativo di spodestare Dio dal Paradiso). La notizia della morte di un bambino autistico di dieci anni (anche egli ha un figlio autistico di quell’età) durante un esorcismo e la decisione del Vaticano di aprire un’accademia per esorcisti, lo portano a voler smettere con la sua professione di ingannatore di anime (lui stesso non crede a Dio e di conseguenza ai demoni) e a voler mostrare ad una troupe giornalistica tutti i trucchi usati durante le pratiche per ricreare demoniaci effetti sovrannaturali.

 

Seguito dalla giornalista Iris e dal teleoperatore Daniel, Cotton accetta la richiesta di un uomo che teme la presenza demoniaca nella sua fattoria.

 

Attraverso un viaggio in auto nelle campagne della Louisiana post Katrina agricola e ferma e nel tempo, costellato da incontri con gente che pone in risalto come la credenza popolare trovi spiegazioni irrazionali a eventi razionali, Cotton e la sua troupe raggiungono la fattoria incriminata e scoprono che la causa dell’assassinio delle bestie della stalla sembra essere la figlia adolescente del fattore, la sedicenne Nell.

 

Nell Sweetzer vive insieme al padre Louis e al fratello Caleb dopo che due anni prima la madre era morta per un cancro al seno. La ragazza vive rinchiusa in casa perché il padre per preservarla dalla perdita dell’innocenza preferisce impartirle un’educazione domestica e durante le notti manifesta violenti comportamenti che lei stessa non sa spiegarsi e non ricorda.

 

Facendo leva sulle credenze del padre e ricorrendo ai trucchi del mestiere, Common formula la sua diagnosi: Nell è posseduta dal più violento dei demoni, Abalam, che si attorciglia come un serpente all’anima delle sue vittime e ne profana la carne. Louis opta per l’esorcismo che viene subito messo in atto con esito positivo.

 

L’esorcismo è mostrato e spiegato dal pastore direttamente alla giornalista e viene mostrato come se fosse un esperimento di magia o un format con determinate regole da seguire: dagli anelli alle dita per provocare piccole scosse elettriche nel corpo dell’esorcizzata a un registratore con suoni e voci non naturali nascosto nell’abito di lino (la divisa da lavoro, come avrà modo di sottolineare Common stesso) ai fili trasparenti da muovere per fare tremare il letto in cui viene stesa la ragazza.

 

Intascati i soldi per l’attività svolta, Common e la troupe al seguito lasciano la fattoria per far ritorno a casa e si fermano in un motel per trascorrere la notte. Ed è qui che accade l’impensabile. Nell si presenta nella stanza del predicatore in preda ad una sorta di crisi, in silenzio, sanguinante e febbricitante. La ragazza viene subito portata in ospedale da cui viene dimessa il mattino seguente: il suo quadro clinico non presenta alterazioni e il padre, non credendo nelle potenzialità dei medici che già in passato non erano riusciti a salvare la moglie, si oppone a qualsiasi visita di tipo psichiatrico, la psichiatria non è cosa di Dio.

 

Una volta a casa la ragazza, dopo aver accoltellato il fratello durante una discussione (a cui non si assiste), viene rinchiusa nella sua stanza e incatenata al letto dal padre. Mentre l’uomo è in ospedale con il figlio, Common e i suoi giornalisti scoprono casualmente che la ragazza è incinta. È l’inizio della notte più lunga nella fattoria degli Sweetzer. Strani eventi di cui la ragazza è protagonista si susseguono: urla e voci provengono dalla sua stanza tappezzata di disegni in cui si mostra la fine di Common e della troupe, il gatto di casa viene barbaramente ucciso e il reverendo stesso aggredito.

 

Ritornato a casa dall’ospedale, Louis ha un lungo colloquio con l’esorcista sul da farsi. L’uomo, sostenendo che la figlia sia incinta di Abalam (era stato lo stesso Common a dirgli che il demone profana la carne delle sue vittime), pone il reverendo davanti ad un aut aut: o prova un nuovo esorcismo sulla ragazza o provvederà lui stesso ad ucciderla (solo “la morte può essere la salvezza”). Spinto anche da una nuova ondata di fenomeni violenti inspiegabili attuati da Nell, Common accetta di eseguire un secondo esorcismo, ricorrendo egli per primo a quella fede in Dio che credeva perduta.

 

Il secondo esorcismo e la sua “riuscita” portano all’epilogo della vicenda: nessun demone sembra coabitare nel corpo della ragazza, che sembra solamente travagliata da un forte conflitto interiore per non essere stata la “brava ragazza” che il padre desiderava.

 

Common può finalmente andare via ma sulla strada del rientro un incontro “casuale” modificherà le sorti di tutti, avviandoci verso i momenti più deludenti degli 87 minuti del film, il finale (che evito di anticiparvi).

 

La pellicola parte subito mostrandoci un’America a cui non siamo abituati alle prese con la fede, la religione e la superstizione. Concezioni ancestrali e credenze religiose sono serviti nel corso della storia dell’uomo a dare spiegazioni ad eventi a cui la scienza o la cultura non ha trovato risposte: tanto più un popolo è tribale e/o ignorante (nel senso letterale del termine) e tanto più la superstizione prende il sopravvento sulla ragione, attraverso l’intermediazione di un imbonitore, un adepto capace di rendere logico l’illogico.

Fede e scienza vengono presentate in maniera antagonista: la scienza è tipica dell’uomo di ragione, Common in questo caso, e la fede invece è tipica dell’uomo comune. Common costruisce la sua carriera come se fosse un attore: ogni predica è una rappresentazione teatrale e gli spettatori non sono altro che una massa applaudente e ignorante, come il padre di Nell, dedita solo al culto della credenza religiosa (solo Dio può spiegare fenomeni come la moria del bestiame o un raccolto andato a male). La Chiesa, come istituzione, viene duramente criticata per varie ragioni: in primis, la rigida impostazione dedita alla forma delle sue cerimonie e non alla sostanza, ai contenuti; un altro attacco viene dalle concause che portano Common all’ultimo esorcismo: l’istituzione dell’accademia per esorcisti, gente pronta a speculare, guadagnare il proprio dio denaro utilizzando falsi miti come Dio e i demoni (Se credi in Dio, allora credi ai demoni). Solo accennati, poi, si registrano cenni a fatti che legano la Chiesa alla cronaca attuale: la presunta pedofilia del pastore della chiesa di Nell (prima di giungere al finale si fa cenno ad una festa in cui il reverendo Manley aveva invitato solo 16enni) e il fanatismo religioso che degenera nelle sette sataniche (la scena finale è un insieme di cliché sui riti satanici).

 

E gli Stati Uniti, così moderni, così ipertecnologici, mostrano una faccia inaspettata. Basta addentrarsi nelle campagne della Louisiana per ritornare indietro nel tempo, nel Medioevo con la sua caccia alle streghe, ad una comunità rurale a cui manca la capacità di discernere tra il vero e il falso, tra la realtà e il mito: l’unico punto di forza e unione è dato dal combattere il nemico comune.

 

Anche la famiglia non esce indenne dalle critiche enunciate dal film: nel momento in cui Common e i suoi due giornalisti scoprono che Nell è incinta in tutti nasce il sospetto che in famiglia si sia consumato il più grande tabù antropologico, l’incesto tra padre e figlia.

 

Tecnicamente la sorpresa piacevole del film è data dall’utilizzo che il regista fa della macchina da presa. Protagonista indiscussa dei mockumentary horror, qui non da l’effetto tipico da mal di mare che spesso è causa di mal di testa nello spettatore ma riesce a rimanere salda sulle spalle dell’operatore che la usa. La telecamera è parte integrante della storia, viene spesso nominata, richiamata o cacciata dai vari personaggi della storia (consapevoli delle riprese), spenta o accesa. L’uso consapevole che ne viene fatto differenzia la pellicola da altre produzioni e ha una sua spiegazione nei personaggi della trama: nel film a maneggiarla è un operatore giornalistico, abituato al mezzo, e non un amatore, l’obiettivo è quello di avere un girato nitido, fermo e all’altezza delle previsioni e aspettative del pubblico televisivo.

L’unico difetto di un uso così personale della telecamera semmai è da ascrivere al fatto che spesso si avverte la sensazione di essere di fronte non ad una ma a più telecamere impegnate in un continuo montaggio dal “vero”.

 

Altro elemento positivo della pellicola, oltre alla caratterizzazione psicologica ben approfondita dei personaggi, è la prova recitativa degli attori, cosa inusuale per il genere in questione. La giovane Ashley Bell, qui al suo debutto cinematografico (ha recitato solo nella serie televisiva United States  of Tara) riesce a impressionare favorevolmente con i continui cambi caratteriali del suo personaggio: è impressionante notare la grande capacità che ha nel passare dal ghigno malefico della Nell riposseduta allo sguardo pieno di pianto della Nell vittima di qualcosa più grande di lei. Restano nella mente le scene del secondo esorcismo in cui riesce a dribblare il rischio di lindablairizzarsi, evitando di ricorrere a cliché troppo spesso abusati derivati dall’Esorcista di Friedkin, capostipite e capolavoro irraggiungibile sul tema.

 

Due invece sono gli elementi che non fanno essere L’ultimo esorcismo un buon film e che lo lasciano nella sufficienza. Innanzitutto, non si capiscono le scelte di marketing della casa di produzione: locandina e trailer mostrano tutto ciò che il film non è. Chi si aspetta un film horror denso di effetti speciali e di scene che fanno sobbalzare sulla sedia rimarrà deluso.

L’altro elemento, invece, è il finale stesso del film. Chi ne ama la scelta autoriale di non averne fatto uno splatter e di aver condotto il film come se fosse un thriller rimarrà con l’amaro in bocca a causa di un finale che, citando Rosemary’s Baby o il meno riuscito I segni del male, mescola le certezze fino a quel punto accumulate lasciando mille quesiti irrisolti, nonostante già durante la pellicola diversi elementi sparsi avevano preannunciato tale direzione.

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