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Massacre

Regia di Andrea Bianchi vedi scheda film

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La recensione su Massacre

di moonlightrosso
2 stelle

Un film che sarà ricordato in eterno negli annali del trash!!

Verso la fine degli anni ottanta il nostro agonizzante cinema di genere, già completamente deflagrato, nel miserando tentativo di sopravvivere a se stesso e complice anche la chiusura di molti esercizi cinematografici, decise di percorrere alcune strade alternative che si rivelarono, col senno di poi, quasi tutte sciagurate. Non potendo competere con le sempre più opulente e tecnologiche produzioni d'oltreoceano e continuando imperterriti a lavorare sotto l'adagio, ormai divenuto fallimentare, del "poca spesa massima resa", alcuni tra i nostri operatori del settore, in massima parte sull'orlo della bancarotta, pensarono bene (o male) di rivolgere lo sguardo ai paesi in via di sviluppo, mentre altri si indirizzarono direttamente al mercato dell'"home-video". In questa seconda fascia si colloca la famigerata serie "Lucio Fulci Presenta", alla quale questo film appartiene, pensata per la televisione ma dalla stessa rifiutata, proposta in seconda battuta per il cinema, ma rimasta inedita e distribuita in ultima istanza alcuni anni dopo in vhs da labels minori.

I produttori Luigi Nannerini e Antonio Lucidi, definiti dal mai abbastanza compianto maestro di cinema e di vita Lucio Fulci, come due cervelli che sommati tra loro non raggiungevano l'intelligenza di un cretino, acquistarono i diritti dell'intera serie dal collega Augusto Caminito, dedicando ai films che la composero budgets talmente risicati da rendere pressochè impossibile la realizzazione di confezioni quantomeno dignitose.

Il veterano Andrea Bianchi, regista proveniente dal cinema popolare di basso profilo e che durante la crisi di quel decennio cavalcò senza troppo ritegno l'ondata dell'hard, imbastisce di fretta e furia un plot in grado di assurgere negli anni a venire a vero e proprio oggetto di culto (o meglio di sculto) tra gli adoratori del brutto.

Un incipit "da urlo" vede lo stesso Andrea Bianchi (incredibile dictu!!), nel credo unico cameo della sua "onorata" carriera, aggiornare e rivisitare in chiave ultratrash il vezzo che ebbe il Dario nazionale di rivestire nei suoi thrillings i panni del maniaco nerovestito. Agghindato in maniera carnascialesca stile "Boia Scarlatto" di pupilliana memoria e con ghigno alla Giorgio Bracardi, il nostro si diverte a fare a pezzi una malcapitata quanto poco credibile prostituta da strada a colpi di accetta. Dopo aver assistito a braccia di gomma e a teste di cartapesta che volano via come se niente fosse, il nostro "capolavoro all'incontrario" prosegue con una delirante messa nera, sul cui sfondo scorrono i titoli di testa. Le urla di un regista che si lamenta dello scarso realismo della sequenza ci catapultano, alla maniera di "Effetto Notte" (il povero Francois Truffaut si rivolterebbe nella tomba) sul set di un film dell'orrore. Il bizzarro cineasta, dopo essere stato apostrofato da uno dei suoi attori come un "regista di merda" (ogni riferimento al buon Bianchi è puramente casuale), tenta di spiegare alla sua troupe come un horror non possa più essere affrontato "con lo spirito degli anni 30" (quale sarebbe?) e debba fondarsi piuttosto sulle paure più ancestrali dell'uomo secondo studi che vanno dal filosofo greco Anassimene (ehhh???) fino all'inconscio collettivo di Jung (pronunciato Yang!) (cosa????). Lo sfoggio di culturalità sul quale persino un analfabeta non potrebbe fare a meno di sogghignare, sfocia nella richiesta al produttore presente sul set di invitare una vera medium per un'altrettanto vera seduta spiritica da riprendere, secondo le intenzioni del regista, con la tecnica del neorealismo (cioè????). A rispondere alla convocazione è nientepopodimenochè la grande "Madame Juric" di Budapest (sic!), buffa nanerottola impellicciata e dal ridicolo accento russofono (ma non doveva essere ungherese?!) che inizia la seduta invocando il suo spirito guida "Gabor" (sic!). Sfortunatamente, a causa di un errore... "medianico", a essere invocato sarà invece (udite! udite!) lo spirito di Jack Lo Squartatore (pronunciato dalla detta medium Jack lo Squartatoro come Abatantuono insegna) e saranno guai per tutti. Nel frattempo il fascinoso commissario Walter, fidanzato di Jennifer, protagonista del nostro film nel film, sta indagando sugli omicidi commessi nei pressi dell'albergo in cui è alloggiata la troupe dal buon Bianchi con ghigno alla Giorgio Bracardi.

Dovendo stilare un bilancio tra situazioni "gore" e momenti di imbarazzante comicità involontaria, possiamo affermare in tutta onestà come questi ultimi costituiscano la parte assolutamente preponderante della pellicola. Il copione di rara inverosimiglianza vergato dal Bianchi, al quale riconosciamo, a onor del vero, una discreta capacità narrativa, fa infatti da cornice ideale per una serie di espedienti ad alto contenuto demenziale, degni di essere ricordati, penso in eterno, negli annali del trash: tra questi non possiamo fare a meno di richiamare la trasfigurazione della medium nel corso della seduta spiritica alla maniera di un pupazzo da luna-park, nonchè il tristissimo e delirante siparietto trasformista del tal Danny Degli Esposti, nei panni di un attore dalle evidenti inclinazioni "uraniste", siparietto adatto più a una recita da ospedale psichiatrico che a un film dell'orrore. Il guitto in questione ci sciorina, senza soluzione di continuità, una serie di scalcinate imitazioni di alcune dive holliwoodiane quali Liza Minnelli, Marilyn Monroe e Marlene Dietrich, indossando squallide parrucche, allacciandosi tute posticce e proferendo inaudite scempiaggini; il tutto seguito da un incontrollato ed entusiastico applauso "alla Jimmy il Fenomeno" da parte del regista e di tutti i presenti. Memore di aver frequentato nel decennio precedente il gotha della nostrana "serie Z", il Bianchi non tradisce una certa propensione al pecoreccio, nonchè alla volgarità fine a se stessa. Basti pensare allo spogliarello eseguito alla finestra, indegno del peggior show di mezzanotte delle più sgangherate TV locali, da parte di Liza, burrosa moglie del produttore, in onore di un giovane attore. Scoperta e schiaffeggiata dal consorte che le rimembra, in barba al politically correct, le sue origini non esattamente nobiilari "...ricordati da che merdaio ti ho tirata fuori!!", viene tosto ricondotta al suo ruolo di moglie, il che significherebbe, secondo una personalissima visione dell'amor coniugale, sollazzare il marito accoppiandosi in maniera aberrante con l'aiuto regista lesbica, apostrofata con appellativi decisamente trash del calibro di "brutta frocia!" e con la quale non intercorrono di certo rapporti idilliaci.

In un panorama attoriale men che squallido, gli unici nomi di una certa notorietà, presenti anche in altri films della serie, sono quelli del francese Maurice Poli, nelle vesti del regista e dello svizzero Paul Muller, nel breve ruolo di un nevrotico capo della Polizia. Silvia Conti, nella parte di Liza, fruì in quegli anni di una fugace popolarità come "Ragazza Coccodè" dello squinternato varietà arboriano "Indietro Tutta" e come stellina d'allor coeve rivistelle soft-core del calibro di "GinFizz", con le quali si trastullò un'intera generazione di adolescenti alle prime esperienze onanistiche. L'imbambolato commissario, perennemente alla guida della "Mercedes 190 bianca" presente in tutti i films della serie, è impersonato da certo Gino Concari. Recente vincitore del concorso da fiera paesana "Il più bello d'Italia", sorta di versione povera al maschile di Miss Italia, dopo alcune non esaltanti esperienze in filmetti erotici del calibro di "Io Gilda", anch'esso di Andrea Bianchi, "Abat-Jour 2" di Lorenzo Onorati e "Donne in amore" di Mario Gariazzo, mise opportunamente da parte ogni velleità attoriale per dedicarsi al mondo dell'arte, o almeno così si dice. A rivestire i panni di Jennifer, protagonista del nostro film nel film, è invece chiamata la tal Patrizia Falcone, anch'essa impegnata nel cinema ultraminore di quel periodo e alla quale vengono messi in bocca i dialoghi più assurdi e irritanti che mente cinematografica ricordi. Sul resto del deprimente cast merita infine una menzione il pingue e laido caratterista catanese Piero Pieri (all'anagrafe Pietro Impellizzeri). Già hardista per caso per le più infime produzioni dirette dai vari Bruno Vani, Arduino Sacco e dallo stesso Andrea Bianchi, è qui un puttaniere che viene massacrato nella sua automobile in compagnia di un'equivoca accompagnatrice dal maniaco di turno, anch'egli probabilmente influenzato dallo spirito di Jack Lo Squartatore. Per il ruolo dell'assassino il buon Bianchi, dismesso il look alla Giorgio Bracardi, ingaggia, per non far torto a nessuno, il clone di Enrico Beruschi. E con questo abbiamo detto veramente tutto!!!

 

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