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Saw VI

Regia di Kevin Greutert vedi scheda film

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La recensione su Saw VI

di mc 5
2 stelle

Mammamia che schifezza! Non c'è un solo motivo per il quale valga la pena vedere questo film. Che è pura monnezza. E c'è da restare allibiti se si pensa alla potenza di fuoco con cui la "01" ha distibuito quest'autentica chiavica, presente praticamente in ogni sperduto angolo della penisola, con una copertura quasi da cinepanettone. Un numero pazzesco di sale italiane è stato militarmente occupato da un monumento al cattivo gusto. E qui si va oltre il discorso (ovviamente soggettivo) del "brutto film"...questo è anche un trionfo del Male, sì, la diffusione capillare di questa "robaccia" produce potenzialmente anche dei danni, in qualche modo. Lungi da me l'assumere approcci di tipo moralista (figuriamoci, al cinema ne ho viste di tutti i colori!), ma questa pellicola è una sintesi dell'estetica e del pensiero più "malati" che ci siano in circolazione; questo è materiale che solo delle menti "malate" possono recepire con soddisfazione. Il rischio è che qualche adolescente già fragile di suo, possa esaltarsi nell'assistere a questo film che, pur sguazzando in un moralismo giustizialista che lascia basiti per la sua rozzezza, esibisce frattaglie umane con una disinvoltura che pare esprimere disprezzo per ogni valore della vita dell'uomo. La sceneggiatura? lasciamo perdere, per favore: le solite estenuanti sfide di Saw ai soliti sfigati "peccatori" nelle solite gare a cronometro a chi macella più porzioni di corpo umano. Un tripudio di arti mozzati, un florilegio di intestini svuotati, un fuoco d'artificio di decapitazioni e sventramenti. E tutt'intorno il solito buio, la solita percezione d'aria mefitica, e -soprattutto- le solite facce ridicole che esprimono orrore con una carica emotiva apparentemente esagitata ma in realtà affine a quella che può regnare sul set di un fotoromanzo. Recitazione a livelli da compagnia amatoriale dilettantesca: basti pensare all'espressione bovina del protagonista, curiosamente quasi un sosia del conduttore tv Paolo Liguori (il che getta una luce ancor più inquietante). Passi il disgusto di vedere questo tapi-roulant di pezzi di corpi tranciati, ma ciò che disturba è la pretesa di voler ammantare tutto ciò di una supposta vaghezza filosofica, quasi a voler dotare l'opera di una dignità poetica e soprattutto di un rigore etico, e dunque far passare il tutto come il frutto di una precisa scelta estetica e concettuale. Se un'estetica c'è è solo quella del CATTIVO GUSTO. Se una concettualità c'è è solo quella dell'omaggiare quasi con passione un'ottica malata e da menti disturbate. Ci sono scrittori e cineasti di talento che hanno fatto del "disturbante" una scelta stilistica: qui no, qui siamo nel profondo del senso del "brutto" e dello squallore più desolante. E poi, a questo giro, c'è una novità. Una deriva "obamiana" che lascia annichiliti. Sì, perchè stavolta Saw si butta nel "giustizialismo sanitario", emettendo un terribile atto d'accusa verso la mancata equità del sistema sanitario americano. Tutti siamo a conoscenza della lotta strenuamente portata avanti con lodevolissimo coraggio da Obama su questo fronte, ma proprio per questo crea disagio l'idea che un tema di giustizia sociale di tale portata venga sfruttato come movente ideologico da parte di sceneggiatori ormai alla frutta per muovere le prodezze di un personaggio che altro non è che un incrocio tra un freak svitato e un macellaio. Ma c'è un punto che mi preme riprendere. Appare evidente nel film una certa pretenziosità concettuale, come a voler delineare le coordinate di un "Saw-pensiero", dotato di risvolti etico-filosofici, se non addirittura spirituali. Ebbene, io voglio idealmente opporre a questo ciarpame, a questa "discarica", il coraggio e il dolente struggimento di chi ha DAVVERO indagato gli abissi della sofferenza, del dolore, e le tematiche attinenti alla estrema linea di confine tra vita e morte. Mi sto ovviamente riferendo a quel seminale horror spirituale di produzione francese che era "Martyrs". E ciò mi porta anche a pensare che gli americani (se escludiamo le gustose allegorie western del grande Rob Zombie) in fatto di horror (ma non solo) dovrebbero imparare con più umiltà da noi europei (che, a differenza di loro, qualche ideuzza ancora ci è rimasta). In  particolare noi italiani abbiamo registi che non riescono a lavorare, stroncati da difficoltà burocratiche-economiche nonchè censure di mercato, ma che hanno una tale esperienza in ambito di cinema di genere che boiate come "Saw" se le mangerebbero a colazione (un nome su tutti, quello di un onesto artigiano come Claudio Fragasso). Giusto un paio di settimane fa avevo visto un altro horror di produzione americana, "Final Destination 3D", con esiti ben diversi. Anche là smembramenti a go go, ma il tutto era contrappuntato da un piacevole senso del grottesco che conferiva ad un esile e modesto popcorn movie una certa freschezza che lo rendeva digeribile e perfino simpatico. Là dilagava un'ironìa che iniettava dosi di energia nel corpo stanco di un genere (l'horror) in cui ormai c'è ben poco che non sia stato già detto e visto. Nel caso del nostro film, invece, un alone pesante di antipatica seriosità, cupezza assoluta, clima fosco e torvo, insomma tutto un armamentario "dark" opprimente che genera solo due effetti: disgusto e noia. Ma in tutto questo deprimente spettacolo, si fa largo una buona notizia. Pare che sia in corso di lavorazione l'ultimo definitivo episodio della serie. E siccome sappiamo bene che a decidere oggi più che mai è il "mercato", questa scelta di abbandonare vorrà pur significare il tramonto, evidentemente anche a livello di riscontro commerciale, di un fenomeno ormai tenuto in vita (proprio come lo stesso Saw nel film) artificialmente. Ed allora ben venga questa benefica eutanasia e stacchiamo pure (in questo caso con gioia) la spina. 
Voto: 2

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